L’Italia è il fanalino di coda in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,1% a fronte del 2,2% dell’Ue a 27) e al penultimo posto, seguita solo dalla Grecia, per percentuale di spesa in istruzione (l’8,5% a fronte del 10,9% dell’Ue a 27). E’ quanto emerge da uno studio pubblicato da Eurostat che compara la spesa pubblica nel 2011 tra i vari stati dell’Unione nel quale si sottolinea come il nostro Paese invece si piazzi sopra la media europea per quanto riguarda la percentuale di spesa pubblica destinata alla protezione sociale anche se questa resta sbilanciata sulle pensioni piuttosto che su casa, disabilità e politiche attive per il lavoro.
In Ue la spesa pubblica è stata pari al 49,1% del pil nel 2011. E’ diminuita per tutte le voci fuorchè i servizi generali, quella che include gli interessi sul debito. E proprio in questa ultima voce l’Italia segna un 17,3% sulla spesa complessiva (13,5% l’Ue a 27), dietro solo alla Grecia (24,6%), a Cipro (24,1%) e l’Ungheria (17,5%). Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat sulla spesa consolidata delle amministrazioni pubbliche in Italia nel 2011 questa rappresentava il 50,7% del pil.
Secondo l’Istituto di statistica europeo nel complesso protezione sociale e sanità concentrano quasi il 55% del totale della spesa pubblica (in Italia 41% per la protezione sociale, 14,7% per la sanità). Se si guarda al Pil la spesa per sanità e protezione sociale in Europa è rimasta stabile al 25% del Pil dal 2002 al 2008 per poi saltare al 27,6% nel 2009 (a causa del calo del reddito). Nel 2011 era al 26,9% in calo rispetto al 27,4% del 2010. In Italia la percentuale sul Pil della spesa per sanità e protezione sociale è passata dal 23,9% del 2002 al 29,9% con un aumento di quattro punti percentuali. La percentuale è inferiore alla Francia (32,2%) ma superiore alla Germania (26,6%). Per la sola protezione sociale l’Italia ha speso nel 2011 il 20,5% del Pil (19,6% la media Ue a 27, il 20,2% l’Ue a 17) pari a 5.322 euro per abitante. In Danimarca per la protezione sociale si spende il 25,2% del Pil pari, grazie a un pil pro capite più alto, a 10.892 euro per abitante. In Germania, sempre per la protezione sociale, si spende il 19,6% del Pil, pari a 6.215 euro per abitante. In Francia si spende il 23,9% del PIl con 7.306 euro per abitante.
Se invece si guarda solo alla cultura l’Italia con il suo 1,1% di spesa pubblica dedicata a questa voce è superata dalla Grecia (1,2%) e da tutti gli altri Paesi dell’Ue a 27 con la Germania all’1,8%, la Francia al 2,5% e il Regno Unito al 2,1%. Analizzando la percentuale rispetto al Pil l’Istat, sempre nelle sue tabelle sulla spesa delle amministrazioni pubbliche, sottolinea che la spesa per istruzione in percentuale sul Pil è diminuita passando dal 4,4% del 2010 al 4,2% nel 2011 mentre quella per la cultura si è quasi dimezzata passando dallo 0,8% del 2010 allo 0,5% del 2011.
I dati Eurostat costituiscono “uno stimolo a invertire la rotta” ma attenzione a “evitare una lettura fuorviante dei dati” fa sapere il ministero dell’Istruzione in una nota. Nell’economia della conoscenza e in un mondo dove a far la differenza saranno sempre più le competenze e la formazione del capitale umano, la spesa pubblica per l’istruzione purtroppo non è mai abbastanza, dice il Miur. I dati Eurostat “non sono quindi una novità e devono rappresentare un doveroso stimolo per le istituzioni e la politica ad invertire definitivamente la rotta”.
Il ministero invita però, allo stesso tempo, a leggere con attenzione i dati, tenendo conto di alcune caratteristiche strutturali del nostro Paese, in modo da evitare interpretazioni delle cifre “superficiali e fuorvianti”. “Anzitutto – precisa il Miur – la percentuale dell’8,5% è calcolata tenendo conto della spesa pubblica complessiva, comprese cioè anche le risorse assorbite dal pagamento degli interessi sul debito pubblico. Una spesa, questa, che esula dalle scelte di ogni governo e che riduce giocoforza le disponibilità economiche da destinare ad altri capitoli, compreso quello per l’istruzione. Sarebbe più opportuno dunque, e forse più indicativo, calcolare la percentuale di risorse investite nella scuola e nell’università al netto della spesa per gli interessi sul debito che, come emerge dallo stesso rapporto Eurostat, per l’Italia è di gran lunga superiore alla media Ue. Se escludessimo dal calcolo, quindi, gli interessi sul debito la percentuale salirebbe di quasi un punto percentuale, superando ampiamente il 9%, poco al di sotto della media Ue”.
Per quanto riguarda poi il rapporto tra la spesa sostenuta dal nostro Paese e le caratteristiche specifiche del sistema formativo italiano, il Miur ricorda che la spesa italiana per singolo studente è in linea, e in alcuni settori scolastici anche superiore, alla media dei Paesi Ocse. Secondo gli ultimi dati disponibili forniti dall’Ocse, per la scuola primaria l’Italia spende 8.669 dollari, rispetto a una media Ocse di 7.719. Per la secondaria la spesa per studente è di 9.112 dollari, rispetto alla media Ocse di 9.312, conclude.