Un pentimento per amore. Carmine Venturino spiega così la sua scelta di collaborare e raccontare la verità sulla morte di Lea Garofalo, la testimone di giustizia, massacrata nel novembre del 2009 e bruciata “finché non rimase che cenere”. Venturino, ex fidanzato di Denise figlia di Lea, era stato condannato come tutti gli altri imputati il 30 marzo del 2012 scorso all’ergastolo.

“Ho fatto questa scelta per amore di Denise, perché sapesse come sono andate le cose nell’omicidio di sua madre, perché Denise occupa il primo posto nel mio cuore” ha detto in aula l’uomo al processo d’appello davanti ai giudici della corte d’Assise d’Appello di Milano. Nei mesi scorsi, Venturino aveva raccontato che la donna non venne sciolta nell’acido ma carbonizzata. Lo scorso luglio, a tre mesi di distanza dal verdetto di primo grado, aveva svelato nuovi particolari sul sequestro e sull’omicidio della vittima.

Oggi i giudici d’appello, accogliendo la richiesta del pm Marcello Tatangelo (che aveva sostenuto l’accusa anche in primo grado, ndr) e di alcuni difensori, hanno deciso di riaprire il dibattimento di secondo grado con l’esame in aula del pentito. “Per me oggi è un giorno difficile perché dovrò di nuovo accusare e accusarmi di aver ucciso la mamma di Denise che occupa il primo posto nel mio cuore e dovrò accusare persone con cui ho condiviso tre anni della mia vita”. Nella scorsa udienza Carlo Cosco, ex compagno di Lea, a oltre tre anni di distanza dall’omicidio, aveva confessato in aula di aver ucciso Lea. “Carlo Cosco è uno ‘ndranghetista – ha spiegato Venturino – ed ha sempre avuto il progetto di far sparire Lea”. Per questa vicenda“io ho perso Denise e sono molto provato”. Denise è parte civile nel processo contro il padre ed è sotto protezione da anni ed assiste all’udienza – nascosta – in un corridoio vicino all’aula. Nel processo di primo grado ha testimoniato e accusato gli assassini di sua madre.

I giudici, decidendo la riapertura del processo, hanno anche disposto una perizia sui profili genetici trovati sui resti trovati in un magazzino nel Monzese. La scorsa estate gli inquirenti e agli investigatori, dopo l’inizio della collaborazione di Venturino, hanno rintracciato alcuni resti della donna. I giudici hanno dato l’incarico ad un perito che dovrà discutere la sua relazione nell’udienza del prossimo 15 maggio. Il perito dovrà valutare “la compatibilità” tra i profili genetici trovati e quelli della figlia di Lea Garofalo, Denise. I giudici hanno anche deciso che vengano ascoltati nelle prossime udienze anche due consulenti medici che hanno effettuato accertamenti sui resti della donna, un ispettore che ha svolto le nuove indagini e Denise per riconsoca gli oggetti (alcuni monili) ritrovati accanto ai resti della mamma.

Il collaboratore ha raccontato in aula particolari raccapriccianti del delitto: “Mentre il corpo bruciava, spaccavamo le ossa con una pala. Le era entrata nella carne e lei aveva molti colpi in faccia, una parte della faccia era schiacciata”. Venturino ha raccontato del momento in cui vide, assieme a Rosario Curcio, un altro imputato, il cadavere di Lea in un appartamento dopo che la donna era stata uccisa da Carlo Cosco e dal fratello Vito. “Aveva dei colpi in faccia, i vestiti strappati sul petto e un laccio verde sul collo con cui era stata strangolata – ha spiegato -, c’era del sangue, aveva preso molti colpi in faccia, e la corda aveva lacerato la carne”. Lui e Curcio misero il corpo “in uno scatolone” e nei due giorni successivi in un magazzino nel monzese lo bruciarono e fecero sparire i resti.Ma non solo; Carlo Cosco, dopo avere ucciso Lea avrebbe avuto anche l’intenzione di ammazzare la loro figlia, Denise, perché dopo l’omicidio la giovane stava parlando con gli investigatori: “Se sono vere queste dichiarazioni che sta facendo, fate quello che dovete fare”.

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