Quest’anno la Giornata della Terra (22 aprile) ha coinciso, almeno nel nord dell’Italia, con le fioriture in grave ritardo degli alberi, richiamando la nostra attenzione sul fatto che, per stare meglio e godere della vita, occorre anche tener conto del rapporto tra l’evoluzione del clima e i nostri comportamenti in difesa o disprezzo di terra, aria ed acqua.
A proposito, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) afferma che “nel 2012, pur con una debole economia mondiale ed il prezzo del petrolio alle stelle, le emissioni di anidride carbonica hanno raggiunto livelli record. Il modo in cui produciamo ed utilizziamo l’energia minacciano la nostra sicurezza, la salute, la prosperità economica e l’ambiente” (Energy Technology Perspectives 2013).
Nonostante i fiumi di parole sulla green economy, dobbiamo registrare che, se nel 1990 per ogni tonnellata equivalente di petrolio (Tep) di energia venivano emesse 2,39 t CO2, nel 2010 le emissioni erano scese ad appena 2,37 tonnellate. Eppure, ci sono notizie allettanti e positive, come gli investimenti in energie pulite ormai economicamente convenienti (“da oggi al 2050, ogni dollaro investito in più nelle rinnovabili può generare un risparmio di combustibile pari a tre dollari” (Energy Technology Perspectives 2012), la crescita delle vendite di vetture ibride ed elettriche che hanno raggiunto quota 1,2 milioni (+43% nel 2012). E ancora, la decisione di 46 Paesi di eliminare gradualmente entro il 2016 le lampade ad incandescenza e l’utilizzo delle tecnologie per una migliore integrazione e flessibilità dei sistemi, come le smart grid, per cui sono stati investiti 13,9 miliardi dollari nel 2012.
Il fatto è che nel mondo continua a crescere il numero di centrali a carbone (6% nell’ultimo biennio). Perfino nei Paesi più “green” del vecchio continente, si pensi alla Spagna e soprattutto alla Germania, aumenta la quota di elettricità prodotta dalle centrali a carbone, sia perché il suo prezzo è sempre più basso, sia perché eolico e solare fotovoltaico in quote ancora marginali riducono l’uso delle centrali a gas, ma non di quelle a carbone.
E’ proprio l’influente lobby d’affari del carbone che ha convinto una settimana fa (il 16 aprile) il Parlamento Europeo a votare per rifiutare la proposta della Commissione di rilanciare il sistema di scambio di emissioni (ETS), in modo da far pagare chi inquina, bloccando sul mercato i certificati a bassissimo prezzo disponibili nei prossimi anni. I certificati di emissione di anidride carbonica possono essere scambiati, con un pagamento da parte degli inquinatori in eccesso e, al contrario, un risarcimento monetario di chi riduce le emissioni.
Dal lancio del sistema nel 2005, il prezzo per tonnellata è passato da 30 euro a meno di 5, e chiaramente questo ribasso non spinge gli industriali a investire per ridurre le emissioni. Congelando una parte dei “permessi per inquinare”, la Commissione sperava di far risalire il prezzo delle quote fino a 10-12 euro. Ma dopo il rifiuto del Parlamento e la riapertura dell’asta per altre quote di emissione di CO2, il prezzo per tonnellata di gas serra è crollato. Si è così attenuata l’arma principale dell’Ue nella lotta contro il riscaldamento globale, costituita dall’obiettivo di un’effettiva riduzione almeno del 20% delle emissioni di gas serra da conseguirsi anche con forme marcate di incentivo-disincentivo. Obiettivo oggi vergognosamente monetizzabile con due soldi, in base alla decisione dell’europarlamento, approvata di stretta misura (334 contro, 315 favorevoli e 63 astenuti), ma con il plauso di Confindustria. Gli europarlamentari italiani hanno formato una “larga intesa” a favore degli inquinatori, costituita da PdL, Lega, Montiani e parte del Pd.
Analizzando l’episodio e rimarcandone le valenze, è triste dover osservare come l’abitudine a declinare la rappresentanza e le aspettative dei propri elettori non sia malcostume rilevabile solo a livello nazionale. Se la democrazia progressivamente si eclissa e gli interessi si rendono visibili solo agli eletti e rimangono invisibili agli elettori e all’opinione pubblica, l’inciucio viene esecrato a parole, ma confermato negli atti. Non sarebbe male verificare i singoli comportamenti di voto a Strasburgo in un fatidico 16 aprile, stranamente omesso tra le notizie degne di nota e invece assolutamente indicativo di un’ipocrita e nefasta celebrazione da parte della politica della “Giornata della Terra” con una settimana di anticipo.