Antonio Cederna scrisse articoli di fuoco, poi riuniti nel famoso libro ‘I vandali in casa’, contro la speculazione immobiliare dell’Italia della ricostruzione. Era il 1956, quasi sessanta anni fa. Oggi in un paese ricco, continuano senza soste gli attacchi alla bellezza e della cultura delle città. Anzi, a guardare bene oggi abbiamo difese legislative ben più deboli a causa degli effetti dell’attività legislativa dell’ultimo ventennio che ha cancellato ogni regola di civile pianificazione delle città.
Gli ultimi scandali romani sono due e si trovano a pochi passi uno dall’altro, nel cuore stupendo del centro storico di Roma. A via Giulia, la meravigliosa strada del cinquecento studiata in tutto il mondo, nel 2008 era stato il via alla realizzazione di un parcheggio sotterraneo che insisteva anche su aree comunali. La decisione fu presa dall’allora sindaco Veltroni sulla base di poteri speciali attribuitigli per risolvere l’emergenza traffico. Prima eccezione italiana: nell’Europa civile per risolvere i problemi del traffico si utilizzano le procedure ordinarie. Qui da noi un normale atto di governo diventa il pretesto per la richiesta di poteri straordinari. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: mentre in quei fortunati paesi la mobilità funzione, da noi siamo immersi in un ingorgo continuo, frutto dell’improvvisazione e della casualità degli interventi.
La società che doveva costruire i 400 parcheggi, la CAM, intercetta importanti reperti archeologici di età romana, costituiti dalle scuderie di Augusto. Addio parcheggi.
Ed ecco la seconda differenza: negli altri paesi ogni amministrazione pubblica avrebbe promosso sforzi per integrare quei reperti con il tessuto urbano circostante. Avrebbero cioè sfruttato l’occasione per rendere più bella la città. Da noi si ascolta solo il solito refrain che “non ci sono i soldi”.
Stiamo mandando in rovina Pompei, la Domus Aurea neroniana è ancora chiusa e lo stesso Colosseo è circondato da un recinto per la sicurezza dei turisti. Non ci sono i soldi: li hanno spesi i tanti Fiorito e Maruccio che si sono impadroniti della cassaforte e continuano a cantare in buona compagnia che non ci sono risorse. E nella notte della ragione prendono corpo i mostri.
La CAM propone di costruire alcuni edifici, un albergo a cinque stelle, abitazioni e un “urban center” tra il Lungotevere e via Giulia. In questo modo, si afferma, verranno tutelati e resi fruibili gli importanti reperti archeologici.
Con buona pace di tutti, nell’assenza dei pubblici poteri è un privato che decide come e che cosa ricostruire. Le Soprintendenze danno parere positivo già dal settembre 2012: la popolazione romana viene a conoscenza del progetto nel febbraio del2013. In un paese dove vengono saccheggiati i verbali istruttori di cause ancora coperte dal segreto istruttorio, siamo di fronte ad una riservatezza degna della miglior causa: nessun potere pubblico ha pensato che una questione così delicata dovesse essere sottoposta a un serio dibattito culturale con gli esperti e con la popolazione.
Il Comitato dei cittadini ha già organizzato proteste e rivolto un appello alla città firmato di grandi intellettuali come Vezio De Lucia e Piero Bevilacqua, ad esempio. E la mobilitazione ha avuto un primo risultato con la volontà manifestata dal ministro Ornaghi a vederci chiaro. Ma ha anche prodotto la solita rissa tipo talk show, dove uno urla e poi c’è l’altro di parere opposto che urla un po’ di più.
Così alcuni giornali nel riferire dell’appello per la tutela di quel luogo hanno messo sull’altro piatto della bilancia che ci sono anche importanti intellettuali favorevoli all’intervento: un pareggio salomonico che nasconde in vero motivo di confronto che è quello della violazione delle regole e non quello del giudizio sul progetto.
Tra i favorevoli c’è anche Massimiliano Fuksas, famoso architetto. E proprio lui ci porta poco distante da via Giulia a via del Corso, dove si può in questi giorni avere visione di un altro scempio: la sopraelevazione di circa8 metri con una avveniristica vetrata di un palazzo vicino alla chiesa di San Carlo Borromeo.
E così torniamo all’assenza di regole: quando la stampa ha manifestato il suo stupore per il fatto che potesse essere sopraelevato un edificio storico, la proprietà si è giustificata con il fatto che sul terrazzo erano presenti orribili impianti di refrigerazione (vero) e che così è tutto più bello.
Più bello non so, ma come si può giustificare la copertura di impianti tecnologici alti al massimo due metri con nuovi volumi alti 8 metri? I proprietari potrebbero tentare di realizzare lo stesso progetto a place Vendome a Parigi: capirebbero la differenza delle pubbliche amministrazioni.
Da noi le città storiche sono ormai il bancomat a disposizione dei privati, da via Giulia a via del Corso e le regole di tutela dei beni culturali vengono piegate a questi interessi.
E’ ora di dire basta. Cinque anni fa in piena campagna elettorale una parte della cultura si mobilitò per scongiurare la realizzazione del parcheggio che si voleva (sempre con gli stessi poteri speciali!) costruire sotto il Pincio. Appena eletta nel 2008, la nuova amministrazione cancellò lodevolmente lo scempio. La storia si ripete, e la prossima campagna elettorale dovrà parlare anche della tutela di via Giulia e della demolizione della vetrata di via del Corso.