Fondiaria Sai ha speso quasi 22 milioni di euro per pagare stipendi, buonuscite e consulenze ai suoi consiglieri, sindaci e dirigenti, in un esercizio chiuso in rosso per poco meno di 800 milioni e dopo una ricapitalizzazione da 1,1 miliardi, necessaria a salvare la compagnia ma rovinosa per quegli azionisti che non hanno avuto le forze per seguire l’aumento. In cima alla classifica dei compensi, Piergiorgio Peluso, figlio del ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri e neo direttore generale di Telecom, uscito a settembre con 5,01 milioni di euro, comprensivi di una buonuscita di 3,83 milioni e di 1,18 milioni di euro per l’incarico di direttore della compagnia svolto per circa 10 mesi. 

Peluso è quindi riuscito a guadagnare più dei tre fratelli Ligresti messi insieme, le cui retribuzioni, nonostante l’uscita dal gruppo formalizzata a ottobre, sono rimaste di tutto rispetto. In particolare Paolo e Jonella (presidente fino ad aprile, poi vicepresidente), sono stati ricompensati rispettivamente con 1,1 milioni e 927mila euro. Giulia, presidente della controllante Premafin, ha invece incassato 1,695 milioni. Il totale, quindi, supera i 3,7 milioni.

Anche la famiglia La Russa ha portato a casa il suo obolo: Vincenzo ha percepito 532mila euro (441mila per prestazioni professionali), battuto dal nipote Geronimo, figlio dell’ex ministro e consigliere di Premafin, a cui la holding ha riconosciuto 560mila euro (549 mila per prestazioni dello studio La Russa). Compensi di tutto rispetto anche per l’ex amministratore delegato, Emanuele Erbetta (1,82 milioni) e il vicepresidente Antonio Talarico (1,33 milioni), indagati con Vincenzo La Russa, i fratelli Ligresti e l’ex ad Fausto Marchionni per infedeltà patrimoniale, falso in bilancio e ostacolo all’attività di vigilanza dalla Procura di Torino.

Le consulenze dello studio d’Urso Gatti Bianchi hanno invece fatto lievitare i compensi del consigliere e avvocato Carlo d’Urso a 1,75 milioni. Una somma particolarmente elevata se confrontata con quelle incassate dagli altri consiglieri-avvocati per le loro prestazioni professionali. Per esempio le consulenze legali del consigliere Roberto Cappelli, del super studio capitolino Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners, sono costate a Fondiaria “solo” 262mila euro su uno stipendio totale di 307mila euro. D’Urso  ha surclassato anche Vincenzo La Russa, le cui prestazioni professionali per il gruppo hanno avuto un controvalore di 441mila euro, su un incasso totale di 532mila euro. E pure il nipote Geronimo, che ha fatto consulenze a Premafin e controllate per un totale di 549mila euro su un compenso complessivo di 560mila euro.

Cifre importanti sono state spese poi per remunerare il collegio sindacale, tutt’altro che reattivo negli scorsi anni nel rilevare le operazioni in conflitto di interesse a vantaggio della famiglia Ligresti e in relazione alle quali FonSai ha deliberato di esercitare azioni di responsabilità, chiedendo risarcimenti per centinaia di milioni. Complessivamente i sindaci sono costati 755mila euro, che si aggiungono ai 9,3 milioni per il cda, ai 5,5 milioni per le buonuscite di Peluso e del suo vice Gianandrea Perco e ai 7,23 milioni andati ai dirigenti “con responsabilità strategiche”.

Le retribuzioni per i consiglieri si riferiscono ai primi dieci mesi dell’anno: a partire dal 30 ottobre è entrato in carica il nuovo cda espresso da Unipol, nuovo azionista di controllo: per il quale in due mesi sono stati spesi 440mila euro. Al neo ad Carlo Cimbri dall’ex gruppo Ligresti sono arrivati 162mila euro, riversati a Unipol ed entrati a far parte dei 2,38 milioni di retribuzione percepiti dalla compagnia bolognese nel 2012. Il presidente di Unipol, Pierluigi Stefanini, ha incassato 879mila euro, somma che include i 52mila euro incassati dal gruppo Premafin-FonSai per due mesi di carica

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