L’Italia ha perso una marea di soldi al Casinò. E insieme si è giocata anche la città di Campione, un tempo secondo comune italiano per reddito pro capite, oggi monoeconomia in crisi dove i pochi neonati vengono alla luce con un debito di 14.500 euro in culla. Tutto nasce e muore lì, in quell’edificio nato nel 1933 con la licenza d’epoca fascista e rifatto nel 2007 dall’architetto Botta, tra mille polemiche, con un investimento pubblico da 9,3 milioni di euro.
Investimento o spreco, lo dirà il tempo. Il Casinò di Campione, il più grande d’Europa, è sempre stato il bancomat dei campionesi: la gente entrava, giocava e nelle casse dell’amministrazione arrivavano soldi a palate, miliardi di lire, milioni di euro. Tanto da assorbire quasi tutta la forza lavoro disponibile in città. I campionesi? O lavorano in municipio o alla casa da gioco, sì è detto per settant’anni. Ma oggi non è più vero, perché il bancomat dell’exclave italiana in Svizzera si è inceppato. Anziché arricchire l’amministrazione che lo controlla e gestisce, il sistema Casinò la sta spolpando.
Negli ultimi due anni la sala da gioco ha accumulato perdite per 90 milioni, una parte dei quali, circa 28,5 milioni, vengono scaricati oggi sul Comune. Campione, per la prima volta, ha dovuto rinunciare a 20 milioni di contributo obbligatorio da parte della casa da gioco e ha chiuso il bilancio in rosso, con un buco da 5 milioni. A conti fatti, sui 2mila campionesi grava oggi un debito pro capite di 14.250 euro. E alcuni hanno iniziato a pagarlo, loro malgrado, con i tagli: i 500 dipendenti del Casinò hanno contratti di solidarietà, stipendi e pensioni dei dipendenti pubblici sono in corso di riduzione, l’aliquota Imu dovrà essere rivista e anche alle scuole vengono sottratti i primi fondi.
Per far fronte alla situazione sulle sponde del Lago di Lugano tira aria di dismissioni: il 14 marzo scorso la giunta ha dato mandato agli uffici tecnici di redigere un piano di vendita di beni (leggi) che elenca appartamenti, uffici dell’azienda turistica, locali concessi in affitto ad associazioni ed espositori, il bocciodromo, il centro ricreativo per i giovani e aree edificabili. Insomma, la debaclé dell’economia basata sul gioco si traduce in tagli che incidono la carne viva della comunità di Campione. Questo ha spinto alcuni campionesi a costituire il comitato cittadino “In Gioco” che “punta a rendere consapevoli i residenti dei costi e dei rischi legati alle carenze di gestione della casa da gioco e all’inerzia dell’amministrazione”.
Il sindaco, Maria Laura Piccaluga, ammette le difficoltà, annuncia dolorosi tagli anche al personale del comune ma rigetta ogni accusa di mala gestio: “Il problema è legato alla crisi generale del gioco, al proliferare di slot, videlotterie e gioco online e alla concorrenza dei casinò svizzeri che non hanno il limite dei mille euro al contante che si può buttare sul tavolo e neppure l’obbligo di registrazione all’ingresso. Siamo in Svizzera ma abbiamo regole italiane, questo ci penalizza così come i tagli ai trasferimenti che hanno colpito tutti i comuni italiani: quest’anno sono arrivati da Roma 350mila euro anziché 850mila”. E tuttavia il sindaco si ritrova, suo malgrado, ad affrontare un bel problema: nessuno, in 70 anni di amministrazione, ha pensato a un’alternativa al grande bancomat che qui era tutto. Insomma, per Campione non c’è un piano B. E questa, in ultima analisi, sarebbe la responsabilità politica degli amministratori che si sono succeduti fino ad oggi.
POLVERE SOTTO IL TAPPETO VERDE
Il problema, accusa il Comitato, non è legato solo al trend generale del comparto. Altrove le cose non vanno a gonfie vele ma un po’ meglio: “Al netto dei contributi che i singoli casinò devono versare ai propri comuni, a San Remo l’utile 2012 tocca i 13 milioni, a Venezia tra i 25 e i 28 a Saint Vincent 11”. Insomma, altrove i soldi girano. A Campione, se va bene, l’esercizio chiude con una perdita secca di 50 milioni che si aggiunge ai 40 del precedente. L’amministrazione, già sotto la lente della Corte dei Conti, ha cercato di sopperire a quell’ammanco con una supervalutazione dell’attivo 2012 legato all’usufrutto dell’immobile e del marchio del Casinò, una rinuncia al contributo obbligatorio di 20 milioni per le casse comunali che è sub judice della Corte dei Conti e tuttavia già inserita come sopravenienza attiva nel bilancio.
“Tutte voci messe nello stato patrimoniale come riserva straordinaria per una cifra che corrisponde – dicono quelli del Comitato In Gioco – ai 90 milioni di perdite accumulate negli ultimi esercizi”. Insomma, polvere sotto il tappeto verde. Che però prima o poi esce dalle belle sale del Casinò e finisce in strada. Il problema era già emerso nel 2010, quando una perdita di 4 milioni è stata compensata imputando al bilancio come utile la chiusura straordinaria di un lodo che si trascinava da anni. In questo modo la gestione ha interrotto il periodo di 3 anni di perdite continuative che fa scattare l’allarme rosso dei giudici contabili, con conseguente stretta sull’operato degli amministratori ed eventuale azione di responsabilità degli stessi. Ma ora c’è da far fronte a 90 milioni di perdite e non c’è tappeto che tenga: d’ora in poi a pagarle saranno i cittadini. A meno che non si ricorra a ulteriori avventure dall’incerto esito. Ed è quello che – a detta del comitato – sta succedendo, a quanto pare, con la sponda del governo.
UN SOLO SOCIO PER TANTI DEBITI
Un emendamento al decreto Mille proroghe firmato da Mario Monti ha autorizzato dal 28 febbraio scorso la costituzione di una nuova società per azioni che dovrà gestire la casa da gioco per conto di un solo socio, il Comune di Campione d’Italia. Il tutto con una previsione di entrate per lo Stato a dir poco ottimistiche. Nel decreto, infatti, si stabilisce che “a decorrere dall’inizio dell’attività della società sul totale dei proventi annuali in franchi svizzeri di tutti i giochi al netto del prelievo fiscale, se superiori a franchi svizzeri 130 milioni, verrà individuato, entro il 31 gennaio dell’anno successivo, un contributo in franchi svizzeri del 3 per cento fino a 160 milioni, del 10 per cento sui successivi 10 milioni, del 13 per cento sui successivi 10 milioni e del 16 per cento sulla parte eccedente”.
Previsioni che cozzano però coi risultati degli ultimi esercizi che hanno visto la sala da gioco Campione di perdite e non di incassi. Il rischio, a questo punto, è che la nuova società, rafforzata nella propria autonomia, non inverta la rotta e che alla fine lo Stato e il Comune si ritrovino a dover rifinanziare un pozzo di debiti. In altre parole, il contributo del Casinò alle finanze pubbliche finirebbe per funzionare al contrario, con i cittadini costretti ad appianare le perdite anziché godere di una parte dei profitti. Un rischio che il decreto tenta di arginare fissando un paletto a tre anni: “entro il 30 novembre 2015 e successivamente ogni biennio, il ministero dell’Interno, di concerto con il ministero dell’Economia e delle finanze, procederà alla verifica della percentuale del contributo di cui sopra da applicare agli esercizi successivi e, se del caso, all’adeguamento della stessa con decreto interministeriale, sentiti il comune di Campione d’Italia e gli enti territoriali beneficiari del contributo”. La newco avrebbe quindi un ampio lasso di tempo per ripianare (o aggravare) i debiti del Comune. E un piano industriale presentato dagli amministratori, ancorché informalmente, prevede il pareggio tra entrate e uscite nel 2017. Ma la strada per Campione pare tutta in salita.
AL MATTINO DELIBERO, AL POMERIGGIO TIMBRO
A complicare la situazione è anche la peculiare coincidenza tra amministratori del casinò e consiglio del Comune. Succede anche altrove, certo, ma qui la sovrapposizione è a maggioranza: su cinque componenti tre lavorano alla casa da gioco. Gli organigrammi vedono il consigliere Diego Gozzi come impiegato della sala da gioco, categoria 1B, Armando Bresciani assistente di direzione in categoria 1°, Roberto Viano responsabile dell’ufficio gettoni speciali e di tutti gli sportelli di cassa. Una situazione che fomenta il rischio che gli stessi che decidono strategie, investimenti, rapporti col personale in qualità di consiglieri comunali al mattino, beneficino poi di quei provvedimenti al pomeriggio come dipendenti della casa da gioco.
“A nulla è valsa la richiesta di astenersi durante le operazioni di voto per limitare il rischio di un conflitto di interessi palese”, accusa il Comitato In Gioco. Il doppio incarico è un po’ la regola da queste parti. L’ad del Casinò Carlo Pagan, ex presidente di Federgioco, ha puntato molto sull’ingresso nel mercato delle video lottery e si è fatto promotore, insieme alla società Gamenet, di una società ad hoc che ha come scopo l’apertura di sale in tutta Italia. La società si chiama Verve e vede il Casinò socio al 49% e la società privata Gamenet al 51. Tra i tre consiglieri c’è Gianpaolo Zarcone, segretario generale del Comune. In una mano ha le chiavi della Verve, nell’altra quella del municipio. Da qui la domanda: “Quando da amministratori deliberano la vendita dei locali concessi dal Comune ai carabinieri di via Bezzola, al centro giovanile di via Vicolo Nuovo, lo fanno nell’interesse dei cittadini amministrati o nel proprio di dipendenti della casa da gioco?”.
Economia & Lobby
Campione di debiti, la crisi del Casinò affossa il comune più ricco d’Italia
Solo tre anni fa i campionesi erano secondi per reddito pro-capite, oggi nascono con 14.500 euro di debito in culla. Il Casinò più grande d'Europa, si è inceppato (e non solo per la crisi) e il Comune che lo controllava come un bancomat ora è nei guai fino al collo: per far fronte a 90 milioni di perdite ha avviato vendite straordinarie e tagli al personale. Così finisce il mito della mono-economia basata sul gioco
L’Italia ha perso una marea di soldi al Casinò. E insieme si è giocata anche la città di Campione, un tempo secondo comune italiano per reddito pro capite, oggi monoeconomia in crisi dove i pochi neonati vengono alla luce con un debito di 14.500 euro in culla. Tutto nasce e muore lì, in quell’edificio nato nel 1933 con la licenza d’epoca fascista e rifatto nel 2007 dall’architetto Botta, tra mille polemiche, con un investimento pubblico da 9,3 milioni di euro.
Investimento o spreco, lo dirà il tempo. Il Casinò di Campione, il più grande d’Europa, è sempre stato il bancomat dei campionesi: la gente entrava, giocava e nelle casse dell’amministrazione arrivavano soldi a palate, miliardi di lire, milioni di euro. Tanto da assorbire quasi tutta la forza lavoro disponibile in città. I campionesi? O lavorano in municipio o alla casa da gioco, sì è detto per settant’anni. Ma oggi non è più vero, perché il bancomat dell’exclave italiana in Svizzera si è inceppato. Anziché arricchire l’amministrazione che lo controlla e gestisce, il sistema Casinò la sta spolpando.
Negli ultimi due anni la sala da gioco ha accumulato perdite per 90 milioni, una parte dei quali, circa 28,5 milioni, vengono scaricati oggi sul Comune. Campione, per la prima volta, ha dovuto rinunciare a 20 milioni di contributo obbligatorio da parte della casa da gioco e ha chiuso il bilancio in rosso, con un buco da 5 milioni. A conti fatti, sui 2mila campionesi grava oggi un debito pro capite di 14.250 euro. E alcuni hanno iniziato a pagarlo, loro malgrado, con i tagli: i 500 dipendenti del Casinò hanno contratti di solidarietà, stipendi e pensioni dei dipendenti pubblici sono in corso di riduzione, l’aliquota Imu dovrà essere rivista e anche alle scuole vengono sottratti i primi fondi.
Per far fronte alla situazione sulle sponde del Lago di Lugano tira aria di dismissioni: il 14 marzo scorso la giunta ha dato mandato agli uffici tecnici di redigere un piano di vendita di beni (leggi) che elenca appartamenti, uffici dell’azienda turistica, locali concessi in affitto ad associazioni ed espositori, il bocciodromo, il centro ricreativo per i giovani e aree edificabili. Insomma, la debaclé dell’economia basata sul gioco si traduce in tagli che incidono la carne viva della comunità di Campione. Questo ha spinto alcuni campionesi a costituire il comitato cittadino “In Gioco” che “punta a rendere consapevoli i residenti dei costi e dei rischi legati alle carenze di gestione della casa da gioco e all’inerzia dell’amministrazione”.
Il sindaco, Maria Laura Piccaluga, ammette le difficoltà, annuncia dolorosi tagli anche al personale del comune ma rigetta ogni accusa di mala gestio: “Il problema è legato alla crisi generale del gioco, al proliferare di slot, videlotterie e gioco online e alla concorrenza dei casinò svizzeri che non hanno il limite dei mille euro al contante che si può buttare sul tavolo e neppure l’obbligo di registrazione all’ingresso. Siamo in Svizzera ma abbiamo regole italiane, questo ci penalizza così come i tagli ai trasferimenti che hanno colpito tutti i comuni italiani: quest’anno sono arrivati da Roma 350mila euro anziché 850mila”. E tuttavia il sindaco si ritrova, suo malgrado, ad affrontare un bel problema: nessuno, in 70 anni di amministrazione, ha pensato a un’alternativa al grande bancomat che qui era tutto. Insomma, per Campione non c’è un piano B. E questa, in ultima analisi, sarebbe la responsabilità politica degli amministratori che si sono succeduti fino ad oggi.
POLVERE SOTTO IL TAPPETO VERDE
Il problema, accusa il Comitato, non è legato solo al trend generale del comparto. Altrove le cose non vanno a gonfie vele ma un po’ meglio: “Al netto dei contributi che i singoli casinò devono versare ai propri comuni, a San Remo l’utile 2012 tocca i 13 milioni, a Venezia tra i 25 e i 28 a Saint Vincent 11”. Insomma, altrove i soldi girano. A Campione, se va bene, l’esercizio chiude con una perdita secca di 50 milioni che si aggiunge ai 40 del precedente. L’amministrazione, già sotto la lente della Corte dei Conti, ha cercato di sopperire a quell’ammanco con una supervalutazione dell’attivo 2012 legato all’usufrutto dell’immobile e del marchio del Casinò, una rinuncia al contributo obbligatorio di 20 milioni per le casse comunali che è sub judice della Corte dei Conti e tuttavia già inserita come sopravenienza attiva nel bilancio.
“Tutte voci messe nello stato patrimoniale come riserva straordinaria per una cifra che corrisponde – dicono quelli del Comitato In Gioco – ai 90 milioni di perdite accumulate negli ultimi esercizi”. Insomma, polvere sotto il tappeto verde. Che però prima o poi esce dalle belle sale del Casinò e finisce in strada. Il problema era già emerso nel 2010, quando una perdita di 4 milioni è stata compensata imputando al bilancio come utile la chiusura straordinaria di un lodo che si trascinava da anni. In questo modo la gestione ha interrotto il periodo di 3 anni di perdite continuative che fa scattare l’allarme rosso dei giudici contabili, con conseguente stretta sull’operato degli amministratori ed eventuale azione di responsabilità degli stessi. Ma ora c’è da far fronte a 90 milioni di perdite e non c’è tappeto che tenga: d’ora in poi a pagarle saranno i cittadini. A meno che non si ricorra a ulteriori avventure dall’incerto esito. Ed è quello che – a detta del comitato – sta succedendo, a quanto pare, con la sponda del governo.
UN SOLO SOCIO PER TANTI DEBITI
Un emendamento al decreto Mille proroghe firmato da Mario Monti ha autorizzato dal 28 febbraio scorso la costituzione di una nuova società per azioni che dovrà gestire la casa da gioco per conto di un solo socio, il Comune di Campione d’Italia. Il tutto con una previsione di entrate per lo Stato a dir poco ottimistiche. Nel decreto, infatti, si stabilisce che “a decorrere dall’inizio dell’attività della società sul totale dei proventi annuali in franchi svizzeri di tutti i giochi al netto del prelievo fiscale, se superiori a franchi svizzeri 130 milioni, verrà individuato, entro il 31 gennaio dell’anno successivo, un contributo in franchi svizzeri del 3 per cento fino a 160 milioni, del 10 per cento sui successivi 10 milioni, del 13 per cento sui successivi 10 milioni e del 16 per cento sulla parte eccedente”.
Previsioni che cozzano però coi risultati degli ultimi esercizi che hanno visto la sala da gioco Campione di perdite e non di incassi. Il rischio, a questo punto, è che la nuova società, rafforzata nella propria autonomia, non inverta la rotta e che alla fine lo Stato e il Comune si ritrovino a dover rifinanziare un pozzo di debiti. In altre parole, il contributo del Casinò alle finanze pubbliche finirebbe per funzionare al contrario, con i cittadini costretti ad appianare le perdite anziché godere di una parte dei profitti. Un rischio che il decreto tenta di arginare fissando un paletto a tre anni: “entro il 30 novembre 2015 e successivamente ogni biennio, il ministero dell’Interno, di concerto con il ministero dell’Economia e delle finanze, procederà alla verifica della percentuale del contributo di cui sopra da applicare agli esercizi successivi e, se del caso, all’adeguamento della stessa con decreto interministeriale, sentiti il comune di Campione d’Italia e gli enti territoriali beneficiari del contributo”. La newco avrebbe quindi un ampio lasso di tempo per ripianare (o aggravare) i debiti del Comune. E un piano industriale presentato dagli amministratori, ancorché informalmente, prevede il pareggio tra entrate e uscite nel 2017. Ma la strada per Campione pare tutta in salita.
AL MATTINO DELIBERO, AL POMERIGGIO TIMBRO
A complicare la situazione è anche la peculiare coincidenza tra amministratori del casinò e consiglio del Comune. Succede anche altrove, certo, ma qui la sovrapposizione è a maggioranza: su cinque componenti tre lavorano alla casa da gioco. Gli organigrammi vedono il consigliere Diego Gozzi come impiegato della sala da gioco, categoria 1B, Armando Bresciani assistente di direzione in categoria 1°, Roberto Viano responsabile dell’ufficio gettoni speciali e di tutti gli sportelli di cassa. Una situazione che fomenta il rischio che gli stessi che decidono strategie, investimenti, rapporti col personale in qualità di consiglieri comunali al mattino, beneficino poi di quei provvedimenti al pomeriggio come dipendenti della casa da gioco.
“A nulla è valsa la richiesta di astenersi durante le operazioni di voto per limitare il rischio di un conflitto di interessi palese”, accusa il Comitato In Gioco. Il doppio incarico è un po’ la regola da queste parti. L’ad del Casinò Carlo Pagan, ex presidente di Federgioco, ha puntato molto sull’ingresso nel mercato delle video lottery e si è fatto promotore, insieme alla società Gamenet, di una società ad hoc che ha come scopo l’apertura di sale in tutta Italia. La società si chiama Verve e vede il Casinò socio al 49% e la società privata Gamenet al 51. Tra i tre consiglieri c’è Gianpaolo Zarcone, segretario generale del Comune. In una mano ha le chiavi della Verve, nell’altra quella del municipio. Da qui la domanda: “Quando da amministratori deliberano la vendita dei locali concessi dal Comune ai carabinieri di via Bezzola, al centro giovanile di via Vicolo Nuovo, lo fanno nell’interesse dei cittadini amministrati o nel proprio di dipendenti della casa da gioco?”.
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Roma, 21 feb. (Adnkronos) - "Vogliamo essere gli architetti di una nuova democrazia. La grandissima preoccupazione, pensando al tema della geo cultura è che quando la politica si fa guidare dall’economia, diceva Adam Smith, diventa un problema democratico perché l’economia avrà sempre un interesse diverso dalla politica. Se la politica gestisce l’economia stiamo tutti bene. Ho paura del fatto che nelle mani di pochissime di persone c’è il potere economico, praticamente, di tutti, e che non si colga questo pericolo". Lo ha detto Walter Mauriello, presidente nazionale Meritocrazia Italia, oggi a Firenze, chiudendo il focus dedicato alla Geo cultura, in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia, la due giorni interamente dedicata al confronto tra le parti politiche, le Istituzioni tutte e i cittadini.
“Meritocrazia Italia - spiega Mauriello - fa passi in avanti molto improntati in termini di qualità e sostanza, ma il leader deve essere un passo indietro rispetto agli altri, non tanto per umiltà, ma per osservare, vedere le qualità e metterle a servizio del gruppo. La politica che stiamo costruendo è attrattiva, vuole dare la possibilità al debole di parlare e al forte di mettersi in discussione, nel rispetto delle regole che evita manganelli e sanzioni e dà la possibilità di una vita equilibrata e felice. Sull’ambiente, ad esempio la geo cultura è stata distrutta dalla necessità di energia. Certo, non si esclude il nucleare, ma è importante sfruttare tutte le risorse, mentre continuiamo ad andare a prendere" energia in Paesi con petrolio "dove l'egemonia è di pochi. Insieme si può realizzare una grande opera. Questo vale anche per la giustizia”.
“Nel nostro cammino abbiamo incontrato tante persone di qualità - conclude Mauriello - La grande certezza è questo gruppo, di cui pensiamo sempre il prossimo step. Abbiamo da tempo interlocuzione diretta con il presidente della Repubblica, con il presidente del Consiglio” e Oltreoceano. "Abbiamo l’ambizione di essere noi stessi, per essere un vero cambiamento".
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - In collaborazione con TgPoste.it
Nel 2025 focus su pacchi, risparmio postale, assicurazioni e offerta luce e gas. Sono le priorità di Poste Italiane, messe in fila dall’amministratore delegato, Matteo del Fante, intervistato da Tg Poste all’alba dei conti del gruppo, che ha chiusto il 2024 con numeri record e obiettivi futuri in rialzo. Ora, “rimaniamo focalizzati sulla logistica, in particolare sui pacchi” ma “resteranno importanti i prodotti di risparmio: quest’anno ricorre il 150° anniversario del libretto postale e il centenario del buono fruttifero. Stiamo studiando con Cassa Depositi e Prestiti delle emissioni per celebrare le soluzioni di risparmio più apprezzate dagli italiani, per un valore di 340 miliardi”; per quanto riguarda la protezione “sarà un anno molto positivo” e per “la nostra offerta di luce e gas il 2025 sarà storico perché ci siamo dati l’obiettivo di raggiungere il milione di contratti. Al momento Poste Energia conta 700mila clienti, abbiamo ancora lavoro da fare”, ha riferito l’Ad. (Video)
“Questa azienda non produce beni fisici ma offre servizi. Se i nostri colleghi operativi e l’azienda tutta non collaborassero non si raggiungerebbero questi numeri. Quando si ottiene più di quello che ci si aspettava, significa che tutti i colleghi ci hanno messo passione ed è la cosa per noi più importante. Un grazie sulla base di risultati concreti”, ha aggiunto poi Del Fante, riferendosi ai 120mila dipendenti di Poste.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - “Rispetto al sistema geopolitico non riteniamo che sia assolutamente ragionevole togliere dal patto di stabilità la spesa per le armi. Noi pensiamo a una geopolitica che rimetta al centro l'uomo, rimetta al centro il welfare, rimetta al centro la salute. Questi sono temi che dovrebbero essere tolti dal patto di stabilità”. Lo ha detto Andrea Quartini, deputato M5S, nel suo intervento oggi a Firenze al focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia, la due giorni interamente dedicata al confronto tra le parti politiche, le Istituzioni tutte e i cittadini.
“L'Italia è l'incrocio di tantissime culture, di tantissime lingue, di tantissimi soggetti - argomenta Quartini - Questo rende l'Italia un paese assolutamente particolare. Noi siamo stati i migliori diplomatici del mondo, non a caso. Noi siamo un po' spagnoli, un po' greci, un po' africani, un po' arabi. Questa miscela è straordinaria. Ci può far comprendere quanto è importante il dialogo, quanto si può essere efficaci nella capacità di impostare dei negoziati di pace. Credo che questa forza che l'Italia può esprimere può anche riuscire a far ritornare molti giovani ad occuparsi di politica. E credo che questo sia un tema che ci riguarda nel senso anche di avvicinarsi alle strategie di Meritocrazia Italia. Credo che Movimento 5 Stelle e Meritocrazia Italia su questa linea abbiano molte cose da condividere”.
“Credo fermamente nell'idea di un'Europa che riesce a governare una transizione ecologica - aggiunge Quartini - Quindi, da questo punto di vista, credo ci siano degli aspetti che ci assimilano, che ci possono consentire un dialogo forte. Allo stesso tempo, credo che il tema della pace sia un tema assolutamente importante, rilevante. Sono tre anni che, diciamo, che dobbiamo arrivare a un momento di negoziazione e che probabilmente siamo davvero in ritardo e il prezzo pagato da tanti uomini in Ucraina sia un prezzo troppo alto e poteva essere evitato. Allo stesso tempo riteniamo che si debba farlo in un'ottica di credibilità”, conclude.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - "L'attualità internazionale impone una riflessione. Con determinazione dobbiamo rilanciare quello spirito europeo che l'Italia ha contribuito come Paese fondatore a creare. Dal 1957 i passi in avanti fatti sono stati straordinari, eccezionali, però ora è necessario uno scatto ulteriore. È centrale il tema della difesa, ma in questo ambito le posizioni sono ancora piuttosto articolate all'interno dell'Unione e non è un bene". Lo ha detto Alessandro Battilocchio, deputato Fi, partecipando oggi al focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia in corso a Firenze.
"L'Italia fu uno dei Paesi che prima ancora dei trattati di Roma nel 1954 con De Gasperi lanciò l'idea di una difesa comune - continua Battilocchio - Poi, proprio dalla Francia ci fu una grande frenata. Dopo il trattato di Lisbona sembrava che questo percorso si fosse riavviato con una serie di step previsti che dovranno portare ad una difesa comune, però anche in questo caso, pur in una contingenza difficile, legata alla pandemia, i passi in avanti sono stati assolutamente troppo flebili. Ora il tema è tornato prepotentemente d'attualità e io ritengo che sia importante che si sia aperto un dibattito. Le parole che arrivano da Oltreoceano rappresentano, in questo contesto, una spinta ad accelerare questa discussione".
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - “Credo che, sotto il profilo geo culturale un'enfasi forte sul consesso europeo sia strettamente necessario perché ritengo che si stia perdendo culturalmente un ruolo che il nostro contesto geografico politico ha sempre avuto. Con il linguaggio dei numeri, il valore delle nostre imprese in relazione al totale delle imprese del mondo non è sceso, è crollato in modo ingiustificato. Se confrontate il 2005 con il 2024, vi accorgete che il prodotto interno lordo dell'Europa è passato dal 35% del totale del mondo al 20%. Siamo scesi come peso e come significatività. Se poi andiamo a vedere il peso delle società quotate, nel 2005 e oggi, troviamo che è passato dal 35% del totale a meno del 15%”. Così Maurizio Dallocchio, professore ordinario università Bocconi, intervenendo oggi a Firenze al focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia, la due giorni interamente dedicata al confronto tra le parti politiche, le Istituzioni e i cittadini.
Nel mondo, “le banche europee, sono irrilevanti - aggiunge Dallocchio - La prima banca europea per dimensione di capitalizzazione è dopo il numero 20. Nelle prime 10 ce ne sono 4 americane, 4 cinesi, una della Gran Bretagna e una giapponese. Non ce n'è una europea. Le banche europee, per finanziare le imprese europee, sono fortissime, sono importantissime - evidenzia il professore - Se consideriamo 100 il debito delle imprese europee, 75 è debito bancario e solo 25% è legato ai mercati e all'emissione di titoli obbligazionari. Credo che se partiamo da questi numeri ci rendiamo contro che stiamo diventando, in qualche modo, preda, sotto il profilo economico. Ma - avverte il professore - l'economia influisce sulla politica e sulla società ed evidentemente dà un impulso numerico alla cultura prevalente”.
C’è una concentrazione geopolitica delle maggiori imprese del mondo. “Tra le prime otto per capitalizzazione di borsa, sette sono statunitensi, l'altra è saudita e fa petrolio - illustra l’esperto - Quella che capitalizza di più in borsa, che vale 3.600 miliardi di dollari, molto di più del debito pubblico italiano per intenderci, quasi il doppio del Pil italiano, è una società che appartiene al settore tecnologico. Le sette americane sono tutte imprese tecnologiche. Per cui il secondo elemento di concentrazione, il settoriale, è potentissimo. Le prime otto società per capitalizzazione di borsa, nel 2005, l'anno di riferimento che ho preso insieme al 2024, erano presenti in sei settori diversi: il farmaceutico, diversificato, la grande distribuzione, il bancario, l'oil and gas e le tecnologie. Oggi i settori presenti sono, praticamente, uno”.
Inoltre, “la capitalizzazione di borsa delle prime cinque società al mondo per capitalizzazione - rimarca il professore - valgono il 30% del mercato di tutto il mondo. La sola, Nvidia, che è legata al mondo dell'intelligenza artificiale, da sola pesa una 1,6 tutta la borsa tedesca: una concentrazione dimensionale incredibile, mai esistita in passato. Altamente preoccupante è che si tratta di realtà proprietarie. Nel 2005, delle grandi imprese che connotavano il mondo, la concentrazione della proprietà era altamente diffusa. Nessuno possedeva più del 7 - 8 - 9%. Oggi, le prime otto società per capitalizzazione, si rifanno al nome di un padrone. Sotto il profilo evidentemente economico, finanziario, ma anche sociale e culturale, ha un impatto sul mondo che è straordinario”.
Come Europa, “se vogliamo tornare ad avere il ruolo sotto il profilo culturale in primo luogo sotto il profilo economico e sociale - suggerisce Dallocchio - è necessario accettare che ci sia un debito comune, è necessario provvedere a una difesa comune, al rilancio dei mercati e della finanza, intesa nel senso buono, dei soldi che finiscono alle aziende proveniendo dalle famiglie. È necessaria una fiscalità omogenea ed è necessario prendere consapevolezza del fatto che se vuoi essere competitivo devi investire in tecnologie e in intelligenza, che poi naturale o artificiale, con una visione di lungo periodo che porti a credibilità, a sostenibilità, a visibilità, a credito, che si trasformi anche in credito culturale della nostra Europa”. In questo contesto, l’Italia “è un Paese che paga una valanga di tasse. Partiamo da un livello di tassazione che, rispetto ad altri Paesi è mostruosamente superiore”. Va bene la rottamazione delle cartelle esattoriali? “Si, ma cum grano salis”, conclude.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - Le elezioni federali del 23 febbraio 2025 sono un momento cruciale non solo per la Germania ma per l’intero panorama politico europeo e internazionale. Per approfondire l'impatto di questo appuntamento elettorale, Adnkronos organizza una diretta speciale targata Eurofocus, direttamente dalla residenza di Hans-Dieter Lucas, l’ambasciatore tedesco a Roma.
Condotto dal direttore Davide Desario e dai vicedirettori Fabio Insenga e Giorgio Rutelli, con la partecipazione dei giornalisti Adnkronos Mara Montanari e Otto Lanzavecchia, lo speciale di domenica comincerà alle 17 e vedrà la partecipazione di molti ospiti italiani e tedeschi, con continui collegamenti anche da Berlino, Francoforte e Bruxelles.
Alle 18, con la chiusura dei seggi e la diffusione degli exit poll, è prevista l’analisi dei primi risultati. Alle 19 un panel di esperti si confronterà sugli scenari del post-voto: quali le coalizioni possibili, e quali i rapporti di forza tra i partiti. Tra le 20 e le 21, infine, il commento della Elefantenrunde, la “tavola rotonda degli elefanti”, confronto tra i leader politici in onda sulle tv tedesche. Un'occasione unica per leggere i risultati, le prospettive e le possibili conseguenze di queste elezioni sul futuro dell'Unione Europea, delle relazioni transatlantiche e degli equilibri globali.
Lo speciale sarà trasmesso sulla homepage e sul canale Youtube di Adnkronos, con 400 siti collegati tra testate nazionali e network locali online. Le notizie sulle elezioni saranno lanciate in tempo reale dall’agenzia, analisi e interviste pubblicate sulportale Eurofocus.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - "La politica deve essere capace di guidare la narrazione, le trasformazioni, non deve essere esecutrice di decisioni raggiunte in altri ambiti. Meritocrazia Italia chiede un rinascimento della politica, per questo siamo a Firenze. La politica non è solo nei palazzi, parte dal basso e abbiamo ambizioni grandi, anche oltre confine". Lo ha detto Zenaide Crispino, ministro MI Turismo, Cultura, Impresa e Territorio, nel suo intervento al focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia in corso a Firenze.
"La geopolitica e la geo cultura si muovono in un gioco di specchi - spiega Crispino - perché si condizionano reciprocamente e il momento storico che viviamo ci pone di fronte a degli scontri asimmetrici. C'è un occidente che si dibatte per mantenere la geocultura, anche al cospetto di un sistema che manifesta delle crepe e delle fragilità. Ci sono Paesi come quelli del Golfo, l'India, la Cina che vogliono riscrivere le regole proprio della geopolitica, si muovono tra capitalismo e autoritarismo, tra egemonia e soft power. Le guerre vogliono riscrivere le frontiere del diritto internazionale. Poi c'è l'Europa, che sembra un po' dispersa tra questi giganti”. A livello internazionale, “sicuramente l'elezione di Trump vede degli Stati Uniti che accelerano sull'indipendenza energetica - illustra - ma che, nello stesso tempo, si svincolano da trattati internazionali che sono stati stilati proprio per una visione coesa internazionale contro il cambiamento climatico. C'è la Cina che, pur essendo uno dei paesi più inquinanti al mondo, ha il monopolio nella produzione delle tecnologie green. C'è l'Europa che insegue, una transizione ecologica giusta, ma tante volte anche ideologica. Ci siamo persi, a volte, perché scollati dalle esigenze delle economie reali".
Ma "l'ambiente non è solo un problema climatico, è anche un problema di sicurezza - sottolinea Crispino - perché dove ci sono delle crisi climatiche si evidenziano anche spesso delle crisi umanitarie e migratorie. Anche in questo caso la politica e la cultura non possono discostarsi l'una dall'altro. Tante volte meritocrazia ha chiesto l'integrazione reale che si basa sull'incontro di quelle culture che vengono in contatto, che restituiscano la tolleranza a chi deve ospitare e la dignità a chi viene ospitato. Questo, a dispetto di un'accoglienza indiscriminata, che invece crea quelle bolle di subcultura che genere illegalità e quindi intolleranza. Anche la giustizia è un elemento essenziale nell'immaginario collettivo. La giustizia deve essere percepita come equa, certa, svincolata dalla burocrazia, deve restituire sicurezza, certezza del diritto, ma anche della pena". Rimarcando l’importanza della politica, Crispino conclude mettendo in guarda sull’affacciarsi di "protagonisti, che sono soggetti privati, che perché dispongono di un potere finanziario tale, hanno la possibilità di gestire asset strategici, la comunicazione, la sicurezza, l'intelligenza artificiale, le energie rinnovabili, fino alla conquista dello spazio. Il mio riferimento non è velato, sto parlando Musk, ovviamente".