Insabbiata. L’indagine della Procura di Roma sul pestaggio di stampo fascista al quale aveva assistito il figlio del sindaco di Roma, Gianni Alemanno nel 2009 – secondo l’accusa – è stata ostacolata dalla Polizia. O meglio dalle omissioni contestate oggi dalla Procura di Roma a due uomini dello Stato che hanno avuto un ruolo molto diverso ma che – secondo l’ipotesi del pm Barbara Zuin – avrebbero entrambi fatto sparire dalla scena del delitto l’allora quattordicenne Manfredi Alemanno.
Roberto Macellaro, il primo poliziotto, che accompagnava Manfredi il 2 giugno 2009 al di fuori dall’orario di servizio, avrebbe portato via il rampollo del sindaco sulla Mercedes di famiglia nel fuggi fuggi generale seguito al pestaggio ed è accusato di favoreggiamento e omessa denuncia. Il secondo poliziotto, Pietro Ronca, invece, è accusato di falso in atto pubblico perché durante le indagini che gli erano state affidate avrebbe falsificato il verbale sminuendo la posizione di Manfredi Alemanno, oggi 18enne. Il figlio del sindaco è stato interrogato in Procura (come i suoi cinque amici presenti quel giorno) e la sua posizione è ora all’esame della Procura del Tribunale dei Minori di Roma. Non è indagato ed è stato sentito come testimone ma con le garanzie previste per l’indagato di reato connesso. La Procura di Roma, anche se volesse, non potrebbe indagare il giovane né i suoi amici perché i fatti risalgono a quando erano tutti minorenni. La scelta spetta a Carlo Paolella, pm del Tribunale dei minori di Roma che non ha iscritto nessuno dei ragazzi e probabilmente non lo farà. Già nel 2010 la Procura dei minorenni, a differenza del pm Zuin, aveva ritenuto necessaria la denuncia della vittima del pestaggio per potere procedere. E il ragazzo picchiato quattro anni fa, oggi maggiorenne anche lui, non ha alcuna intenzione di denunciare gli ignoti autori del pestaggio.
L’aspetto più importante di questa storia comunque non è il comportamento dei minorenni ma quello dei grandi: i ragazzi maggiorenni che hanno picchiato, certo, ma anche i poliziotti che – per l’accusa – non hanno fatto tutto quello che potevano per aiutare il pm a scovare i responsabili. La storia del pestaggio è nota ai lettori del Fatto che ha rivelato l’episodio più di un anno fa. Il 2 giugno del 2009, festa della Repubblica, in un comprensorio sulla Camilluccia il figlio della giornalista del Messaggero, Marida Lombardo Pijola, per ironia della sorte famosa per avere scritto best seller sugli eccessi dell’adolescenza, insieme a un suo amico sta facendo un bagno nella piscina del condominio, chiuso da un cancello. La quiete viene disturbata da una comitiva composta da cinque maschi e quattro femmine, tutti intorno ai quattordici anni, che entra nel comprensorio e comincia a scambiarsi saluti e battute in voga nell’estrema destra. L’amico del padrone di casa si lamenta e intima ai ragazzini di smetterla. Uno degli amici di Manfredi fa presente che lui appartiene al Blocco Studentesco, l’organizzazione di estrema destra della quale poi Manfredi Alemanno negli anni a venire diverrà rappresentante nel suo liceo. Gli animi si alterano, il ragazzo più grande, secondo una testimone, minaccia il piccolo amico di Alemanno Jr. A questo punto le ricostruzioni divergono.
Questa è quella delle testimonianze ritenute più attendibili dalla Procura: il giovane di destra si gira e comincia ad armeggiare con il telefonino dicendo ai suoi compagni: “ora gliela facciamo pagare”. Dopo alcune telefonate, i ragazzini chiedono alle loro amiche di allontanarsi “perché succederà qualcosa” ed escono dal comprensorio. La tensione è così alta, racconta una testimone, che una delle ragazzine si mette a piangere. Poco dopo arriva un gruppo di 4-5 ragazzi correndo. Come fanno a entrare? Secondo alcune testimoni i ragazzini amici di Alemanno Jr tengono aperto il cancello e poi entrano al loro seguito. I grandi si avventano sul malcapitato amico del figlio della giornalista e lo riempiono di botte, usando anche un casco. Il suo volto sanguina per una ferita all’arcata sopraccigliare. Intanto i ragazzini osservano la scena.
E Manfredi Alemanno? Lui dice di essere scappato via subito sull’auto dell’amico di famiglia. Ma due testimoni lo smentiscono. Queste versioni che imbarazavano Manfredi Alemanno però tre anni fa non sono arrivata sul tavolo della pm Barbara Zuin. Solo dopo l’articolo del Fatto il pm ha riaperto l’indagine affidandola ad altri investigatori e facendo fuori la Polizia. Si è scoperto così che nel verbale le dichiarazioni che collocavano il figlio del sindaco di Roma all’interno del comprensorio nel quale è stato pestato un ragazzo il 2 giugno del 2009, sono sparite.
Questa è la scena madre del film di quella giornata per come è stata raccontata da una testimone risentita in Procura tre mesi fa. “Quel giorno del 2009, quando fui sentita per la prima volta dalla Polizia, avevo raccontato che Manfredi Alemanno era entrato insieme agli altri nel comprensorio ed era uscito con gli altri solo dopo l’aggressione, quando tutti siamo fuggiti. A un certo punto il poliziotto ha chiesto a mia mamma di uscire e sono rimasta da sola con lui. A quel punto il poliziotto mi ha chiesto più volte se fossi sicura che Manfredi era entrato nel comprensorio insieme agli aggressori. Io ripetevo di sì e lui continuava a ripetermi la stessa domanda finché io ho capito che lui voleva che rispondessi che non ero sicura. Così ho fatto e lui mi ha detto: ‘brava, hai capito tutto!’”.
Il Fatto ha pubblicato un anno fa la lettera della giornalista Marida Lombardo Pijola al sindaco di Roma Gianni Alemanno. Il 5 giugno del 2009, scriveva: “Eppure, sia come madre che come professionista impegnata da anni a denunciare e documentare l’impennata di violenza, di bullismo, di prepotenza che sta contaminando le nuove generazioni, sono profondamente amareggiata anche da questo atteggiamento, che rafforza l’inclinazione di alcuni al prepotere e alla prevaricazione, e quasi li legittima, in un regime di silenzio contiguo all’omertà. Sono certa che la Digos, troverà quei criminali… Davanti a una vicenda così grave, e così piena di implicazioni sociali, io, oltre a informarla, com’era mio dovere fare, le chiedo di allearsi con noi. Vorrei che inducesse suo figlio a denunciare gli aggressori. O almeno, se non li conoscesse direttamente, a incoraggiare i suoi amici a fare i nomi. Il nostro scopo non è quello di farli punire penalmente. (…). Ci preme altro. Ci preme che questa brutta vicenda possa trasformarsi per tutti i protagonisti in una buona lezione di vita contro la violenza, la prepotenza, la vigliaccheria, l’omertà. Sono certa che in questa battaglia di civiltà e di formazione a beneficio dei nostri figli e della loro generazione sarà accanto a noi”. Non è andata così.
di Marco Lillo e Ferruccio Sansa
da il Fatto Quotidiano del 12 aprile 2013
Cronaca
Roma, così la polizia ha coperto il figlio del sindaco Alemanno
Indagati i due agenti che nel 2009 aiutarono il ragazzo a evitare conseguenze imbarazzanti dopo un pestaggio a cui aveva assistito. Uno gli faceva anche da autista "nel tempo libero"
Insabbiata. L’indagine della Procura di Roma sul pestaggio di stampo fascista al quale aveva assistito il figlio del sindaco di Roma, Gianni Alemanno nel 2009 – secondo l’accusa – è stata ostacolata dalla Polizia. O meglio dalle omissioni contestate oggi dalla Procura di Roma a due uomini dello Stato che hanno avuto un ruolo molto diverso ma che – secondo l’ipotesi del pm Barbara Zuin – avrebbero entrambi fatto sparire dalla scena del delitto l’allora quattordicenne Manfredi Alemanno.
Roberto Macellaro, il primo poliziotto, che accompagnava Manfredi il 2 giugno 2009 al di fuori dall’orario di servizio, avrebbe portato via il rampollo del sindaco sulla Mercedes di famiglia nel fuggi fuggi generale seguito al pestaggio ed è accusato di favoreggiamento e omessa denuncia. Il secondo poliziotto, Pietro Ronca, invece, è accusato di falso in atto pubblico perché durante le indagini che gli erano state affidate avrebbe falsificato il verbale sminuendo la posizione di Manfredi Alemanno, oggi 18enne. Il figlio del sindaco è stato interrogato in Procura (come i suoi cinque amici presenti quel giorno) e la sua posizione è ora all’esame della Procura del Tribunale dei Minori di Roma. Non è indagato ed è stato sentito come testimone ma con le garanzie previste per l’indagato di reato connesso. La Procura di Roma, anche se volesse, non potrebbe indagare il giovane né i suoi amici perché i fatti risalgono a quando erano tutti minorenni. La scelta spetta a Carlo Paolella, pm del Tribunale dei minori di Roma che non ha iscritto nessuno dei ragazzi e probabilmente non lo farà. Già nel 2010 la Procura dei minorenni, a differenza del pm Zuin, aveva ritenuto necessaria la denuncia della vittima del pestaggio per potere procedere. E il ragazzo picchiato quattro anni fa, oggi maggiorenne anche lui, non ha alcuna intenzione di denunciare gli ignoti autori del pestaggio.
L’aspetto più importante di questa storia comunque non è il comportamento dei minorenni ma quello dei grandi: i ragazzi maggiorenni che hanno picchiato, certo, ma anche i poliziotti che – per l’accusa – non hanno fatto tutto quello che potevano per aiutare il pm a scovare i responsabili. La storia del pestaggio è nota ai lettori del Fatto che ha rivelato l’episodio più di un anno fa. Il 2 giugno del 2009, festa della Repubblica, in un comprensorio sulla Camilluccia il figlio della giornalista del Messaggero, Marida Lombardo Pijola, per ironia della sorte famosa per avere scritto best seller sugli eccessi dell’adolescenza, insieme a un suo amico sta facendo un bagno nella piscina del condominio, chiuso da un cancello. La quiete viene disturbata da una comitiva composta da cinque maschi e quattro femmine, tutti intorno ai quattordici anni, che entra nel comprensorio e comincia a scambiarsi saluti e battute in voga nell’estrema destra. L’amico del padrone di casa si lamenta e intima ai ragazzini di smetterla. Uno degli amici di Manfredi fa presente che lui appartiene al Blocco Studentesco, l’organizzazione di estrema destra della quale poi Manfredi Alemanno negli anni a venire diverrà rappresentante nel suo liceo. Gli animi si alterano, il ragazzo più grande, secondo una testimone, minaccia il piccolo amico di Alemanno Jr. A questo punto le ricostruzioni divergono.
Questa è quella delle testimonianze ritenute più attendibili dalla Procura: il giovane di destra si gira e comincia ad armeggiare con il telefonino dicendo ai suoi compagni: “ora gliela facciamo pagare”. Dopo alcune telefonate, i ragazzini chiedono alle loro amiche di allontanarsi “perché succederà qualcosa” ed escono dal comprensorio. La tensione è così alta, racconta una testimone, che una delle ragazzine si mette a piangere. Poco dopo arriva un gruppo di 4-5 ragazzi correndo. Come fanno a entrare? Secondo alcune testimoni i ragazzini amici di Alemanno Jr tengono aperto il cancello e poi entrano al loro seguito. I grandi si avventano sul malcapitato amico del figlio della giornalista e lo riempiono di botte, usando anche un casco. Il suo volto sanguina per una ferita all’arcata sopraccigliare. Intanto i ragazzini osservano la scena.
E Manfredi Alemanno? Lui dice di essere scappato via subito sull’auto dell’amico di famiglia. Ma due testimoni lo smentiscono. Queste versioni che imbarazavano Manfredi Alemanno però tre anni fa non sono arrivata sul tavolo della pm Barbara Zuin. Solo dopo l’articolo del Fatto il pm ha riaperto l’indagine affidandola ad altri investigatori e facendo fuori la Polizia. Si è scoperto così che nel verbale le dichiarazioni che collocavano il figlio del sindaco di Roma all’interno del comprensorio nel quale è stato pestato un ragazzo il 2 giugno del 2009, sono sparite.
Questa è la scena madre del film di quella giornata per come è stata raccontata da una testimone risentita in Procura tre mesi fa. “Quel giorno del 2009, quando fui sentita per la prima volta dalla Polizia, avevo raccontato che Manfredi Alemanno era entrato insieme agli altri nel comprensorio ed era uscito con gli altri solo dopo l’aggressione, quando tutti siamo fuggiti. A un certo punto il poliziotto ha chiesto a mia mamma di uscire e sono rimasta da sola con lui. A quel punto il poliziotto mi ha chiesto più volte se fossi sicura che Manfredi era entrato nel comprensorio insieme agli aggressori. Io ripetevo di sì e lui continuava a ripetermi la stessa domanda finché io ho capito che lui voleva che rispondessi che non ero sicura. Così ho fatto e lui mi ha detto: ‘brava, hai capito tutto!’”.
Il Fatto ha pubblicato un anno fa la lettera della giornalista Marida Lombardo Pijola al sindaco di Roma Gianni Alemanno. Il 5 giugno del 2009, scriveva: “Eppure, sia come madre che come professionista impegnata da anni a denunciare e documentare l’impennata di violenza, di bullismo, di prepotenza che sta contaminando le nuove generazioni, sono profondamente amareggiata anche da questo atteggiamento, che rafforza l’inclinazione di alcuni al prepotere e alla prevaricazione, e quasi li legittima, in un regime di silenzio contiguo all’omertà. Sono certa che la Digos, troverà quei criminali… Davanti a una vicenda così grave, e così piena di implicazioni sociali, io, oltre a informarla, com’era mio dovere fare, le chiedo di allearsi con noi. Vorrei che inducesse suo figlio a denunciare gli aggressori. O almeno, se non li conoscesse direttamente, a incoraggiare i suoi amici a fare i nomi. Il nostro scopo non è quello di farli punire penalmente. (…). Ci preme altro. Ci preme che questa brutta vicenda possa trasformarsi per tutti i protagonisti in una buona lezione di vita contro la violenza, la prepotenza, la vigliaccheria, l’omertà. Sono certa che in questa battaglia di civiltà e di formazione a beneficio dei nostri figli e della loro generazione sarà accanto a noi”. Non è andata così.
di Marco Lillo e Ferruccio Sansa
da il Fatto Quotidiano del 12 aprile 2013
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Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha invitato gli Stati Uniti a fornire "una garanzia di sicurezza" in Ucraina, affermando che è "l'unico modo" per dissuadere la Russia dall'attaccare nuovamente il Paese.
"Sono pronto a prendere in considerazione un impegno delle forze britanniche sul terreno insieme ad altri se si raggiungerà un accordo di pace duraturo", ha dichiarato il leader, dopo un incontro di emergenza a Parigi con i suoi omologhi europei. “Ma deve esserci il sostegno degli Stati Uniti, perché una garanzia di sicurezza da parte degli Stati Uniti è l’unico modo per scoraggiare efficacemente la Russia dall’attaccare nuovamente l’Ucraina”, ha aggiunto.
Milano, 17 feb. (Adnkronos) - Luca Tomassini, ex rappresentante legale della Vetrya, che si era aggiudicata l'incarico per lo sviluppo dei servizi digital delle Olimpiadi e Paraolimpiadi Milano-Cortina 2026, si è presentato in procura a Milano e si è riservato di tornare per spiegare alcuni aspetti dell'inchiesta per turbativa d'asta e corruzione. Accompagnato dal difensore Giordano Balossi, l'indagato ha interloquito con i titolari dell'indagine - l'aggiunta Tiziana Siciliano e coi pm Francesco Cajani e Alessandro Gobbis - e si è riservato su un possibile interrogatorio più approfondito. Confronto atteso a breve e comunque prima della scadenza del termine delle indagini che è previsto per metà marzo.
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Almaty, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Sette persone sono rimaste intrappolate in una miniera di rame nel Kazakistan centrale a causa di un crollo. Lo hanno reso noto le autorità locali, aggiungendo che sono in corso le operazioni di soccorso. Secondo quanto riportato dai media kazaki, l'incidente è avvenuto a una profondità di circa 640 metri.
"A causa della rottura dei cavi, al momento non c'è comunicazione con i lavoratori", ha affermato in una nota il gestore della miniera, Kazakhmys. Non è stato specificato quando è avvenuto l'incidente, ma si è verificato presso lo stabilimento "Zhomart" dell'azienda, inaugurato nel 2006 nella regione centrale di Ulytau.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Giorgia Meloni ha lasciato il vertice di Parigi senza alcuna dichiarazione all'uscita. Per il momento non c'è una valutazione in chiaro da parte della presidente del Consiglio. Ma a Roma, a Montecitorio, le opposizioni incalzano e chiedono alla premier di venire in aula a chiarire in Parlamento cosa sta accadendo e quale è la linea dell'Italia nello sconquasso provocato dalle mosse dell'amministrazione Trump in Europa e sul fronte del conflitto ucraino. Pd, Movimento 5 Stelle e Avs si fanno portatori della richiesta. I 5 Stelle chiedono comunicazioni in aula con un voto.
"La presidente Meloni deve venire in aula a riferire su quanto sta accadendo. Su quella -dice Nicola Fratoianni- che potrebbe diventare la road map per una pace, per un cessate il fuoco, per un accordo in Ucraina. Si annuncia a Riad l'incontro tra la delegazione americana e quella russa. Un incontro in cui l'Europa non esiste e penso che questo sia un problema di cui il Parlamento, tutto il Parlamento, dovrebbe discutere. Non c'è tempo da perdere".
A nome del Pd parla il responsabile Esteri, Peppe Provenzano: "Giorgia Meloni deve venire in Aula, perché siamo alla fine del mondo di ieri", esordisce. "Gli alleati che ci avevano aiutato a liberarci dall'abisso del nazifascismo, oggi spalleggiano gli estremisti di destra, nostalgici del nazismo, in Germania. L'idea di escludere l'Europa dal negoziato per la pace in Ucraina è un attacco diretto al nostro continente". Di fronte a tutto questo, incalzano i dem, la premier "deve dirci da che parte vuole stare". Provenzano richiama "l'improvvida solitaria presenza della premier alla cerimonia giuramento di Trump", modo per sottolineare un "rapporto privilegiato" con la nuova amministrazione. Ma "in pochi giorni si è aperta una voragine nell'Atlantico" E "l'Italia deve scegliere da che parte stare. Il governo deve dirci da che parte vuole stare. Se partecipare al rilancio di un necessario protagonismo dell'Europa o continuare a stare dalla parte di chi vuole picconare la nostra costruzione comune".
E se il Pd conferma la linea del supporto a Kiev insieme alla richiesta di uno sforzo diplomatico europeo, i 5 Stelle rivendicano di sostenere "da tempo che andava trovata una soluzione diplomatica". Fino "a pochi mesi fa la premier Meloni diceva che con Putin era inutile parlare. Mi chiedo se ora direbbe lo stesso anche a Trump. Vogliamo delle comunicazioni del governo sulle novità della situazione ucraina, e le vogliamo con voto. Vorremmo sentire almeno per una volta Giorgia Meloni. La aspettiamo''.
Sul punto è poi tornato anche il capogruppo M5S, Riccardo Ricciardi, quando tutta l'aula si è alzata per una standing ovation in solidarietà al presidente Sergio Mattarella per gli attacchi subiti da parte del governo russo. Ricciardi nel dare solidarietà sottolinea però che il passaggio fatto dal capo dello Stato a Marsiglia, "che sicuramente è stato male interpretato, è un passaggio che noi non avremmo fatto perché dà la leva alla narrazione che da più due anni si sta facendo in Italia e in Europa, che giustifica il continuo invio di armi per continuare una guerra che ora si rendono tutti conto dovrà arrivare a una trattativa".
A stretto giro la replica in aula del capogruppo Fdi, Galeazzo Bignami: "Sono maldestri i tentativi di qualcuno di aprire, anche su questo, una distinzione che non ha ragione d’essere perché ci sarà tempo e modo di poter discutere se la trattiva di pace” sull’Ucraina “si aprirà grazie magari all’invio delle brigate del reddito di cittadinanza o grazie al fatto che qualcuno è stato al fianco di Kiev, grazie alla postura di questo governo, in continuità anche rispetto a quando voi avevate votato a favore dell’invio di armi".
Riad, 7 feb. (Adnkronos/Afp) - La delegazione russa, tra cui il ministro degli Esteri Sergei Lavrov e il consigliere del Cremlino Yuri Ushakov, è arrivata in Arabia Saudita per colloqui di alto livello con funzionari statunitensi. Lo ha riferito la televisione di Stato russa.
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