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Vittime della crisi: suicidi o omicidi di Stato?

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Moglie e marito si uccidono, a seguire il fratello di lei. E’ sicuramente questa la notizia di oggi. Sessantotto anni la donna, sessantadue l’uomo e settanta il cognato. Una notizia di cronaca, se non fosse per un dettaglio dai risvolti sociali drammatici: le difficoltà economiche all’origine del gesto.

E’ sempre complicato parlare di un suicidio. L’atto di togliersi la vita, rappresenta comunque una scelta personale, seppur estrema. Quello che esula, in questo caso, dal concetto di scelta, sono le motivazioni che hanno portato a compiere gesto. Lui era un esodato, lei una pensionata da 500 euro al mese. I soldi non bastavano neanche per pagare l’affitto. Il bollettino di guerra, che denota una nuova categoria sociale fotografata persino dall’Istat, parla di 133 suicidi per motivi economici solo nei primi otto mesi del 2012.

Sono le cosiddette vittime della crisi: esodati, cassaintegrati, disoccupati, imprenditori sul lastrico, giovani e pensionati. Più che suicidi, bisognerebbe iniziare a chiamarli omicidi di Stato. 

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