Spesso l’arroganza della finanza internazionale si esprime al meglio attraverso i suoi supporter. Che, dopo averci messo quasi tutti con le pezze al sedere, ci dispensano ancora dei loro preziosi consigli. Non importa se sono proprio le loro teorie ad avere portato ambiente, sistema sociale, economia e occupazione al collasso. No, non basta. Dopo che i loro giochetti e la loro fede cieca nel sistema perverso che hanno contribuito a creare ci hanno portati sull’orlo del baratro, ci sciorinano quotidianamente le loro soluzioni. Non solo ignorando che quello che propongono non farebbe che aggravare la crisi, ma anche con modi che irriterebbero anche le anime più pie.
Teatro di questo atteggiamento supponente, oltre che i telegiornali, ieri sera è stato ancora una volta il programma televisivo Ballarò. Dopo Maurizio Pallante, invitato un paio di settimane fa e lasciato parlare due minuti di numero (mentre inquadrata c’era oltre tutto una signora della Bocconi – di cui ho scordato il nome – che annuiva con l’aria di chi sta guardando un bimbo che dice cose idiote), ieri è toccato a Vandana Shiva. Che, proprio come Pallante, si è comunque difesa egregiamente.
Ormai, se non sei un economista o un finanziere, sembra non ci si possa nemmeno permettere di pensare che questo sistema così com’è non funziona più (in Europa, almeno). Ci si deve rassegnare a sentire o leggere gli esperti di turno che dispensano consigli e giudizi a destra e a manca, proponendo da una parte austerità, che soffoca l’economia che è rimasta ancora in vita, dall’altra rilancio dei consumi, come se il debito non provenisse anche da quello, e come se i problemi legati alla sovra-produzione di merci non fossero già abbastanza (a partire da quello dei rifiuti).
Albert Einstein, nel 1934, in seguito alla famosa crisi economica degli anni precedenti disse: “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose”. Un concetto disarmante, nella sua semplicità, che però i cervelloni della finanza, appunto, non vogliono ascoltare. Il vero problema, oggi come allora, è infatti che la necessità di cambiare rotta non gli sfiora nemmeno la mente. Provate, ad esempio, a dire a un economista che non è possibile una crescita economica infinita su un pianeta dalle risorse finite: è come dire a un bambino che non esiste Babbo Natale. È’ un dato di fatto, ma lui non lo sa. E se iniziasse a capirlo, gli crollerebbero tutte le certezze.
Eppure fu proprio un economista, John Maynard Keynes, a svelare già molto tempo fa il principale problema che attanaglia i suoi colleghi odierni, ideologi che fingono di non seguire ideologie: “La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie”.