Ieri è stata celebrata la giornata mondiale dell’Autismo e la finalità era, come sempre, apparentemente valida e apprezzabile: sensibilizzare l’opinione pubblica verso questa patologia che sta diventando così frequente da essere considerata quasi una “epidemia”.
Però, diversamente dalle patologie epidemiche, come quelle influenzali e parainfluenzali, localizzate a qualche Paese o pandemiche, vere o false che siano (perché ormai siamo abituati a tutto), quella autistica è una “epidemia” molto singolare:
– Non è infettiva, ma pare estendersi con velocità impressionante avendo una curva di crescita quasi esponenziale (si è passati da 1 caso ogni 1.333 bambini USA a metà degli anni 1980, a 1 ogni 323 bambini alla fine degli anni 1990, a 1 ogni 166 bambini nel 2004, a 1 caso ogni 50 oggi: dati dei CDC di Atlanta).
– Non è una vera epidemia, ma pare aver colpito più persone delle comuni pandemie e sicuramente più persone di quelle interessate dalla famosa pandemia da virus influenzale H1N1 (influenza suina, per la quale sono stati spesi miliardi di euro).
– Non infetta gli adulti perché colpisce i bambini, ma un giorno anche questi diventeranno adulti e allora, se le cose non cambieranno, la società futura avrà molti più problemi d’oggi.
– È oggetto di molti studi e ricerche, ma sono essenzialmente studi epidemiologici e descrittivi, perché ben pochi si concentrano sull’aspetto terapeutico e, quando lo fanno, seguono l’approccio sintomatico-palliativo e non certo quello curativo.
È vero che di autismo non si muore, ma sicuramente si vive male e non mi riferisco solo ai bambini interessati, ma anche ai loro genitori, ai loro fratelli, familiari e amici, ai loro compagni di gioco e di scuola, ai loro insegnanti, ai loro vicini di appartamento o di casa e, perché no, anche ai loro pediatri, logopedisti, psichiatri, psicoterapeuti, ecc., ecc. che sanno e possono fare ben poco.
C’è un piccolo mondo che, volente o nolente, gira attorno a loro e, se la realtà futura sarà quella che stiamo intravedendo, tra un po’ di anni sarà anche tutto il nostro grande mondo moderno ad essere costretto a girare attorno a loro e con loro.
Non che loro non se lo meritino, perché sono bambini per certi aspetti meravigliosi e dai quali abbiamo molto da imparare, ma ciò non toglie che la comunicazione con loro sia un po’ difficile … sia da iniziare e che da continuare.
Ma oggi non si può veramente fare nulla per aiutarli?
Intanto, sarebbe da capire perché questi bambini si ammalano!
Sappiamo tutti che l’autismo ha una eziologia multifattoriale: ha cause genetiche, tossicologiche, farmacologiche, immunologiche, infettive, nutrizionali, psicologiche, psichiatriche, ecc.
È vero che su alcuni di questi fattori possiamo fare ben poco:
– sui geni per ora non possiamo agire, ma d’altra parte sappiamo che il fattore genetico agisce solo per il 3-5% dei casi;
– sul fattore tossicologico potremmo e dovremmo agire più agevolmente, ma sappiamo che non è facile nel breve termine ridurre l’inquinamento aereo, alimentare, idrico e forse neppure quello elettromagnetico;
– sui fattori nutrizionali, psicologici e psichiatrici sarebbe ancora più facile agire, specie su scala familiare/personale, ma si incontrano ostacoli dettati da abitudini, usanze generazionali, preconcetti individuali e sociali …
Però, se dobbiamo parlare di pre-concetti, pare che oggi, tra i fattori eziologici dell’autismo, i pre-concetti maggiori si trovino a livello medico nell’irrazionale diatriba nell’accettare o meno le vaccinazioni pediatriche come causa rilevante dello spettro autistico.
Eppure, è esperienza quotidiana di tutti i medici che vogliono “perdere” (o investire?) un po’ di tempo nel raccogliere la storia dei bambini autistici, sentirsi spontaneamente ripetere con troppa frequenza dai genitori che i disturbi sono iniziati dopo le prime vaccinazioni pediatriche. Subito dopo il primo o secondo inoculo vaccinale il bambino presenta dei disturbi comportamentali e/o disturbi del sonno e/o dell’appetito con un netto aumento della facilità ad ammalarsi di patologie delle prime vie respiratorie e/o di disturbi digestivi, ma con un successivo inoculo vaccinale si assiste ad un drammatico peggioramento fino a svariate gravi patologie tra le quali spicca la sindrome autistica.
Questa non è teoria o dialettica speculativa, questa è esperienza ambulatoriale quotidiana spicciola.
La letteratura scientifica è ricca di studi che sono dimenticati solo da coloro che non li vogliono conoscere e che attribuiscono alle vaccinazioni pediatriche una iperstimolazione dei processi immunitari infiammatori cerebrali citochine-dipendenti, che in bambini predisposti, anche a causa di una particolare carenza (genetica, nutrizionale, post-infettiva, da immaturità neonatale, ecc.) documentata di fattori antiossidanti, può scatenare la patologia autistica.
E i media cosa fanno?
Il 2 aprile c’è stata una trasmissione radiofonica (Melog su Radio 24) che, più che parlare di autismo, sembrava avere l’obiettivo di denigrare coloro che lo attribuiscono anche alle vaccinazioni pediatriche. Eppure sono migliaia e in netto aumento i genitori che nel nostro Paese fanno questa correlazione e, anche se questi non sono medici, loro non sono sicuramente privi né di obiettività né di buon senso, e loro non hanno di certo alcun interesse a propagandare o ad esaltare la causa vaccinale.
Quello che è singolare è che menti aperte e prive di pregiudizi oggi potrebbero avere anche le prove che i vaccini pediatrici sono una delle cause (forse la principale?) di danno pediatrico.
Nell’autunno scorso è stato tradotto in italiano un libro di Tinus Smits intitolato “Autismo. Oltre la disperazione” dove l’Autore, certamente serio e non coinvolto in giochi di potere o di interessi personali, dimostra che una semplice ed economica terapia antidotante basata sulla somministrazione di elevate diluizioni dei comuni vaccini pediatrici preventivamente e adeguatamente omeopaticizzati, ha guarito dall’autismo più di 300 bambini.
Certo, alcuni non accettano l’Omeopatia, ma la cosa non è né nuova né stupefacente, perché anche mio nonno diceva che non c’è più sordo di colui che non vuol sentire e quindi forse servono poco anche queste prove, che in Medicina si definiscono ex adiuvantibus, per dimostrare che sono stati proprio i vaccini a scatenare l’autismo nei soggetti che rispondono alla terapia omeopatica con il solito aggravamento iniziale e poi con il beneficio successivo (diversamente dai bambini autistici che non hanno alcun aggravamento iniziale al trattamento omeopatico e che quindi dimostrano non essere stati resi autistici dallo stimolo vaccinale).
Mi rendo perfettamente conto che oggi, con la propaganda che si fa alla pratica vaccinale, denunciare che i vaccini sono una delle cause dell’autismo disturba molto l’Industria Farmaceutica e tutti coloro che ad essa sono più o meno strettamente vincolati, dato che sappiamo tutti che dietro ai vaccini ci sono imponenti interessi economici.
In conclusione, più che sensibilizzare l’opinione pubblica verso l’autismo, come abbiamo detto all’inizio e come si vorrebbe fare agli alti livelli internazionali, credo sarebbe meglio che siano gli “alti livelli” a dover sensibilizzare loro stessi, perché i “bassi livelli”, cioè i singoli genitori e familiari dei bambini autistici, sono già molto ben sensibilizzati e da molto tempo … Essi sanno bene cos’è la sindrome autistica e spesso sanno anche cosa l’ha causata, perché essi si scontrano con la sua drammatica problematicità tutti i giorni.
Noi medici, che vediamo questi genitori e i loro figli autistici nei nostri ambulatori di base, più che parole e discussioni sterili, desideriamo avere (non solo noi medici, ma anche i genitori e ovviamente i bambini autistici) una terapia efficace e delle linee-guida chiare su come gestire e curare questa patologia che è ormai diventata un’emergenza.
Siamo stanchi di giochi di potere, di sotterfugi, di tentativi fatti per nascondere la realtà e di pre-giudizi, vogliamo fatti concreti e oggi alcuni fatti ci dicono che una parte dei bambini autistici può guarire, specie se curata in tempo.
Ma allora, a chi interessa l’autismo? Solo ai genitori? È questa la nostra meravigliosa Medicina Moderna?
Roberto Gava
Farmacologo, Tossicologo, Cardiologo, Omeopata
Scienza - 3 Aprile 2013
A chi interessa il bambino autistico?
Ieri è stata celebrata la giornata mondiale dell’Autismo e la finalità era, come sempre, apparentemente valida e apprezzabile: sensibilizzare l’opinione pubblica verso questa patologia che sta diventando così frequente da essere considerata quasi una “epidemia”.
Però, diversamente dalle patologie epidemiche, come quelle influenzali e parainfluenzali, localizzate a qualche Paese o pandemiche, vere o false che siano (perché ormai siamo abituati a tutto), quella autistica è una “epidemia” molto singolare:
– Non è infettiva, ma pare estendersi con velocità impressionante avendo una curva di crescita quasi esponenziale (si è passati da 1 caso ogni 1.333 bambini USA a metà degli anni 1980, a 1 ogni 323 bambini alla fine degli anni 1990, a 1 ogni 166 bambini nel 2004, a 1 caso ogni 50 oggi: dati dei CDC di Atlanta).
– Non è una vera epidemia, ma pare aver colpito più persone delle comuni pandemie e sicuramente più persone di quelle interessate dalla famosa pandemia da virus influenzale H1N1 (influenza suina, per la quale sono stati spesi miliardi di euro).
– Non infetta gli adulti perché colpisce i bambini, ma un giorno anche questi diventeranno adulti e allora, se le cose non cambieranno, la società futura avrà molti più problemi d’oggi.
– È oggetto di molti studi e ricerche, ma sono essenzialmente studi epidemiologici e descrittivi, perché ben pochi si concentrano sull’aspetto terapeutico e, quando lo fanno, seguono l’approccio sintomatico-palliativo e non certo quello curativo.
È vero che di autismo non si muore, ma sicuramente si vive male e non mi riferisco solo ai bambini interessati, ma anche ai loro genitori, ai loro fratelli, familiari e amici, ai loro compagni di gioco e di scuola, ai loro insegnanti, ai loro vicini di appartamento o di casa e, perché no, anche ai loro pediatri, logopedisti, psichiatri, psicoterapeuti, ecc., ecc. che sanno e possono fare ben poco.
C’è un piccolo mondo che, volente o nolente, gira attorno a loro e, se la realtà futura sarà quella che stiamo intravedendo, tra un po’ di anni sarà anche tutto il nostro grande mondo moderno ad essere costretto a girare attorno a loro e con loro.
Non che loro non se lo meritino, perché sono bambini per certi aspetti meravigliosi e dai quali abbiamo molto da imparare, ma ciò non toglie che la comunicazione con loro sia un po’ difficile … sia da iniziare e che da continuare.
Ma oggi non si può veramente fare nulla per aiutarli?
Intanto, sarebbe da capire perché questi bambini si ammalano!
Sappiamo tutti che l’autismo ha una eziologia multifattoriale: ha cause genetiche, tossicologiche, farmacologiche, immunologiche, infettive, nutrizionali, psicologiche, psichiatriche, ecc.
È vero che su alcuni di questi fattori possiamo fare ben poco:
– sui geni per ora non possiamo agire, ma d’altra parte sappiamo che il fattore genetico agisce solo per il 3-5% dei casi;
– sul fattore tossicologico potremmo e dovremmo agire più agevolmente, ma sappiamo che non è facile nel breve termine ridurre l’inquinamento aereo, alimentare, idrico e forse neppure quello elettromagnetico;
– sui fattori nutrizionali, psicologici e psichiatrici sarebbe ancora più facile agire, specie su scala familiare/personale, ma si incontrano ostacoli dettati da abitudini, usanze generazionali, preconcetti individuali e sociali …
Però, se dobbiamo parlare di pre-concetti, pare che oggi, tra i fattori eziologici dell’autismo, i pre-concetti maggiori si trovino a livello medico nell’irrazionale diatriba nell’accettare o meno le vaccinazioni pediatriche come causa rilevante dello spettro autistico.
Eppure, è esperienza quotidiana di tutti i medici che vogliono “perdere” (o investire?) un po’ di tempo nel raccogliere la storia dei bambini autistici, sentirsi spontaneamente ripetere con troppa frequenza dai genitori che i disturbi sono iniziati dopo le prime vaccinazioni pediatriche. Subito dopo il primo o secondo inoculo vaccinale il bambino presenta dei disturbi comportamentali e/o disturbi del sonno e/o dell’appetito con un netto aumento della facilità ad ammalarsi di patologie delle prime vie respiratorie e/o di disturbi digestivi, ma con un successivo inoculo vaccinale si assiste ad un drammatico peggioramento fino a svariate gravi patologie tra le quali spicca la sindrome autistica.
Questa non è teoria o dialettica speculativa, questa è esperienza ambulatoriale quotidiana spicciola.
La letteratura scientifica è ricca di studi che sono dimenticati solo da coloro che non li vogliono conoscere e che attribuiscono alle vaccinazioni pediatriche una iperstimolazione dei processi immunitari infiammatori cerebrali citochine-dipendenti, che in bambini predisposti, anche a causa di una particolare carenza (genetica, nutrizionale, post-infettiva, da immaturità neonatale, ecc.) documentata di fattori antiossidanti, può scatenare la patologia autistica.
E i media cosa fanno?
Il 2 aprile c’è stata una trasmissione radiofonica (Melog su Radio 24) che, più che parlare di autismo, sembrava avere l’obiettivo di denigrare coloro che lo attribuiscono anche alle vaccinazioni pediatriche. Eppure sono migliaia e in netto aumento i genitori che nel nostro Paese fanno questa correlazione e, anche se questi non sono medici, loro non sono sicuramente privi né di obiettività né di buon senso, e loro non hanno di certo alcun interesse a propagandare o ad esaltare la causa vaccinale.
Quello che è singolare è che menti aperte e prive di pregiudizi oggi potrebbero avere anche le prove che i vaccini pediatrici sono una delle cause (forse la principale?) di danno pediatrico.
Nell’autunno scorso è stato tradotto in italiano un libro di Tinus Smits intitolato “Autismo. Oltre la disperazione” dove l’Autore, certamente serio e non coinvolto in giochi di potere o di interessi personali, dimostra che una semplice ed economica terapia antidotante basata sulla somministrazione di elevate diluizioni dei comuni vaccini pediatrici preventivamente e adeguatamente omeopaticizzati, ha guarito dall’autismo più di 300 bambini.
Certo, alcuni non accettano l’Omeopatia, ma la cosa non è né nuova né stupefacente, perché anche mio nonno diceva che non c’è più sordo di colui che non vuol sentire e quindi forse servono poco anche queste prove, che in Medicina si definiscono ex adiuvantibus, per dimostrare che sono stati proprio i vaccini a scatenare l’autismo nei soggetti che rispondono alla terapia omeopatica con il solito aggravamento iniziale e poi con il beneficio successivo (diversamente dai bambini autistici che non hanno alcun aggravamento iniziale al trattamento omeopatico e che quindi dimostrano non essere stati resi autistici dallo stimolo vaccinale).
Mi rendo perfettamente conto che oggi, con la propaganda che si fa alla pratica vaccinale, denunciare che i vaccini sono una delle cause dell’autismo disturba molto l’Industria Farmaceutica e tutti coloro che ad essa sono più o meno strettamente vincolati, dato che sappiamo tutti che dietro ai vaccini ci sono imponenti interessi economici.
In conclusione, più che sensibilizzare l’opinione pubblica verso l’autismo, come abbiamo detto all’inizio e come si vorrebbe fare agli alti livelli internazionali, credo sarebbe meglio che siano gli “alti livelli” a dover sensibilizzare loro stessi, perché i “bassi livelli”, cioè i singoli genitori e familiari dei bambini autistici, sono già molto ben sensibilizzati e da molto tempo … Essi sanno bene cos’è la sindrome autistica e spesso sanno anche cosa l’ha causata, perché essi si scontrano con la sua drammatica problematicità tutti i giorni.
Noi medici, che vediamo questi genitori e i loro figli autistici nei nostri ambulatori di base, più che parole e discussioni sterili, desideriamo avere (non solo noi medici, ma anche i genitori e ovviamente i bambini autistici) una terapia efficace e delle linee-guida chiare su come gestire e curare questa patologia che è ormai diventata un’emergenza.
Siamo stanchi di giochi di potere, di sotterfugi, di tentativi fatti per nascondere la realtà e di pre-giudizi, vogliamo fatti concreti e oggi alcuni fatti ci dicono che una parte dei bambini autistici può guarire, specie se curata in tempo.
Ma allora, a chi interessa l’autismo? Solo ai genitori? È questa la nostra meravigliosa Medicina Moderna?
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Roma, 27 feb. (Adnkronos/Labitalia) - Non tutti i colloqui sono uguali: una persona su 2 dichiara di aver subito discriminazione sul posto di lavoro o durante la selezione. E' quanto emerge da un sondaggio recentemente pubblicato dal magazine britannico People management e condotto su 4.000 adulti, che ha inoltre rilevato come le donne abbiano quasi il doppio delle probabilità di denunciare discriminazioni rispetto agli uomini: una intervistata su 10 ritiene infatti di aver perso un ruolo a causa del proprio genere, rispetto al 5,2% dei colleghi.
Tra le varie forme di discriminazione individuate dal sondaggio la più comune è però risultata essere l’ageismo, ossia la discriminazione di persone in base all’età: il 15% ritiene infatti che la data di nascita impedisca loro di assicurarsi un lavoro. Una su 5 (19%) ha inoltre affermato di aver dovuto affrontare l’ageismo a un certo punto della propria carriera. Rilevante anche la discriminazione nei confronti di genitori o caregiver: tra coloro che hanno figli o figlie a carico o che si prendono cura di parenti anziani o di persone disabili, quasi un terzo (30%) ritiene di aver subito discriminazioni.
Scendendo maggiormente nel dettaglio, il sondaggio ha rilevato che quasi tre persone intervistate su 5 (il 57%) di età compresa tra 18 e 34 anni hanno dichiarato di aver subito discriminazioni sul lavoro, mentre ancora di più (il 59%) sono coloro che hanno subito discriminazioni nelle assunzioni. La percentuale scende nella fascia di età sopra i 35 anni: con il 31% degli intervistati e delle intervistate che dichiara di aver subito discriminazioni
“La discriminazione nei colloqui di selezione - commenta Cristina Danelatos, board member di Zeta service, azienda italiana specializzata nei servizi hr e payroll - è un problema radicato e che, dal nostro punto di vista, limita il potenziale delle aziende Non si tratta “solo” di una questione etica, che pure è rilevante, ma di pratiche che impediscono, in virtù di pregiudizi sovente di natura culturale, anche l'inclusione di talenti preziosi che possono contribuire alla diversità e all'innovazione. Ogni persona reca con sé esperienze uniche e risorse preziose, che possono facilitare la crescita aziendale, favorendo la creatività, migliorando la percezione interna ed esterna dell'impresa e promuovendo una cultura d’inclusione, rispetto e opportunità per tutti e tutte”.
I numeri in arrivo da oltremanica, se accostati ad altre recenti indagini sul medesimo argomento, danno un quadro piuttosto sconfortante. Anche in tema di disabilità: un sondaggio americano pubblicato da Hrbrew.com e condotto intervistando oltre 2.000 lavoratori e lavoratrici, infatti, ha rivelato come il 25% delle persone intervistate con disabilità abbia rivelato come questa rappresenti una sfida nell’ambito dei processi di selezione. Il 37%, inoltre, ha affermato di avere difficoltà a capire dalle job description se i ruoli per i quali si candidano potranno essere adatti alla loro condizione.
Circa il 33% ha inoltre affermato di non sentirsi a proprio agio nel rivelare la propria disabilità nel processo di ricerca di un impiego. Riattraversando l’Atlantico le cose non sembrano andare molto meglio. L’Università di Cardiff, l’Università di Liverpool e la Thames Water hanno infatti condotto di recente uno studio sociologico su larga scala in 5 città britanniche, presentando domande fasulle per oltre 4.000 posti di lavoro vacanti, identificandosi una parte come aspiranti lavoratori su sedia a rotelle e una parte come candidati privi di disabilità.
Le candidature riguardavano principalmente e volutamente due categorie professionali, quella della contabilità e dell’assistenza finanziaria, che non ponevano ostacoli di natura fisica. Il risultato? E' stata riscontrata una discriminazione significativa nei confronti dei candidati disabili, con un tasso di recall inferiore del 15% rispetto ai candidati senza disabilità. La discriminazione è stata più forte per il ruolo, meno qualificato, di assistente finanziario, dove il divario era addirittura del 21%. Curiosamente, anche per i posti di lavoro da remoto non sono stati registrati divari minori, sollevando interrogativi sulla capacità dello smart working di contrastare la discriminazione nei confronti delle persone disabili.
Per evitare di incorrere in queste situazioni una soluzione può essere quella di affidarsi a partner esterni specializzati nella selezione e la ricerca delle risorse umane, che abbiano tra i propri valori chiave la creazione di un ambiente lavorativo più inclusivo e diversificato.
“Se si vuole realmente puntare alla diversità in azienda - afferma Cristina Danelatos, board member di Zeta service - occorre utilizzare canali e strumenti nuovi di ricerca, altrimenti non si otterrà un risultato diverso da quello ottenuto fino ad oggi. Professionisti e professioniste con esperienza sono in grado di affiancare la funzione hr nella ricerca ed identificazione dei talenti, utilizzando canali ed approcci specifici. Per esempio un elemento critico di successo è la capacità di far sentire le persone valorizzate a prescindere da fattori che nulla hanno a che vedere con il loro talento e che in alcun modo potrebbero inficiarlo. L’esperienza con la nostra area specializzata in talent acquisition, per esempio, è quella di un metodo che mira a generare l’intreccio perfetto tra quelli che sono le competenze ed i desideri della persona e quelli dell’azienda. Ogni ricerca di nuove persone presuppone la volontà di crescere e migliorare, in ogni ambito. Questo vale sia per le persone che si candidano a un ruolo sia per le realtà aziendali che le ricercano".
Milano, 27 feb. (Adnkronos) - "La sottoposizione dei magistrati alla politica è la cosa peggiore, il pericolo è questo". Lo sostiene l'ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo, tra i presenti all'assemblea - in corso al Palazzo di Giustizia di Milano - nel giorno dello sciopero dei magistrati contro la riforma costituzionale. "Si vuole passare a un pm svincolato dalla cultura giurisdizionale, un pm che diventa l'avvocato dell'accusa in un processo in cui l'importante è vincere, mentre la funzione del pm è quella della ricerca della verità" conclude.
Roma, 27 feb (Adnkronos) - "Trump dice, metto dazi al 25%. L''Italia deve stare con Europa e l'Europa deve rimenare. Ma ci vuole l'Europa, non sovranisti da quattro soldi e provinciali alle vongole". Lo ha detto Matteo Renzi a L'aria che tira, su La7.
Parigi, 27 feb. (Adnkronos/Afp) - L'Unione Europea "farebbe lo stesso" se gli Stati Uniti mettessero dazi del 25 percento, come annunciato dal presidente Donald Trump. Lo ha dichiarato il ministro delle Finanze francese Eric Lombard. "È chiaro che se gli americani aumenteranno i dazi, come annunciato dal presidente Trump, l'Ue farà lo stesso", ha affermato Lombard a margine della riunione dei ministri delle finanze del G20 a Città del Capo. "Anche se non è nell'interesse generale, anche noi dobbiamo proteggere i nostri interessi e quelli dei paesi dell'Unione", ha aggiunto.
Roma, 27 feb (Adnkronos) - "Oggi vediamo che Giorgia Meloni non tocca palla, gli interlocutori americani sono Merz, Macron e Starmer. Giorgia Meloni si sta rivelando una influencer abbastanza inconsistente e lo dico con dispiacere". Lo ha detto Matteo Renzi a L'aria che tira, su La7.
Roma, 27 feb. (Adnkronos Salute) - "Anche quest'anno siamo felici e onorati di aver partecipato alla campagna che Uniamo ha svolto in questo periodo, in termini di eventi, di momenti di incontro ben organizzati e ben ideati. Sono passati più di vent'anni e Uniamo ha fatto un egregio lavoro per sensibilizzare sempre di più non solo gli addetti ai lavori, ovviamente, ma l'intera società sui temi delle malattie rare. Ecco, le malattie rare hanno ancora tanti ambiti aperti, la diagnosi, che dovrebbe essere quanto più precoce possibile, la disponibilità dei trattamenti e, ovviamente, la ricerca. Chiesi sta portando avanti diversi progetti in termini di ricerca, sia a livello nazionale, con studi clinici locali, che a livello globale, per cercare di portare terapie o anche solo sviluppi di terapie che possono essere fondamentali per i pazienti, per migliorare e facilitare la vita delle persone con malattie rare e dei loro familiari/caregiver". Lo ha detto all'Adnkronos Salute Enrico Piccinini, responsabile europeo delle Malattie rare Chiesi Global Rare Diseases, in occasione del convegno finale, oggi a Roma, della campagna #UNIAMOleforze promossa per la Giornata mondiale delle malattie rare che si celebra domani, 28 febbraio.
Roma, 27 feb. (Adnkronos Salute) - "Non finirò mai di ringraziare la Federazione Uniamo per tutto ciò che fa, perché chi soffre di una malattia rara, oltre allo sconforto, vive anche un senso di impotenza e di solitudine legato proprio alla condizione di rarità della malattia. L'impegno delle istituzioni è fondamentale, io ci tengo sempre a ricordare un aspetto, sottolineato recentemente anche dal presidente Mattarella, ovvero che 'bisogna arrivare a un'equità di accesso alle cure su tutto il territorio nazionale', quindi bisogna lavorare e combattere gli squilibri territoriali". Così all'Adnkronos Salute il presidente della Commissione Affari sociali e Salute della Camera, Ugo Cappellacci (Fi), in occasione del convegno finale, oggi a Roma, della campagna #UNIAMOleforze promossa per la Giornata mondiale delle malattie tare che si celebra domani, 28 febbraio.
"Su questo tema - sottolinea - c'è anche il grande lavoro del ministero della Salute e del sottosegretario Marcello Gemmato, che con grande impegno ha approvato e rifinanziato il nuovo Piano nazionale delle malattie rare che non veniva aggiornato dal 2016, strumento essenziale per garantire un'assistenza più equa ed efficace a chi ne è affetto. E' fondamentale proseguire su questa strada" e intervenire "con misure concrete, come l'abolizione dei prontuari terapeutici regionali che troppo spesso allungano i tempi di accesso ai trattamenti, e il potenziamento della disponibilità dei farmaci. Altrimenti, pazienti e caregiver continueranno a essere costretti al cosiddetto 'turismo sanitario', un altro male che dobbiamo eradicare", conclude Cappellacci.