Oltre 670 tra docenti, ricercatrici, studentesse, studenti e attiviste hanno firmato la petizione contro la chiusura del corso in Studi di genere all’Università della Calabria tenuto da Laura Corradi, la docente che ha denunciato su ilfattoquotidiano.it la cancellazione della sua cattedra. Tra loro anche Vandana Shiva, Joan Scott ed esponenti dei Gender studies del Nord Europa come Nina Lykke e Rosemarie Buikema.
Le firme verranno portate al rettore dell’Università della Calabria Giovanni Latorre il 22 aprile. “Faremo anche un sit-in – spiega Elma, studentessa alla triennale in Studi sociali e sociologia che con altre compagne si sta impegnando per contrastare la decisione dell’Ateneo – perché è inammissibile che venga chiuso un corso così importante e formativo, che riesce a fornire strumenti indispensabili per le future operatrici nei servizi sociali. Inoltre è l’unico corso in cui si parla approfonditamente di argomenti delicati, soprattutto in un territorio come il nostro, come l’omofobia, la lesbofobia, la transessualità e la transfobia”.
Il rettore Giovanni Latorre (contro il quale è appena partito un mail bombing non sembra turbato dall’iniziativa. Alla domanda se intenda rivedere la sua decisione, ha risposto: “La nostra Università è tra le poche che offre almeno un corso d’insegnamento in Studi di genere nel corso di laurea in Scienze economiche e sociali. Tale corso può essere seguito anche da studenti di altri corsi di laurea in regime di ‘mutuazione’”. Il corso a cui fa riferimento è quello tenuto da Giovanna Vingelli. “Certo, chi vorrà potrà inserirlo come corso a scelta – dice Elma – ma con il decreto Profumo diventerà molto difficile e inoltre ha un’impostazione economica diversa da quella del corso tenuto da Laura Corradi”.
Secondo Francesca Brezzi, presidente del Gender interuniversity observatory e docente all’Università degli studi Roma Tre, il caso di Corradi dimostra che “l’Italia è indietro di 30 anni rispetto agli altri Paesi europei e anglosassoni per quanto riguarda la presenza dei corsi di genere nell’università. Tagliare anche solo uno dei corsi rimasti è un fatto gravissimo”. Alla base di questo trend c’è una grande ignoranza. “A Roma Tre abbiamo attivato da 4 anni un corso trasversale per tutti gli studenti, intitolato ‘Genere, costituzione e professioni’. Abbiamo dovuto lottare per farlo approvare del Senato accademico perché venisse riconosciuto valido per i crediti. Durante le discussioni ci dicevano: e allora adesso apriamo anche un corso di ricamo”.
Per Vittoria Tola, responsabile dell’Udi (Unione donne Italia) nazionale, “la vicenda che vede coinvolta Corradi è gravissima. I corsi in Studi di genere dovrebbero essere resi obbligatori dalle elementari perché sono uno dei modi necessari per combattere la discriminazione delle donne sul lavoro, la loro marginalizzazione in politica, il loro sovraccarico all’interno della famiglia e il modo in cui vengono considerate a livello sociale. Non sono qualcosa che riguarda le donne e basta, ma la società intera. Per questo motivo appena ci sarà un governo ci rivolgeremo non soltanto al Miur (ministro dell’Istruzione, università e ricerca) ma anche alla commissione competente”.
Nel frattempo un’interrogazione ai Miur è stata presentata dalla deputata di Sel Celeste Costantino per chiedere che venga verificato se la cancellazione del corso è stata fatta nel rispetto della legge e che si intervenga per sostenere la diffusione degli studi di genere rendendoli obbligatori. E sul sito di Femminismo a sud si discute di altri corsi in Studi di genere cancellati. Tra i nomi che spuntano ci sono la Bicocca di Milano, la Sapienza di Roma, l’Università di Torino e di Catania.