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Europa, il primo ministro e la Grande Babele

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Quest’articolo parla dell’Italia. In pratica dice: se scopri il segreto della crisi, puoi sconfiggerla presto e bene. E (nell’Eurozona) c’è un modo, un solo modo; in linea con la svolta richiesta dagli elettori; ma è difficile da implementare sul piano istituzionale.

Ad integrazione, vorrei dire con chiarezza che il paese ha bisogno di una guida vera, uno scout – non un bluff, come è già capitato -: un premier che conosca o sia in grado di comprendere qual è la via d’uscita dalle sabbie mobili. Non basta qualcuno che gl’indichi la strada: egli deve avere in testa tutta la ‘mappa’ della palude, dimodoché – ogni volta che una via è sbarrata – sappia riconoscere subito le alternative che conducono alla salvezza. Non basta che s’affidi ai consiglieri: se non ha una sua profonda e ferma visione, finirà per seguire strategie contraddittorie, o banali, e si perderà. Nel 2011 sarebbe ancora bastato un premier ‘normale’, uno che non facesse danni. Ora non più: l’acqua sale velocemente; un dosso più alto è meglio di una buca, ma non ci salverà.

Potrebbe non bastare neppure solo un bravo ministro dell’Economia. L’economia è il problema n.1, e coinvolge tutto, dalla politica estera a quella sociale: egli diventerebbe de facto il vero premier. Se le sue politiche economiche fossero innovative rispetto al pensiero unico montiano, e devono esserlo (purtroppo ancora non arrivano segnali in questo senso), alla prima difficoltà il premier si preoccuperebbe: dove ci porti? La linea ondeggerà, si farà un pasticcio… Una delle colpe più gravi, in politica, è giungere troppo presto alla verità! E allora il ministro seguirà una strategia… inattaccabile e insufficiente!

Dall’Europa giungono sinistri scricchiolii. Cipro è solo un sintomo del perdurante affanno, degli squilibri irrisolti, della crescente incomprensione fra i popoli nella grande Babele che è oggi l’Europa. Paesi con la disoccupazione al 5% dettano l’Agenda a paesi con la disoccupazione al 12%, o al 26%, senza capirne la situazione. Divari abissali di competitività non sono colmabili con il ‘meccanismo principe’ del tasso di cambio; ma i possibili sostituti, salvo uno, non sono stati previsti, e sono anzi ferocemente avversati. Si sottovalutano le implicazioni politiche della disoccupazione, che nutrì il fascismo nella culla. (Perciò l’idea di ‘cambiare la Costituzione’ italiana adesso, in cambio di un governo, mi sembra pessima). Aspettiamoci di tutto.

Finché non ne usciremo, all’Euro saremo legati: perciò – per l’Europa, e per l’Italia – l’Euro dobbiamo cambiare. Il premier Italiano dovrebbe avere un ‘Piano’ per l’Eurozona , una proposta economico finanziaria ‘di svolta’ che sia riconoscibile come via di salvezza per tutta l’Europa. Ci serve una/o così, non un bravo guaglione. Ma che sappia ascoltare, e con tanta gente intorno che lo aiuti; perché il sapiente sa di non sapere: altro che pensiero unico.

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