La Bolognina che pianse non c’è più, la passione di quel 12 novembre 1989, quando il Partito comunista diventò Pds, è stata sostituita con la rabbia per una cosa che oggi stentano a riconoscere anche quelli che la domenica mattina arrivavano in sezione e sentivano parlare di Ungheria, Berlinguer, Unione sovietica. “Qui eravamo stalinisti, oggi siamo tornati democristiani”, dice Graziella, quella che conta più del segretario perché ha le chiavi e alle 17 apre il cancello. Nelle stanze dove Achille Occhetto strappò col passato ora c’è un negozio di parrucchieri gestito da cinesi. È lo stesso quartiere, lo stesso circolo. La stessa città, Bologna, grassa e fu comunista, diventata con gli anni di un arancione sbiadito, a luci intermittenti. Già tanto è stato oltrepassare la stagione di Sergio Cofferati, il sindaco che viveva a Genova, e poi quella di Flavio Delbono, il professore bruciato dalle gite d’amore con l’amante, pagate con i soldi pubblici. Già tanto sopravvivere a questo. Per l’appuntamento che probabilmente verrà ricordato come la Bolognina due, con un mezzo passato e un futuro che presenta nebbia e ostacoli, incertezze ricatti, arrivano centinaia di persone. Giovani, vecchi, ragazze e uomini , operai e impiegati. Accomunati da quella paura di diventare ex di un qualcosa che forse “è morto il 24 e 25 febbraio” o che nella peggiore delle ipotesi non è mai nato.
“Questa dirigenza ne deve andare”, dice Matteo Lepore, che in Comune a Bologna è assessore delegato al coordinamento della giunta. È stato bersaniano e oggi è in quella comune molto ampia che si chiama Reset, parola che si rincorre durante tutto il giorno. Reset con l’attuale dirigenza del partito, reset con Bersani, Bindi, Franceschini e Letta. “Siamo per mandare a casa quelli che hanno portato il partito a questo disastro”. Arriva anche Giorgio Prodi, figlio di Romano che in questi giorni, a chi lo incontra per strada, dice di essere “l’ex presidente”. Giorgio, invece, l’ha presa con meno filosofia. “Il Pd che si riunisce qui oggi è diverso da quello che ha pugnalato mio padre”, spiega raggiungendo l’incontro. I giornalisti incalzano: il professore conosce i nomi dei 101 traditori. “A me non ha detto nulla, però mi sembra molto chiaro il sistema nel quale questo è maturato. Mi auguro che qui dentro si parli di quello che accadrà e non di quello che è accaduto. Altrimenti il partito è morto. Il paese è morto”. Le facce rabbiose disegnano comunque un malato sul lettino di ospedale in prognosi riservata. Questo è il Pd della Bolognina. Non ci sono altre declinazioni possibili. È tenuto in vita dalle macchine. E dalla passione. Dietro l’angolo nessuno sa cosa ci sia. A Bologna almeno una definizione cercano di darsela. E non sono niente di quello che succede oggi. Sono ex bersaniani, renziani, ex giovani turchi, ma tutti accomunati da una speranza che arriverà solo dopo averci dormito sopra. “Partiamo dall’azzerare tutti, poi vediamo”, dice Lepore. Più duro Benedetto Zacchiroli, renziano ed ex-candidato alle primarie per il sindaco di Bologna senza successo: “La generazione che ha guidato il partito si è autorottamata. Siamo stati sconfitti dai dirigenti ai quali ci eravamo affidati. A noi servirebbe un governo che risolva i problemi degli esodati e non che fa le leggine per Berlusconi. Questo chiedeva il Paese. Ma non siamo stati sconfitti dalla candidatura di Marini al Quirinale e dalla trappola per Prodi: abbiamo perso alle elezioni. È questa la presa di coscienza che serve oggi per cercare uno spiraglio”.
C’è da camminare in una nebbia a quaranta all’ora. “Ma chi pensava di venir qui a illuminarci coi falò delle tessere ha sbagliato. Noi ci siamo, ma per riprenderci il partito e aprire una nuova stagione”. È quello che dicono durante gli interventi aperti. E poi parlano di Marini, dell’omicidio Prodi, di Letta. Inizio alle sei del pomeriggio e poi avanti fino a notte fonda. Lo spirito è quello di chi ha perso un appuntamento con la storia e cerca di non alzare le mani e farsi impallinare. Sicuramente c’è tanta gente. Manca l’odore del fumo di sigarette, mancano le bandiere rosse. Ma non c’è nessuna voglia di rimanere sospesi a metà. Riprendiamoci tutto, soprattutto il futuro. “Non vogliamo morire arancioni o sbiaditi. Non vogliamo morire democristiani”.
Emilia Romagna - Cronaca
La rabbia della base Pd alla Bolognina: “Eravamo comunisti, ora siamo la Dc”
Militanti in rivolta nella sede della svolta Pci/Pds di Occhetto. Presenti consiglieri comunali renziani e bersaniani, gli assessori comunali di Bologna, Lepore e Rizzo Nervo. Giorgio Prodi: "Mio padre pugnalato"
La Bolognina che pianse non c’è più, la passione di quel 12 novembre 1989, quando il Partito comunista diventò Pds, è stata sostituita con la rabbia per una cosa che oggi stentano a riconoscere anche quelli che la domenica mattina arrivavano in sezione e sentivano parlare di Ungheria, Berlinguer, Unione sovietica. “Qui eravamo stalinisti, oggi siamo tornati democristiani”, dice Graziella, quella che conta più del segretario perché ha le chiavi e alle 17 apre il cancello. Nelle stanze dove Achille Occhetto strappò col passato ora c’è un negozio di parrucchieri gestito da cinesi. È lo stesso quartiere, lo stesso circolo. La stessa città, Bologna, grassa e fu comunista, diventata con gli anni di un arancione sbiadito, a luci intermittenti. Già tanto è stato oltrepassare la stagione di Sergio Cofferati, il sindaco che viveva a Genova, e poi quella di Flavio Delbono, il professore bruciato dalle gite d’amore con l’amante, pagate con i soldi pubblici. Già tanto sopravvivere a questo. Per l’appuntamento che probabilmente verrà ricordato come la Bolognina due, con un mezzo passato e un futuro che presenta nebbia e ostacoli, incertezze ricatti, arrivano centinaia di persone. Giovani, vecchi, ragazze e uomini , operai e impiegati. Accomunati da quella paura di diventare ex di un qualcosa che forse “è morto il 24 e 25 febbraio” o che nella peggiore delle ipotesi non è mai nato.
“Questa dirigenza ne deve andare”, dice Matteo Lepore, che in Comune a Bologna è assessore delegato al coordinamento della giunta. È stato bersaniano e oggi è in quella comune molto ampia che si chiama Reset, parola che si rincorre durante tutto il giorno. Reset con l’attuale dirigenza del partito, reset con Bersani, Bindi, Franceschini e Letta. “Siamo per mandare a casa quelli che hanno portato il partito a questo disastro”. Arriva anche Giorgio Prodi, figlio di Romano che in questi giorni, a chi lo incontra per strada, dice di essere “l’ex presidente”. Giorgio, invece, l’ha presa con meno filosofia. “Il Pd che si riunisce qui oggi è diverso da quello che ha pugnalato mio padre”, spiega raggiungendo l’incontro. I giornalisti incalzano: il professore conosce i nomi dei 101 traditori. “A me non ha detto nulla, però mi sembra molto chiaro il sistema nel quale questo è maturato. Mi auguro che qui dentro si parli di quello che accadrà e non di quello che è accaduto. Altrimenti il partito è morto. Il paese è morto”. Le facce rabbiose disegnano comunque un malato sul lettino di ospedale in prognosi riservata. Questo è il Pd della Bolognina. Non ci sono altre declinazioni possibili. È tenuto in vita dalle macchine. E dalla passione. Dietro l’angolo nessuno sa cosa ci sia. A Bologna almeno una definizione cercano di darsela. E non sono niente di quello che succede oggi. Sono ex bersaniani, renziani, ex giovani turchi, ma tutti accomunati da una speranza che arriverà solo dopo averci dormito sopra. “Partiamo dall’azzerare tutti, poi vediamo”, dice Lepore. Più duro Benedetto Zacchiroli, renziano ed ex-candidato alle primarie per il sindaco di Bologna senza successo: “La generazione che ha guidato il partito si è autorottamata. Siamo stati sconfitti dai dirigenti ai quali ci eravamo affidati. A noi servirebbe un governo che risolva i problemi degli esodati e non che fa le leggine per Berlusconi. Questo chiedeva il Paese. Ma non siamo stati sconfitti dalla candidatura di Marini al Quirinale e dalla trappola per Prodi: abbiamo perso alle elezioni. È questa la presa di coscienza che serve oggi per cercare uno spiraglio”.
C’è da camminare in una nebbia a quaranta all’ora. “Ma chi pensava di venir qui a illuminarci coi falò delle tessere ha sbagliato. Noi ci siamo, ma per riprenderci il partito e aprire una nuova stagione”. È quello che dicono durante gli interventi aperti. E poi parlano di Marini, dell’omicidio Prodi, di Letta. Inizio alle sei del pomeriggio e poi avanti fino a notte fonda. Lo spirito è quello di chi ha perso un appuntamento con la storia e cerca di non alzare le mani e farsi impallinare. Sicuramente c’è tanta gente. Manca l’odore del fumo di sigarette, mancano le bandiere rosse. Ma non c’è nessuna voglia di rimanere sospesi a metà. Riprendiamoci tutto, soprattutto il futuro. “Non vogliamo morire arancioni o sbiaditi. Non vogliamo morire democristiani”.
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Trump e Putin decidono le condizioni per la tregua in Ucraina, ma l’Europa frena di già. Scenari post guerra | Fantasmi elettorali a Kiev
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Si dice che la Schlein con la sua posizione si sia isolata. Per nulla. Si è distinta. Ha lanciato un monito, non si è piegata a meccanismi automatici e obbligati di adesione. Non so che sviluppi ci saranno nel Pd. Un chiarimento serve. Così come serve tra le forze socialiste europee. Indicare una prospettiva di deterrenza comune e i nuovi assetti del mondo, con un nuovo spirito di pace e collaborazione, è la sola possibilità per i Socialisti di tornare a fare il proprio mestiere nelle condizioni date. Non è pacifismo senza nerbo, piuttosto combattimento senza incertezze e conformismi per i propri valori”. Così Goffredo Bettini, dirigente nazionale del Pd, in un'intervista all’'Unità'.
Tel Aviv, 19 mar. (Adnkronos/Afp) - L'esercito israeliano ha lanciato un nuovo appello alla popolazione di Gaza affinché evacuino le "zone pericolose di combattimento" nel nord e nel sud del territorio palestinese, all'indomani degli intensi bombardamenti che, secondo Hamas, hanno causato la morte di oltre 400 persone.
L'ordine di evacuazione si applica alle regioni di Beit Hanoun (nord), Khirbet Khuza'a, Abasan al-Kabira e Abasan al-Jadida (sud), dove l'esercito "ha iniziato le sue operazioni contro gruppi terroristici", ha scritto su X il portavoce di lingua araba dell'esercito, Avichay Adraee, invitando i residenti a "spostarsi in rifugi nella parte occidentale di Gaza City e nella città di Khan Younis".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Spero che la telefonata di Trump e Putin faccia fare dei passi in avanti, non credo che sia stata la telefonata che qualcuno ha raccontato di pace universale, ancora non ci siamo, ci saranno a Gedda alla fine della settimana ancora dei colloqui di pace, mi pare di capire stavolta anche con la Russia, l'altra volta c'erano stati tra America e Ucraina. Io penso che ci voglia grande prudenza e un doppio binario: da un lato bisogna prepararsi ad un periodo di turbolenze che vedremo anche sui mercati, vale a dire ci saranno delle difficoltà per le famiglie, purtroppo". Così Matteo Renzi, ospite di 'Non stop news' su Rtl 102.5.
"L'unico modo per risolverla è una grande iniziativa diplomatica e su questo -ribadisce l'ex premier- per me l'Europa ha dormito. In questi tre anni, lo dico dal 24 febbraio 2022, l'Europa doveva inviare un inviato speciale per fare la pace tra Russia e Ucraina, avevo proposto il nome di Tony Blair, ma questa è un po' la maledizione di quelli che dicono le cose giuste troppo presto. Noi lo abbiamo detto tre anni fa, non l'abbiamo fatto e adesso l'accordo di pace si fa a Gedda e non si fa a Bruxelles o a Roma, questo è un po' un limite del nostro Governo e della nostra Europa".
Tel Aviv, 19 mar. (Adnkronos/Afp) - Durante la notte, l'esercito israeliano ha condotto un'ondata di attacchi contro obiettivi di Hamas e della Jihad islamica palestinese nella Striscia di Gaza. L'aeronautica militare israeliana afferma di aver colpito circa 20 obiettivi, tra cui un sito militare di Hamas nel nord di Gaza, dove ha individuato preparativi per attacchi missilistici contro Israele.
Inoltre, la Marina israeliana ha preso di mira diverse imbarcazioni appartenenti alla Jihad islamica palestinese al largo della costa di Gaza, che secondo l'Idf venivano utilizzate per attività terroristiche.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Oggi è San Giuseppe. Buon onomastico a chi porta il suo nome e auguri a tutti i papà! Una preghiera per quelli che continuano a vivere nei nostri ricordi e nel nostro cuore". Lo scrive su X il presidente della Camera, Lorenzo Fontana.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Un augurio speciale a tutti quei papà che passano la notte insonni, cullando i propri neonati. A quelli che ogni mattina vestono i bambini con cura e li accompagnano all’asilo o a scuola. A quelli che si fanno in quattro per sostenere i propri figli e la propria famiglia. A quelli che li proteggono da lassù. A chi vive la dolcezza di una vita di coppia e a chi, con il suo amore, riesce a dare tutto anche da solo. A quelli che, ormai con i figli adulti, non smettono mai di preoccuparsi per loro. Grazie a ognuno di voi. Perché papà e mamma sono e rimarranno sempre le parole più belle del mondo. Buona Festa del papà". Lo scrive su Facebook il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Bruxelles, 19 mar. (Adnkronos) - Il riarmo dell'Unione Europea non è contro gli Usa: "ciò di cui l'industria della difesa ha bisogno ora è di contratti a lungo termine da parte degli Stati membri e noi stiamo incoraggiando i Paesi Ue a lavorare a stretto contatto e ad avere una prospettiva di lungo termine con gli investimenti". Lo dice al Corriere della Sera Henna Virkkunen, uno dei vicepresidenti esecutivi della Commissione Europea, che ha guidato la preparazione di Safe, lo strumento che mette a disposizione dei Paesi Ue 150 miliardi di euro di prestiti per la difesa.
"La politica di difesa è di competenza degli Stati membri, ma sappiamo che viviamo in un mondo molto pericoloso e la situazione della nostra sicurezza è molto allarmante - spiega Virkkunen - Il ruolo dell'Unione europea è quindi quello di occuparsi della parte finanziaria, di come sostenere il finanziamento e di come rafforzare la nostra industria della difesa e la sua competitività. E poi c'è un terzo elemento: la mobilità militare, per la quale disponiamo di fondi oggi troppo esigui, ma sappiamo che gli Stati membri ne hanno bisogno. Gli Stati membri che si trovano più a Est vedono le minacce in modo molto più drammatico rispetto a quelli che non sono così vicini al confine orientale".
"Le tecnologie Usa sono spesso le migliori al mondo in molti settori - conclude - Nella nostra strategia per l'industria della difesa, abbiamo già detto che nel 2030 dovremmo avere una base industriale tale da poter acquistare il 50% dai mercati europei. In futuro continueremo ad acquistare anche fuori dell'Ue. Questo non è contro gli Usa. Non siamo ancora arrivati a questo punto: stiamo proponendo lo strumento sicuro di prestito, la clausola nazionale di salvaguardia, la flessibilità per i fondi di coesione. Ma abbiamo promesso di esaminare anche altri strumenti e stiamo anche preparando il nuovo bilancio Ue".