Lo scandalo rimborsi, che ha travolto anche la Regione Friuli Venezia Giulia, non sembra aver avuto nessuna ricaduta su alcune candidature alle imminenti elezioni per il rinnovo dell’Assemblea regionale. Dei venti consiglieri indagati per peculato dalla Procura della Repubblica di Trieste, nell’ambito dell’inchiesta sulle spese di rappresentanza, sono infatti ben cinque quelli che il 21 aprile tenteranno di riottenere uno scranno nel palazzo di piazza Oberdan. Si tratta dei pidiellini Paolo Santin, Franco Dal Mas, Alessandro Colautti e Roberto Marin. Ai quali il partito, che ha depennato dalle proprie liste i casi più eclatanti, non ha voluto rinunciare. Perché insomma, seppur sempre a spese dei contribuenti, “un conto è l’acquisto di felpe sportive (effettuato da Santin, ndr) per una squadra di calcio – sostiene il governatore uscente e candidato presidente del centrodestra, Renzo Tondo – altra cosa è comprare del salmone la vigilia di Natale o un treno di gomme”. Dunque non ritenendo così gravi le loro spese (tra queste anche la cena di San Valentino di Colautti, gli acquisti in macelleria di Marin, le scarpe e i ricambi per le pentole di Dal Mas), che “verranno sicuramente giustificate” auspica il partito, e tenendo anche conto della mole di voti che portano in dote, i quattro sono stati graziati.
C’è poi il quinto consigliere, Franco Baritussio, candidato con La Destra di Storace (ma anche lui fino a poco tempo fa nelle file del Pdl), che dalla Regione si è fatto rimborsare il soggiorno wellness in Carinzia (Austria). A lui va dato atto però di aver restituito la somma e soprattutto di essersi scusato, ammettendo di aver compiuto una leggerezza. Ma basterà a riconquistare quella verginità politica agli occhi degli elettori friulani che, dopo l’inchiesta che sta facendo tremare la Regione, iniziano ora a guardare con sempre più interesse al Movimento 5 Stelle? Beppe Grillo è pronto a replicare la campagna elettorale “modello Sicilia” anche qui, dove il suo candidato presidente si chiama Saverio Galluccio.
Già perché neanche gli altri due grandi partiti, il Pd e la Lega Nord, sono rimasti fuori dall’inchiesta sulle spese di rappresentanza, condotta dal pm Federico Frezza. Tra i democratici c’è chi ha presentato gli scontrini di pranzi e cene o acquisti in gioiellerie ed enoteche. I quattro consiglieri Pd (uno passato al gruppo misto) indagati non sono stati però riconfermati. La candidata presidente del centrosinistra, Debora Serracchiani, era stata chiara: “la nostra comunità non deve subire le conseguenze del comportamento inqualificabile di un gruppo di consiglieri che non hanno saputo onorare la loro carica”, aveva detto nelle scorse settimane. Ad essere silurati anche esponenti del carroccio, come i consiglieri Enore Picco, che avrebbe messo a rimborso addirittura le ricevute di un’armeria, e Federico Razzini (le sedute dal barbiere). Su di loro si era espresso direttamente il segretario federale, Roberto Maroni: “Visto quel che è successo, meglio un cambiamento totale”. La “linea dura” della Lega ha risparmiato però alcuni consiglieri uscenti come Claudio Violino e Mara Piccin (entrambi ricandidati). Vero, al momento non indagati, tuttavia c’è chi, anche all’interno dello stesso partito, solleva sospetti su di loro. Visto che, a parte quelle di Razzini e Picco, le spese allegre del gruppo consiliare leghista sono tutte anonime. Nel carroccio a correre nuovamente alle regionali, nonostante le sue beghe giudiziarie (di tutt’altro genere), ci sarà infine anche Federica Seganti. L’attuale assessore regionale alle Attività produttive – l’unica su cui non ricade alcun sospetto per l’affaire rimborsi, dal momento che non poteva accedere ai fondi del gruppo – è infatti indagata per abuso d’ufficio, con l’accusa di aver affidato all’emittente Rtl 102,5, senza alcuna gara, una campagna radiofonica per la promozione del turismo in Friuli. Costo dell’operazione: circa 400mila euro.