Si può pensare di utilizzare i flussi di reddito sottratti alle attività illegali per interventi di spesa a favore del bene comune? Prima di tutto bisognerebbe capire di che cifre si tratta. Calcolarlo non è semplice, ma ricerche recenti suggeriscono che sono molto inferiori a quanto si crede.
di Mario Centorrino* e Pietro David** (lavoce.info)
In campagna elettorale, si è più volte accennato ai ricavi della criminalità mafiosa come flusso di reddito illegale da “aggredire”, per poterlo utilizzare in altri interventi di spesa a favore del bene comune. (1) Ma a quanto ammonterebbero questi ricavi?
Prima di procedere, sono necessarie tre premesse. Non c’è alcuna correlazione tra le stime del cosiddetto fatturato attribuibile alla criminalità organizzata (mafia) e il suo ruolo negativo e penalizzante sul territorio, sui mercati, sull’attrazione di investimenti. Il rapporto tra mafia ed economia è perverso e distorsivo oltre la dimensione dell’economia mafiosa. Benché quest’ultima susciti spesso l’interesse mediatico, non è però il solo parametro significativo per valutare la pericolosità della mafia sia sotto un profilo istituzionale che produttivo.
Le metodologie di calcolo, poi, sono per forza di cose approssimative, perché accanto a dati diffusi da fonti istituzionali (denunzie, sequestri, confische) c’è il cosiddetto numero oscuro, costituito dai reati non denunziati o non accertati. Per recuperarlo si utilizzano, in genere, proxy ritenute valide dalle fonti investigative istituzionali. Nel caso di sequestri di droga si stima un rapporto di 1 a 10, ad esempio, per calcolare il consumo complessivo di droga in un certo periodo di tempo.
In altri casi, si utilizza il rapporto tra la domanda di contante e l’attività produttiva, individuando nella eventuale sproporzione a favore della prima l’esistenza di un’economia invisibile della quale il fatturato della mafia è parte.
Infine, i flussi di reddito illegale che ci si propone di aggredire possono essere intercettati con due modalità assai diverse. La prima modalità è attraverso sequestri e confische degli asset mobiliari o immobiliari costituiti attraverso forme di riciclaggio o di auto riciclaggio. Sono asset che non possono essere messi in valore sul mercato, ma solo destinati a fini sociali. Il patrimonio sottratto fino a oggi alla criminalità organizzata e a disposizione dello Stato ammonta a 20 miliardi (ma altre stime qualificate lo considerano maggiore). Non può essere alienato ai privati, malgrado siano state avanzate diverse proposte legislative in tal senso, che comunque escludevano la dismissione di beni-simbolo della lotta dello Stato contro la criminalità organizzata. L’80 per cento degli asset confiscati (17 mila costruzioni e 1.700 imprese) è localizzato nelle quattro Regioni dell’obiettivo convergenza: Sicilia, Calabria, Campania, Puglia. Secondo i dati dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati, il 90 per cento delle aziende confiscate fallisce a causa dell’inadeguatezza dell’attuale legislazione, incapace di garantire gli strumenti necessari per l’emersione alla legalità e di valorizzarne a pieno l’enorme potenzialità economica.
La seconda modalità prevede invece interventi preventivi e repressivi che impediscano la formazione di flussi di reddito illegale.
Un buco nero nei conti?
Da queste premesse deriva la necessità di un’estrema cautela al momento della formulazione di cifre riferite all’economia della criminalità organizzata (diversa da quella della criminalità comune). Per esempio, il rapporto annuale Sos Impresa, ormai alla XIII edizione (2012), continuamente richiamato negli esercizi di calcolo del fatturato mafioso, sostiene che i ricavi complessivi della “Mafia spa” ammonterebbero a 138 miliardi di euro, con un utile pari a 105 miliardi. Il rapporto non precisa in modo chiaro le fonti utilizzate e la metodologia impiegata.
Studi che adottano modelli econometrici rigorosi, compresi alcuni paper della Banca d’Italia, hanno affrontato il problema con la metodologia del rapporto tra la domanda di contante e il Pil.
Tra questi, un lavoro di Guerino Ardizzi, Carmelo Petraglia, Massimiliano Piacenza e Gilberto Turati attribuisce all’economia criminale un valore pari al 10,9 per cento del Pil. (2) La stima, sulla base della domanda di contante, è stata ottenuta con il calcolo delle denunzie per droga e prostituzione standardizzata per la concentrazione provinciale del Pil (rapporto tra il Pil provinciale e la media del Pil nelle altre province).
Una seconda versione dello studio, adottando un diverso modello che distingue ulteriormente tra attività illegali (attività appropriative e mercati illegali) presenta valori inferiori, stimando il riciclaggio generato dall’economia criminale tra il 7 e l’8 per cento del Pil.
Questi lavori hanno costituito la documentazione di base per l’audizione presso la Commissione parlamentare antimafia del vice direttore della Banca d’Italia e la testimonianza ha indotto la Commissione nella sua relazione del 2012 a reiterare la cifra fatidica di 150 miliardi di euro come fatturato delle mafie. (3)
Resta in questa sequela di valutazioni un punto non ben chiarito: se cioè l’economia criminale derivante da attività illegali (Banca d’Italia) possa sovrapporsi senza alcun “caveat” all’economia criminale organizzata.
I risultati di una recentissima ricerca, attraverso una stima condotta utilizzando dati “aperti” o tratti da documenti investigativi ufficiali di carattere nazionale e internazionale, sui ricavi a disposizione delle organizzazioni criminali mafiose, portano a un drastico ridimensionamento delle cifre prima ricordate. (4)
Infatti, i ricavi ammonterebbero in media all’1,7 per cento del Pil. In particolare, nella ricerca vengono individuati ricavi che variano da un minimo di 18 miliardi a un massimo di 34 miliardi. In sostanza, considerato che il Pil nel 2012 è stato stimato dall’Istat in 1.395.236 milioni di euro (calcolato a prezzi concatenati), la media di ricavi per il 2012 ammonterebbe a 23,7 miliardi di euro.
Ma c’è un ulteriore approfondimento nella ricerca citata, alla quale ovviamente rimandiamo. Viene infatti calcolata la quota delle attività illegali che finisce in mano alle organizzazioni mafiose (tra il 32 e il 57 per cento). Si ipotizza in questo studio che solo una parte delle attività illegali analizzate sia considerata controllata da organizzazioni criminali vere e proprie (ad eccezione delle estorsioni, in quanto tipiche delle organizzazioni mafiose). Sicché, i ricavi attuali delle mafie variano da un minimo di 8,3 a un massimo di 13 miliardi di euro, pari rispettivamente al 32 o 51 per cento dei ricavi illegali totali.
Nei conti dell’economia criminale organizzata sembra dunque emergere una sorta di “buco nero”, così come del resto avviene per altre voci dell’economia invisibile (evasione, sommerso, informale). Sicché al momento utilizzare il riferimento al fatturato mafioso come voce per finanziare interventi di politica economica appare azzardato. Intanto per un’opacità di stima, poi perché il “patrimonio” mafioso sequestrato e confiscato non può essere immesso sul mercato, e ancora perché si rischierebbe di cadere in un paradosso: temere cioè che un maggiore contesto di legalità impedisca il formarsi di una voce di entrata cui era già stata assegnata una finalità in un bilancio pubblico per quanto virtuale.
(1) In genere, nelle analisi l’economia illegale è costituita dalle attività di sfruttamento sessuale, di commercio illecito di armi da fuoco, di traffico di droga, di contraffazione, di gioco d’azzardo, di smaltimento illecito di rifiuti, di contrabbando, di usura e di estorsione. Ovviamente parliamo di economia illegale sia con riferimento alle criminalità sia con riferimento alla criminalità organizzata (cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra).
(2) Ardizzi, G., Petraglia, C., Piacenza, M. e Turati G. (2012), “Measuring the underground economy with the currency demand approach: a reinterpretation of the methodology, with an application to Italy”, Banca d’Italia, Temi di Discussione No.864.
(3) Segnaliamo altri “mantra” acriticamente ripetuti: il costo della corruzione in Italia, si dice, è pari 60 miliardi di euro. E questo solo perché la Banca Mondiale sostiene che la corruzione vale il 3 per cento del Pil. Se questo dovesse diminuire, diminuirebbe quindi anche la corruzione. Ma siamo davvero convinti della validità di queste correlazioni?. Giusto per dare un’idea del rapporto tra attività di contrasto e fatturato della criminalità organizzata, la Guardia di finanza segnala per il 2012 una sottrazione alla criminalità organizzata di 3,8 miliardi di euro a fronte di ricavi che variano nelle stime da 105 miliardi a 8-13 miliardi di euro per anno. Il che suggerisce un’alternativa: o queste azioni di contrasto non solo “aggrediscono”, ma anche demoliscono (ipotesi minima) ovvero sfiorano appena l’obiettivo (ipotesi massima).
(4) Non sono stati inseriti flussi di reddito criminali per attività come il gioco d’azzardo per il quale non risultano stime ufficiali. Progetto PON Sicurezza 2007-2013 Gli investimenti delle mafie, ministro dell’Interno, Università Cattolica Sacro Cuore, Transcrime. Il rapporto di ricerca è consultabile sul sito.
*E’ Ordinario di Politica Economica nell’Università di Messina. E’ stato Commissario Straordinario dell’IRCAC (Istituto Regionale per il Credito alla Cooperazione. E’ stato vice-presidente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Regionale sull’Economia Siciliana del Banco di Sicilia. Consulente esterno dal del Ministero dell’Interno sui rapporti tra economia e criminalità organizzata (1996-1997). Consulente presso la Presidenza nazionale della Confcommercio (1996-1997) su tematiche attinenti la criminalità economica. E’ stato consulente esterno della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno della mafia (1997-1999). Consulente economico del Presidente della Regione Siciliana (1998-1999). Componente dell’ Osservatorio socio-economico della criminalità organizzata presso il C.N.E. L. (1999-2001). E’ stato Direttore del Centro per lo Studio e la Documentazione della Criminalità Mafiosa dell’Ateneo di Messina (1997-98) e componente del Comitato Scientifico del Centro Internazionale di Documentazione sulle Mafie e sul Movimento antimafia di Corleone.( 2000-2002).
**Pietro David è PhD in Economia ed Istituzioni presso l’Università degli Studi di Messina e docente a contratto in Politica Economia nella facoltà di Scienze Politiche. Svolge inoltre attività di consulenza con enti locali e società di servizi in qualità di esperto dei processi di sviluppo locale e programmazione territoriale. Tra i suoi lavori, Le infrastrutture aeroportuali, La domanda di trasporto aereo e le politiche regionali Aracne Editrice 2012, ed, insieme a Mario Centorrino, Le città della Fata Morgana. 5° Rapporto sull’economia della provincia di Messina (2009), Franco Angeli.
Lavoce.info
Watchdog della politica economica italiana
Economia & Lobby - 20 Marzo 2013
Il fatturato di Mafia Spa
Si può pensare di utilizzare i flussi di reddito sottratti alle attività illegali per interventi di spesa a favore del bene comune? Prima di tutto bisognerebbe capire di che cifre si tratta. Calcolarlo non è semplice, ma ricerche recenti suggeriscono che sono molto inferiori a quanto si crede.
di Mario Centorrino* e Pietro David** (lavoce.info)
In campagna elettorale, si è più volte accennato ai ricavi della criminalità mafiosa come flusso di reddito illegale da “aggredire”, per poterlo utilizzare in altri interventi di spesa a favore del bene comune. (1) Ma a quanto ammonterebbero questi ricavi?
Prima di procedere, sono necessarie tre premesse. Non c’è alcuna correlazione tra le stime del cosiddetto fatturato attribuibile alla criminalità organizzata (mafia) e il suo ruolo negativo e penalizzante sul territorio, sui mercati, sull’attrazione di investimenti. Il rapporto tra mafia ed economia è perverso e distorsivo oltre la dimensione dell’economia mafiosa. Benché quest’ultima susciti spesso l’interesse mediatico, non è però il solo parametro significativo per valutare la pericolosità della mafia sia sotto un profilo istituzionale che produttivo.
Le metodologie di calcolo, poi, sono per forza di cose approssimative, perché accanto a dati diffusi da fonti istituzionali (denunzie, sequestri, confische) c’è il cosiddetto numero oscuro, costituito dai reati non denunziati o non accertati. Per recuperarlo si utilizzano, in genere, proxy ritenute valide dalle fonti investigative istituzionali. Nel caso di sequestri di droga si stima un rapporto di 1 a 10, ad esempio, per calcolare il consumo complessivo di droga in un certo periodo di tempo.
In altri casi, si utilizza il rapporto tra la domanda di contante e l’attività produttiva, individuando nella eventuale sproporzione a favore della prima l’esistenza di un’economia invisibile della quale il fatturato della mafia è parte.
Infine, i flussi di reddito illegale che ci si propone di aggredire possono essere intercettati con due modalità assai diverse. La prima modalità è attraverso sequestri e confische degli asset mobiliari o immobiliari costituiti attraverso forme di riciclaggio o di auto riciclaggio. Sono asset che non possono essere messi in valore sul mercato, ma solo destinati a fini sociali. Il patrimonio sottratto fino a oggi alla criminalità organizzata e a disposizione dello Stato ammonta a 20 miliardi (ma altre stime qualificate lo considerano maggiore). Non può essere alienato ai privati, malgrado siano state avanzate diverse proposte legislative in tal senso, che comunque escludevano la dismissione di beni-simbolo della lotta dello Stato contro la criminalità organizzata. L’80 per cento degli asset confiscati (17 mila costruzioni e 1.700 imprese) è localizzato nelle quattro Regioni dell’obiettivo convergenza: Sicilia, Calabria, Campania, Puglia. Secondo i dati dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati, il 90 per cento delle aziende confiscate fallisce a causa dell’inadeguatezza dell’attuale legislazione, incapace di garantire gli strumenti necessari per l’emersione alla legalità e di valorizzarne a pieno l’enorme potenzialità economica.
La seconda modalità prevede invece interventi preventivi e repressivi che impediscano la formazione di flussi di reddito illegale.
Un buco nero nei conti?
Da queste premesse deriva la necessità di un’estrema cautela al momento della formulazione di cifre riferite all’economia della criminalità organizzata (diversa da quella della criminalità comune). Per esempio, il rapporto annuale Sos Impresa, ormai alla XIII edizione (2012), continuamente richiamato negli esercizi di calcolo del fatturato mafioso, sostiene che i ricavi complessivi della “Mafia spa” ammonterebbero a 138 miliardi di euro, con un utile pari a 105 miliardi. Il rapporto non precisa in modo chiaro le fonti utilizzate e la metodologia impiegata.
Studi che adottano modelli econometrici rigorosi, compresi alcuni paper della Banca d’Italia, hanno affrontato il problema con la metodologia del rapporto tra la domanda di contante e il Pil.
Tra questi, un lavoro di Guerino Ardizzi, Carmelo Petraglia, Massimiliano Piacenza e Gilberto Turati attribuisce all’economia criminale un valore pari al 10,9 per cento del Pil. (2) La stima, sulla base della domanda di contante, è stata ottenuta con il calcolo delle denunzie per droga e prostituzione standardizzata per la concentrazione provinciale del Pil (rapporto tra il Pil provinciale e la media del Pil nelle altre province).
Una seconda versione dello studio, adottando un diverso modello che distingue ulteriormente tra attività illegali (attività appropriative e mercati illegali) presenta valori inferiori, stimando il riciclaggio generato dall’economia criminale tra il 7 e l’8 per cento del Pil.
Questi lavori hanno costituito la documentazione di base per l’audizione presso la Commissione parlamentare antimafia del vice direttore della Banca d’Italia e la testimonianza ha indotto la Commissione nella sua relazione del 2012 a reiterare la cifra fatidica di 150 miliardi di euro come fatturato delle mafie. (3)
Resta in questa sequela di valutazioni un punto non ben chiarito: se cioè l’economia criminale derivante da attività illegali (Banca d’Italia) possa sovrapporsi senza alcun “caveat” all’economia criminale organizzata.
I risultati di una recentissima ricerca, attraverso una stima condotta utilizzando dati “aperti” o tratti da documenti investigativi ufficiali di carattere nazionale e internazionale, sui ricavi a disposizione delle organizzazioni criminali mafiose, portano a un drastico ridimensionamento delle cifre prima ricordate. (4)
Infatti, i ricavi ammonterebbero in media all’1,7 per cento del Pil. In particolare, nella ricerca vengono individuati ricavi che variano da un minimo di 18 miliardi a un massimo di 34 miliardi. In sostanza, considerato che il Pil nel 2012 è stato stimato dall’Istat in 1.395.236 milioni di euro (calcolato a prezzi concatenati), la media di ricavi per il 2012 ammonterebbe a 23,7 miliardi di euro.
Ma c’è un ulteriore approfondimento nella ricerca citata, alla quale ovviamente rimandiamo. Viene infatti calcolata la quota delle attività illegali che finisce in mano alle organizzazioni mafiose (tra il 32 e il 57 per cento). Si ipotizza in questo studio che solo una parte delle attività illegali analizzate sia considerata controllata da organizzazioni criminali vere e proprie (ad eccezione delle estorsioni, in quanto tipiche delle organizzazioni mafiose). Sicché, i ricavi attuali delle mafie variano da un minimo di 8,3 a un massimo di 13 miliardi di euro, pari rispettivamente al 32 o 51 per cento dei ricavi illegali totali.
Nei conti dell’economia criminale organizzata sembra dunque emergere una sorta di “buco nero”, così come del resto avviene per altre voci dell’economia invisibile (evasione, sommerso, informale). Sicché al momento utilizzare il riferimento al fatturato mafioso come voce per finanziare interventi di politica economica appare azzardato. Intanto per un’opacità di stima, poi perché il “patrimonio” mafioso sequestrato e confiscato non può essere immesso sul mercato, e ancora perché si rischierebbe di cadere in un paradosso: temere cioè che un maggiore contesto di legalità impedisca il formarsi di una voce di entrata cui era già stata assegnata una finalità in un bilancio pubblico per quanto virtuale.
(1) In genere, nelle analisi l’economia illegale è costituita dalle attività di sfruttamento sessuale, di commercio illecito di armi da fuoco, di traffico di droga, di contraffazione, di gioco d’azzardo, di smaltimento illecito di rifiuti, di contrabbando, di usura e di estorsione. Ovviamente parliamo di economia illegale sia con riferimento alle criminalità sia con riferimento alla criminalità organizzata (cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra).
(2) Ardizzi, G., Petraglia, C., Piacenza, M. e Turati G. (2012), “Measuring the underground economy with the currency demand approach: a reinterpretation of the methodology, with an application to Italy”, Banca d’Italia, Temi di Discussione No.864.
(3) Segnaliamo altri “mantra” acriticamente ripetuti: il costo della corruzione in Italia, si dice, è pari 60 miliardi di euro. E questo solo perché la Banca Mondiale sostiene che la corruzione vale il 3 per cento del Pil. Se questo dovesse diminuire, diminuirebbe quindi anche la corruzione. Ma siamo davvero convinti della validità di queste correlazioni?. Giusto per dare un’idea del rapporto tra attività di contrasto e fatturato della criminalità organizzata, la Guardia di finanza segnala per il 2012 una sottrazione alla criminalità organizzata di 3,8 miliardi di euro a fronte di ricavi che variano nelle stime da 105 miliardi a 8-13 miliardi di euro per anno. Il che suggerisce un’alternativa: o queste azioni di contrasto non solo “aggrediscono”, ma anche demoliscono (ipotesi minima) ovvero sfiorano appena l’obiettivo (ipotesi massima).
(4) Non sono stati inseriti flussi di reddito criminali per attività come il gioco d’azzardo per il quale non risultano stime ufficiali. Progetto PON Sicurezza 2007-2013 Gli investimenti delle mafie, ministro dell’Interno, Università Cattolica Sacro Cuore, Transcrime. Il rapporto di ricerca è consultabile sul sito.
*E’ Ordinario di Politica Economica nell’Università di Messina. E’ stato Commissario Straordinario dell’IRCAC (Istituto Regionale per il Credito alla Cooperazione. E’ stato vice-presidente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Regionale sull’Economia Siciliana del Banco di Sicilia. Consulente esterno dal del Ministero dell’Interno sui rapporti tra economia e criminalità organizzata (1996-1997). Consulente presso la Presidenza nazionale della Confcommercio (1996-1997) su tematiche attinenti la criminalità economica. E’ stato consulente esterno della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno della mafia (1997-1999). Consulente economico del Presidente della Regione Siciliana (1998-1999). Componente dell’ Osservatorio socio-economico della criminalità organizzata presso il C.N.E. L. (1999-2001). E’ stato Direttore del Centro per lo Studio e la Documentazione della Criminalità Mafiosa dell’Ateneo di Messina (1997-98) e componente del Comitato Scientifico del Centro Internazionale di Documentazione sulle Mafie e sul Movimento antimafia di Corleone.( 2000-2002).
**Pietro David è PhD in Economia ed Istituzioni presso l’Università degli Studi di Messina e docente a contratto in Politica Economia nella facoltà di Scienze Politiche. Svolge inoltre attività di consulenza con enti locali e società di servizi in qualità di esperto dei processi di sviluppo locale e programmazione territoriale. Tra i suoi lavori, Le infrastrutture aeroportuali, La domanda di trasporto aereo e le politiche regionali Aracne Editrice 2012, ed, insieme a Mario Centorrino, Le città della Fata Morgana. 5° Rapporto sull’economia della provincia di Messina (2009), Franco Angeli.
Articolo Precedente
De Benedetti passa la mano ai figli. Gli rimane la ‘pensione’ d’oro da 2,5 milioni
Articolo Successivo
“Più che tagliare, Enel dovrebbe adeguarsi ai consumatori di energia”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Ucraina, Trump vede Starmer: ‘Peacekeeper? Prima l’accordo’. Il britannico ringrazia per il ‘cambio di rotta. Possibile intesa storica’
Giustizia & Impunità
Sciopero magistrati, l’adesione all’80%. “Lo facciamo per i cittadini”. Milano, il giudice Roia: “Paura quando si vogliono sentenze in nome di aspettative politiche”
Cronaca
“Papa migliora, ma la prognosi non può essere sciolta”: bollettino. Dal Vaticano: “Usciti da fase più critica”
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "I continui rinvii del governo Meloni sembravano indirizzati a portare a compimento qualcosa di più della semplice propaganda, ma invece si va verso il nulla. Tre miliardi rispetto alla marea di aumenti sulle bollette sono davvero poca cosa, quasi una presa in giro. Milioni di cittadini stanno subendo rincari di quasi il 40%, migliaia di aziende rischiano la chiusura e altrettanti lavoratori il proprio posto. Ma d'altronde sbagliamo noi a stupirci. Per il governo Meloni il modello d'imprenditoria è quello della ministra Santanchè. Sbaglia chi si spacca la schiena come i cittadini che cercano di far quadrare i conti a fine mese o le imprese che fanno di tutto per stare sul mercato. Per Giorgia Meloni la cosa migliore è cercare qualche santo in paradiso o, meglio ancora, qualche amicizia che conti". Così in una nota Riccardo Ricciardi, capogruppo M5S alla Camera.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Ci sono modalità diverse con le quali ci si rapporta a Trump. Credo che la presidente Meloni senta la responsabilità di essere un ponte fra l'Europa e l'America dati i suoi buoni rapporti con Trump". Lo ha detto l'eurodeputata di Fi, Letizia Moratti, a Otto e mezzo su La7.
"Sul tema dei dazi, credo che Trump sia uno shock per l'Europa, uno stimolo positivo perché l'Ue può mettere in atto le riforme richieste nel rapporto Draghi e Letta che chiedono un'Europa più competitiva, più favorevole agli investimenti, con una transizione energetica sostenibile e quindi in grado di sostenere il welfare."
"Siamo alleati storici degli Usa - continua Moratti - e in questo momento dobbiamo avere la consapevolezza di dover comunque avere a che fare con un presidente eletto ed anche amato dai cittadini americani. L'Europa non può permettersi di non avere un dialogo con Trump. Sono moderata e liberale e il suo stile non mi appartiene ma nell'ambito del mio ruolo di parlamentare europea credo sia dovere rispondergli con fermezza e immediatezza ma cercando sempre il dialogo che porta vantaggi reciproci, come ha detto oggi la presidente Metsola."
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Nel momento in cui Donald Trump "fa saltare l'ordine internazionale basato sul multilateralismo" e "mette a rischio l'unità europea", è importante non far mancare "il nostro sostegno all'Ucraina" parallelamente ai negoziati che "non potranno coinvolgere Europa e Ucraina". Così Alessandro Alfieri, coordinatore di Energia Popolare, alla Direzione del Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - “Il giorno in cui Eni annuncia un utile di 14,3 miliardi di euro, la maggioranza presenta un decreto truffa che non affronta la vera questione di come ridurre il peso delle bollette. Il Governo Meloni per aiutare veramente le famiglie italiane avrebbe dovuto tassare gli extraprofitti, rivedere la decisione di trasferire 4,5 milioni di famiglie dal mercato tutelato a quello libero, e puntare sulle rinnovabili invece che sul gas". Così Angelo Bonelli, Co-Portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra.
"La realtà dei fatti resta una sola: il governo di Giorgia Meloni ha favorito i grandi colossi energetici, che hanno accumulato extraprofitti per oltre 60 miliardi di euro, mentre le famiglie italiane hanno visto raddoppiare le bollette e molte sono costrette a non riscaldarsi per paura di non poterle pagare".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - “Benissimo il governo sulle bollette: previsti tre miliardi che andranno a sostegno di imprese e almeno 8 milioni di famiglie. Dalle parole ai fatti”. Così Armando Siri, Consigliere per le politiche economiche del Vicepremier Matteo Salvini e coordinatore dipartimenti Lega.
Roma, 27 feb (Adnkronos) - "Alcune veloci considerazioni a partire dalle cose che credo vadano meglio precisate. La prima: non siamo stati e non siamo di fronte a postura bellicista dell’Europa. Non è mai stata l’Ue a voler fare o a voler continuare la guerra e non è nemmeno vero che la mancanza di iniziative di pace siano dipese da una mancanza di volontà politica della ue. È stato Putin a rifiutare sempre ogni dialogo, quel dialogo che oggi riconosce a Trump perché lo legittima come suo alleato", Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, alla Direzione del Pd.
"Occorre spingere con forza per un’autonomia strategica e politica dell’Europa, iniziando subito il percorso di cooperazione sulla difesa perché non saranno le buone intenzioni a rendere forte l’Unione Europea ma la capacità di imporsi e esercitare deterrenza, non escludendo nessuna opzione che sarà necessario adottare e che sarà stabilita in quadro di solidarietà europea".
"Per noi, democratici e europei, è il tempo di decidere - aggiunge Picierno- se essere solo un pezzetto di un Risiko in cui altri tirano i dadi o se essere un continente libero e forte. E va chiarito tanto ai nemici della democrazia quanto ai nostri alleati, senza perdere altro tempo e senza cincischiare noi: l’unica lotta che definisce il nostro tempo e il campo della politica, oggi, è quella dell’europeismo e in difesa delle democrazie liberali e delle libertà dei popoli".
"Siamo noi tutti in questo campo? Pensiamo ad un'alternativa alla destra che parta da questo campo? A me onestamente non è ancora chiaro. Sarei felice di essere smentita, ovviamente. Ma servono parole chiare che vanno pronunciate senza più giocare a nascondino. Crediamo tutti in un’Europa competitiva, con attori strategici del mercato più grandi e forti, un’Europa pronta ad affrontare le crisi internazionali sul piano politico e militare? Perchè questa è l’Europa che serve al mondo e agli europei. Non domani, oggi".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Giorgia Meloni, "nell’incontro di Parigi c’era in ritardo e di malavoglia. Intanto partecipa con trasporto e passione agli incontri della destra mondiale che considera l’Europa un incidente della storia. A Kyiv alle celebrazioni per il terzo anno della resistenza, non c’era proprio. A dir il vero ero sola proprio come italiana, ma con tanti colleghi progressisti e socialisti, c’era il mondo libero, i leader e parlamentari progressisti consapevoli della sfida che abbiamo di fronte e che il tempo di agire è ora". Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, alla Direzione del Pd.