
Il programma di Papa Francesco è racchiuso nella scaletta di intervento, che l’allora arcivescovo di Buenos Aires pronunciò in una delle assemblee plenarie dei porporati svoltesi alla vigilia del conclave. È un discorso che martella duramente
contro l’autoreferenzialità della Chiesa, accenna alla possibilità di riforme e indica la necessità di un pontefice capace di portare
la Chiesa in periferia, con un messaggio di “dolce allegria”.
Lo ha reso noto a Cuba il cardinale Jaime Ortega, spiegando di averne chiesto il testo a Bergoglio durante il preconclave. (E non c’è dubbio che poi Ortega lo abbia fatto circolare fra i cardinali-elettori). Conciso, articolato in pochi punti, l’intervento di Bergoglio prelude alla rivoluzione che Papa Francesco ha in testa. Ed è sintomatico che, quando il cardinale dell’Avana gli ha chiesto in questi giorni il permesso di pubblicarlo, il neo-pontefice abbia detto sì.
Nell’assemblea preconclave Bergoglio espone la sua visione di Chiesa e papato in modo organico. Evangelizzare – dice – significa che la “Chiesa esce da se stessa e vada verso le periferie (del mondo): non solo geografiche ma esistenziali”. Se invece la Chiesa rimane serrata in se stessa e “diventa autoreferenziale (…) si ammala”. I mali che con l’andar del tempo si manifestano nelle istituzioni ecclesiali – continuava l’allora arcivescovo di Buenos Aires – “trovano la loro radice nell’autoreferenzialità, una specie di narcisimo teologico”. La Chiesa autoreferenziale tiene Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire.
In poche frasi l’allora arcivescovo di Buenos Aires condanna ben quattro volte l’atteggiamento di “autoreferenzialità”. A suo parere esistono due modelli di Chiesa: la “Chiesa evangelizzatrice, che esce da se stessa (…) e la Chiesa mondana che vive in sé, di sé e per sé”. E qui Bergoglio offre un importante spiraglio sul futuro: “Ciò deve aprire la strada (letteralmente: dare luce) a possibili cambiamenti e riforme da fare per la salvezza delle anime”. Bergoglio indica quindi la necessità di un papa che sia un “uomo che, partendo dalla contemplazione di Gesù Cristo (…) aiuti la Chiesa a uscire da sé e andare verso le periferie esistenziali”. Una Chiesa, che deve essere “madre feconda della dolce e consolatrice allegria dell’evangelizzazione”.
Il ritratto convinse evidentemente i cardinali a votarlo. In ogni caso aiutò i porporati, che lavoravano per una soluzione “extraeuropea e di centro”, a portarlo al soglio di Pietro come candidato di largo compromesso, una volta apparso chiaro nei primi scrutini che i papabili della vigilia (Scola, Scherer, Ouellet) non raggiungevano un numero trascinante di consensi.
E’ un Papa scomodo Jorge Bergoglio. Per ora in Vaticano tutti lo circondano dell’ossequio dovuto al nuovo padrone, ma lo sconcerto per la sua caparbia intenzione di comportarsi come “vescovo povero” comincia a irritare i prelati più conservatori. La domenica delle Palme Francesco aveva già eliminato l’anello piscatorio dorato, riprendendosi quello d’argento di Buenos Aires.
A due settimane dalla sua elezione abita ancora nella residenza Santa Marta, nella suite che di speciale ha solo un salone per ricevere i collaboratori. Il rifiuto di entrare nell’appartamento pontificio – che lui trova esageratamente grande come ha detto alla prima ispezione – costringe il suo staff a cercagli un’alternativa. Insomma, un Papa che predichi la povertà va bene: ma in Vaticano uno che vuole vivere in due stanzette, non ci voleva!
Qualche prelato ha già fatto sparire in occasioni pubbliche la croce d’oro, che indossava, ma non è che questo rende di buon umore tutti. Nei fatti la perdurante essenzialità e lo stile povero del successore di Benedetto XVI sta diventando un campanello d’allarme per chi in Vaticano indulge a quella “mondanità” di consumi, che Francesco non tollera, o si impegola in traffici economici poco chiari o indulge a relazioni intime maschili o femminili. Oltretevere basta chiacchierare due minuti con i bene informati e non c’è bisogno del dossier segreto dei tre cardinali su Vatileaks per ascoltare l’elenco di quanti razzolano male.
Sono quelli, che vivono l’arrivo del Papa-vescovo come l’irruzione di un ispettore. L’accenno fatto ieri mattina dal Papa, durante la messa a Santa Marta, a quanti parlano male degli altri, alla “gioia oscura della chiacchiera” che equivale a “ciò che ha fatto Giuda”, è un altro campanello d’allarme per chi in Curia ha tramato, tagliando e cucendo. Bergoglio non è come Papa Ratzinger, che si addolorava e non agiva. Il pontefice gesuita non starà con le mani in mano.
Ieri, all’udienza generale, Papa Francesco ha ripreso il tema dell’ “andare verso le periferie dell’esistenza (…) verso i nostri fratelli e sorelle (…) i più lontani, quelli che sono dimenticati, che hanno più bisogno di comprensione e aiuto”. Poi ha esclamato: “Che pena tante parrocchie chiuse!”.
Punto di forza di Francesco (e di preoccupazione per quanti temono le sue riforme) è inoltre il fatto che non esibisce assolutamente la sobrietà. Lo è, e basta. Al conclave, quando gli hanno chiesto se accetta il pontificato, ha risposto: “Sono un grande peccatore, accetto confidando nella misericordia e nella pazienza di Dio”.
Il Fatto Quotidiano, 28 Marzo 2013
Marco Politi
Scrittore e vaticanista
- 28 Marzo 2013
Francesco, il Papa ‘povero’ che non piacerà a tutti
Lo ha reso noto a Cuba il cardinale Jaime Ortega, spiegando di averne chiesto il testo a Bergoglio durante il preconclave. (E non c’è dubbio che poi Ortega lo abbia fatto circolare fra i cardinali-elettori). Conciso, articolato in pochi punti, l’intervento di Bergoglio prelude alla rivoluzione che Papa Francesco ha in testa. Ed è sintomatico che, quando il cardinale dell’Avana gli ha chiesto in questi giorni il permesso di pubblicarlo, il neo-pontefice abbia detto sì.
Nell’assemblea preconclave Bergoglio espone la sua visione di Chiesa e papato in modo organico. Evangelizzare – dice – significa che la “Chiesa esce da se stessa e vada verso le periferie (del mondo): non solo geografiche ma esistenziali”. Se invece la Chiesa rimane serrata in se stessa e “diventa autoreferenziale (…) si ammala”. I mali che con l’andar del tempo si manifestano nelle istituzioni ecclesiali – continuava l’allora arcivescovo di Buenos Aires – “trovano la loro radice nell’autoreferenzialità, una specie di narcisimo teologico”. La Chiesa autoreferenziale tiene Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire.
In poche frasi l’allora arcivescovo di Buenos Aires condanna ben quattro volte l’atteggiamento di “autoreferenzialità”. A suo parere esistono due modelli di Chiesa: la “Chiesa evangelizzatrice, che esce da se stessa (…) e la Chiesa mondana che vive in sé, di sé e per sé”. E qui Bergoglio offre un importante spiraglio sul futuro: “Ciò deve aprire la strada (letteralmente: dare luce) a possibili cambiamenti e riforme da fare per la salvezza delle anime”. Bergoglio indica quindi la necessità di un papa che sia un “uomo che, partendo dalla contemplazione di Gesù Cristo (…) aiuti la Chiesa a uscire da sé e andare verso le periferie esistenziali”. Una Chiesa, che deve essere “madre feconda della dolce e consolatrice allegria dell’evangelizzazione”.
Il ritratto convinse evidentemente i cardinali a votarlo. In ogni caso aiutò i porporati, che lavoravano per una soluzione “extraeuropea e di centro”, a portarlo al soglio di Pietro come candidato di largo compromesso, una volta apparso chiaro nei primi scrutini che i papabili della vigilia (Scola, Scherer, Ouellet) non raggiungevano un numero trascinante di consensi.
E’ un Papa scomodo Jorge Bergoglio. Per ora in Vaticano tutti lo circondano dell’ossequio dovuto al nuovo padrone, ma lo sconcerto per la sua caparbia intenzione di comportarsi come “vescovo povero” comincia a irritare i prelati più conservatori. La domenica delle Palme Francesco aveva già eliminato l’anello piscatorio dorato, riprendendosi quello d’argento di Buenos Aires.
A due settimane dalla sua elezione abita ancora nella residenza Santa Marta, nella suite che di speciale ha solo un salone per ricevere i collaboratori. Il rifiuto di entrare nell’appartamento pontificio – che lui trova esageratamente grande come ha detto alla prima ispezione – costringe il suo staff a cercagli un’alternativa. Insomma, un Papa che predichi la povertà va bene: ma in Vaticano uno che vuole vivere in due stanzette, non ci voleva!
Qualche prelato ha già fatto sparire in occasioni pubbliche la croce d’oro, che indossava, ma non è che questo rende di buon umore tutti. Nei fatti la perdurante essenzialità e lo stile povero del successore di Benedetto XVI sta diventando un campanello d’allarme per chi in Vaticano indulge a quella “mondanità” di consumi, che Francesco non tollera, o si impegola in traffici economici poco chiari o indulge a relazioni intime maschili o femminili. Oltretevere basta chiacchierare due minuti con i bene informati e non c’è bisogno del dossier segreto dei tre cardinali su Vatileaks per ascoltare l’elenco di quanti razzolano male.
Sono quelli, che vivono l’arrivo del Papa-vescovo come l’irruzione di un ispettore. L’accenno fatto ieri mattina dal Papa, durante la messa a Santa Marta, a quanti parlano male degli altri, alla “gioia oscura della chiacchiera” che equivale a “ciò che ha fatto Giuda”, è un altro campanello d’allarme per chi in Curia ha tramato, tagliando e cucendo. Bergoglio non è come Papa Ratzinger, che si addolorava e non agiva. Il pontefice gesuita non starà con le mani in mano.
Ieri, all’udienza generale, Papa Francesco ha ripreso il tema dell’ “andare verso le periferie dell’esistenza (…) verso i nostri fratelli e sorelle (…) i più lontani, quelli che sono dimenticati, che hanno più bisogno di comprensione e aiuto”. Poi ha esclamato: “Che pena tante parrocchie chiuse!”.
Punto di forza di Francesco (e di preoccupazione per quanti temono le sue riforme) è inoltre il fatto che non esibisce assolutamente la sobrietà. Lo è, e basta. Al conclave, quando gli hanno chiesto se accetta il pontificato, ha risposto: “Sono un grande peccatore, accetto confidando nella misericordia e nella pazienza di Dio”.
Il Fatto Quotidiano, 28 Marzo 2013
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Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.
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