“No all’inciucio, siamo più dei 101. #rigenerazione Pd”. Uno striscione che non lascia spazio a dubbi quello apparso al corteo per le celebrazioni del 25 aprile a Milano. Dietro, un Pippo Civati che, sorridendo, indica il numero, “101”. E in quel dito puntato c’è tutto il distacco del deputato Pd, che invoca un rinnovamento all’interno del proprio partito, colpevole, a suo dire, di aver preso una deriva sbagliata. I centouno chiamati in causa sono i “franchi tiratori“, i parlamentari che hanno affondato la candidatura di Romani Prodi al Quirinale e che la direzione nazionale di un Pd a pezzi non ha saputo individuare.
‘C’è un partito da ricostruire’ è l’invocazione dello striscione e la prima richiesta è sottolineata all’inizio: “No all‘inciucio“. Quello che si sta definendo, secondo Civati, è “un governo politicissimo, basato sulla collaborazione Pd-Pdl, senza scadenza, non a caso presieduto dall’ultimo dirigente del Pd che non si è dimesso (perché eletto dall’assemblea, ma non solo)”. Uno sbaglio, dunque, che dal punto di vista del deputato fa emergere che “le cose stanno peggiorando“.
La grancassa del suo dissenso verso le scelte del proprio partito è stato il blog personale. Proprio dal web Pippo Civati ha risposto a distanza a Dario Franceschini sulla possibilità di espulsioni dal partito in caso di mancato voto di fiducia al governo Letta. Franceschini ha poi smentito, ma Civati ha replicato con un post: “Dario Franceschini dice che chi non voterà la fiducia al governo sarà cacciato dal Pd. Gli consiglierei di rileggersi lo Statuto e di considerare che la sua democraticissima posizione azzera il dibattito. E fa pensare che la votazione di Napolitano comprendesse anche il seguito, com’era per altro ovvio (soprattutto a me)”.
Una posizione che è diventata sempre più netta, fino al gelo totale. ”Chi non vota la fiducia è fuori dal partito? Questi sono toni fuori di testa più che fuori dal partito. Chi non è d’accordo dovrebbe essere tenuto in grande considerazione, non sbattuto fuori dal partito. L’unità del Pd si ritrova solo se c’è una discussione. In questo momento sono molto contrario a quello che leggo sui giornali, non capisco perché dovrei uscire dal Pd solo perché ho delle grosse perplessità. Oggi è il 25 aprile, certi atteggiamenti un po’ duri da uomini di potere li capisco ancor meno”, è la replica ai microfoni di Tgcom24 dal corteo milanese.
Perché non votare il governo Letta? “Perché il dialogo tra Pd e Pdl – spiega- si sta già logorando ed è impensabile pensare che duri questo governo. Vorrei poterne parlare con i miei colleghi del Pd, abbiamo già perso Sel, quindi dovremmo essere un po’ più chiari in termini di durata e di scelte da compiere. Abbiamo distrutto il Pd, forse è più giusto dire lasciamo il passo a qualcun altro. Qualcuno di nuovo del Pd o qualcun altro se dovessimo perdere le elezioni.”
“Auspico che questo governo si dia tre obiettivi immediati che sono legge elettorale da fare subito, presentando già una bozza, fare una riflessione sulla situazione economica e dare un segnale sui costi della politica. Tre cose che si possono fare, tutto il resto lo vedo complicato. In questo momento non voto la fiducia, se poi sarò coinvolto in un dibattito spiegherò in quella sede le mie opinioni”, conclude Civati.