Entra nel vivo la battaglia per la conquista del Campidoglio. E mentre nei sondaggi monta il Movimento 5 stelle, in Comune si salva il salvabile. Fra cui anche il consiglio di Acea, società dell’acqua e dell’energia elettrica di cui la capitale possiede il 51% accanto al gruppo francese dell’energia Gdf-Suez e al costruttore editore Francesco Gaetano Caltagirone. Secondo quanto riferisce La Repubblica dello scorso 24 marzo, l’assemblea del 15 aprile (il 22 aprile in seconda convocazione) nominerà il direttore generale Paolo Gallo nuovo amministratore delegato della multiutility e rinnoverà il consiglio di amministrazione ricalcando grosso modo l’attuale composizione con qualche new entry, il manager francese Diane D’Arras, l’avvocato Antonella Illuminati e l’ex parlamentare Pdl, Maurizio Leo.
Il punto però è che Gallo è uomo molto vicino ai soci privati di Acea. Aspetto che non è sfuggito alle organizzazioni sindacali Filctem, Flaei, e Uilcem che hanno stilato un duro comunicato in cui si evidenzia che la nomina del manager ha “l’aggravante di sbilanciare lo stesso con nomine che metterebbero in minoranza il socio pubblico a vantaggio del socio privato che acquisirebbe così la maggioranza con 5 membri in Cda contro i 4 in capo al Comune di Roma”. In pratica, la decisione della giunta guidata da Gianni Alemanno di rinnovare il consiglio di Acea a meno di due mesi dalle elezioni municipali capitoline consegna il controllo di fatto dell’azienda ai soci privati “senza minimamente ipotizzare una prorogatio dell’attuale mandato che consentirebbe alla futura giunta, sia presieduta dall’attuale sindaco o da altri, di decidere le future strategie industriali del gruppo Acea, è l’ultimo atto di un’amministrazione che ha fatto di tutto in questi 5 anni per indebolire la nostra azienda”.
E in effetti a guardare i conti di Acea le cose non quadrano. Diversamente da quanto si legge nella lettera agli azionisti dove il presidente, Giancarlo Cremonesi, parla di un’azienda, a livello consolidato, in crescita con un fatturato in crescita a 3,6 miliardi e una marginalità in miglioramento del 6% a 695 milioni, il bilancio parla di una società con ricavi in miglioramento, ma con redditività in calo del 7,1 per cento. Non solo: il risultato operativo è in flessione nel 2012 dell’8,6% e l’utile netto scende dell’8,8 per cento. Insomma lo scenario, sia passato che futuro, non è proprio dei migliori.
“Preoccupa il fatto che l’azienda sia sempre più isolata. Abbiamo anche venduto quel po’ di attività di produzione nel fotovoltaico che poteva rappresentare un nuovo tassello nello sviluppo dell’azienda – spiegano dai sindacati – In più gli investimenti, in discesa, si concentrano su comparto idrico e ambiente”. Già perché, oltre al business dell’acqua, Acea, esattamente come il gruppo di Francesco Gaetano Caltagirone, ha tutta l’intenzione di crescere nei termovalorizzatori.
Per questo Acea fa gola al costruttore romano che amerebbe anche poter entrare a gamba tesa nel grande business dei lavori necessari alla rete idrica nazionale per ridurre le perdite di acqua lungo gli spostamenti (64 miliardi di investimenti necessari in trent’anni secondo il Book Blue 2011 dell’Associazione nazionale Autorità e enti di Ambito). Ma Acea non è in vendita. E comunque ci sarebbe da discutere il nodo prezzo e la spartizione da fare con gli altri soci privati francesi. Insomma, la partita è delicata ed è solo ora cominciata. La variabile politica pesa. Ma intanto la società diventa più debole e, per forza di cose, costa meno come testimonia il trend di Borsa dove il titolo Acea ha perso il 61% in 5 anni.