Sul caso Cipro la sensazione è che qualcuno abbia forzato troppo la mano, finendo per ritrovarsi in un vicolo cieco. La teleconferenza di lunedì pomeriggio tra Bruxelles e Nicosia potrebbe portare ad uno “sconto”. Dopo la proposta europea di tassare i conti correnti nell’isola all’estremo sud del Mediterraneo al fine di prestare dieci miliardi di euro alle banche in apnea, gli euro burocrati si accorgono che il cerino potrebbe presto trasformarsi in un immenso rogo continentale e tentano una seppur parziale marcia indietro.

Prima che il parlamento cipriota sia chiamato. questo pomeriggio, al voto di una legge sì nazionale ma di paternità europea, la possibile modifica sul tavolo delle trattative è che fino a 20.000 euro non vi sia alcuna tassa; fino a 100mila euro il 6,75% (ma in molti vorrebbero azzerare anche questa), oltre i 100.000 euro il 9,90 per cento. La tassa dovrebbe essere calcolata sui saldi dei depositi presenti negli istituti finanziari alla chiusura delle attività di venerdì 15 marzo. Secondo la legge il valore delle azioni che alcuni istituti potrebbero girare ai correntisti come garanzia sarà determinato con decreto del ministro delle Finanze e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Le azioni saranno convertibili in obbligazioni, a condizione che i depositi rimarranno tali per due anni. Il dibattito in Aula è previsto per le ore 18 ma occorrono 28 voti su 56 seggi per giungere al sì, numeri che al momento la maggioranza di centrodestra del filomerkeliano Nikos Anastasiadis non ha perché ferma a 20. E con già le porte chiuse da parte dei centristi di Lillikas, dei comunisti dell’Akel e dei verdi.

Ma lunedì 18 ci sarebbe stato anche un tentativo di fuga in avanti da parte dei russi. Secondo fonti giornalistiche locali, Mosca avrebbe gettato sul tavolo una proposta per garantire il gettito in entrata (così come chiede Bruxelles, ovvero Berlino) da 5,8 miliardi, ma garantendo i depositi dei cittadini stranieri e attingendo ai fondi pensione dei ciprioti. Che in quel caso sarebbero penalizzati due volte. L’obiettivo russo è quello di calmare il furore provocato dalla proposta choc per evitare la fuga massiccia di capitali verso altri istituti di credito, magari austriaci o baltici, circostanza che già ieri si sussurrava con insistenza in ambienti diplomatici anche italiani.

Tuttavia non  sono pochi gli analisti convinti del fatto che, sconto o meno, molti saranno i depositi russi a lasciare l’isola, con un danno non irrilevante per l’economia locale che di fatto può contare principalmente sul suo status di centro di intermediazione finanziaria. Commercialisti e banchieri ciprioti in queste ore stanno riferendo che da sabato scorso sono stati tempestati di richieste di titolari di depositi intenzionati a trasferire tutto fuori dall’isola, minacciando anche azioni legali. Ma contro chi? Si stima che, qualora la tassa europea dovesse vedere la luce, almeno il 50% della forza lavoro nel settore bancario cipriota andrebbe perduta, il che significherebbe aggravare ulteriormente la crisi occupazionale. Per questo alcuni quotidiani dell’isola chiedono a gran voce che si studi un modello economico diverso per Cipro. Evita di gettare acqua sul fuoco il ministro tedesco delle Finanze Schaeuble, secondo cui “chiunque investe i propri denari in un Paese dove paga meno tasse, deve sopportare i rischi connessi, questo è un fatto”, come ha detto in un’intervista all’emittente radiofonica Deutschlandfunk. Mentre a tentare almeno una minima correzione di rotta è il ministro degli Esteri Westerwelle che osserva come “sarebbe stato più intelligente escludere i piccoli risparmiatori”. Un po’ tardi per fermare tutto.

In più la paura fa novanta soprattutto nella vicina Grecia, tanto che oggi il popolare quotidiano To Vima, noto per posizioni solitamente ovattate, si lancia in un titolo emblematico: “Stiamo vivendo la fine dell’eurozona?”. Con un attacco frontale alla Germania arrogante, rea di procedere scansionata dalle “ossessioni di Schaeuble per l’euro” e intenzionata “a punire quanti hanno rischiato in economie indebitate”. E si chiede: “Non solo Greci: spagnoli, italiani, portoghesi, estoni ora che faranno? E soprattutto, se il nodo è la concentrazione di depositi, perché prendersela con Cipro e non con Lussemburgo?”.

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