Un tempo vigeva la regola “occhio per occhio dente per dente”: se le donne subivano violenze, le famiglie regolavano il problema tramite la vendetta, con il delitto d’onore o con matrimoni riparatori, o forzati. Modalità gestite dagli uomini di famiglia a cui era delegato il mondo delle relazioni esterne, pubbliche. Il buon nome, insomma. Come succede ancora in alcuni paesi considerati retrogradi, anche se in Italia, dove lavora Pangea, solo nell’81 è stato abolito il delitto d’onore.
Per evitare invece la violenza in casa la questione era più difficile, complessa e piena di espedienti. Per le figlie si era addirittura dovuto ricorrere al lenzuolo macchiato di sangue dopo la prima notte di matrimonio, per provare che nessuno aveva usato violenza salvando l’onorabilità della famiglia. Ma una volta contratto il vincolo sacro per le mogli il silenzio era d’ordine, “non si lavano i panni sporchi in piazza” e poi “tra moglie e marito non mettere il dito”.
Oggi che sembra che pratiche odiose provenienti dal passato sono finite, e si riconosce che non tutti gli uomini sono violentatori o maniaci vestiti del solo impermeabile beige, le persone benpensanti affermano con disinvoltura che la violenza fa parte della modernità, perché la donna si è emancipata. Praticamente con tutta questa smania di indipendenza, autodeterminazione e gran sbandierare diritti se le va un po’ a cercare!
Il che, onestamente, è come vedere la pagliuzza e non la trave nell’occhio. La violenza sulle donne è strutturale e sistemica nella storia dell’umanità, ce la lascia in eredità in qualsiasi latitudine, cultura, e con qualunque giustificazione religiosa o ideologica. E passa nelle storie simboliche senza mai essere nominata, basti pensare al “ratto delle sabine” su cui si fondò Roma, o a Lucia Mondello nei “Promessi Sposi”, lei, mi dice sempre Vittoria Tola, non portava la minigonna ma era già vittima di stalking di Don Rodrigo.
Sta a noi cambiare il corso della storia, a trovare nuovi modelli e simboli, noi, uomini e donne e tutti i diversi altri generi, insieme. Come nel ’66 Franca Viola, siciliana, fu la prima a rifiutare il matrimonio riparatore dopo la violenza subita.
Ma oggi, a cinquant’anni da quel fatto, ancora in Italia la sensazione è che i diritti delle donne rispetto a quelli degli uomini sono un po’ meno diritti, a dimostrarlo le disparità che si affrontano tutti i giorni nei diversi ambiti della vita, e che si ingigantiscono quando si parla di violenza sulle donne.
Eppure non vige più la regola occhio per occhio dente per dente, lo Stato moderno è garante dei nostri diritti “uguali per tutti”, e si frappone tra gli individui nella gestione della violenza, anche quella domestica sulle donne. Infatti, lo Stato mette a disposizione attraverso il lavoro dei ministeri e degli enti pubblici servizi e non solo in caso di violenza sulle donne: le forze dell’ordine, (interni), i pronti soccorsi e i servizi sanitari, (sanità), la magistratura, i tribunali per i minori, quelli civili e penali (giustizia), i servizi sociali, etc.
Ma se si osservano gli ultimi casi di violenze e omicidi di donne sembra che quanto sia messo a disposizione dallo Stato non percepisca il problema della violenza sulle donne nella sua dovuta gravità. Molte erano andate dalle forze dell’ordine prima di essere uccise o acidificate, molte avevano segnalato e denunciato l’ex marito o compagno che le intimidiva o avevano subito violenza. Chissà con quanta paura e angoscia ci erano andate dalle “autorità preposte”, con quanta speranza di trovare almeno nello Stato un punto di appoggio, una protezione!
Forse hanno raccontato che “l’altro” non rispettava le loro scelte, che le minacciava, caso mai anche davanti ai figli, come Michela di Acilia! Forse avevano già raccontato che “lui” era violento, che picchiava, urlava contro, le spaventava e non sapevano come gestirlo, come far rispettare la legittima volontà di non volersi più relazionare a “lui”, di voler essere rispettate nel proprio corpo, mente e sentimenti….troppo difficile da capire questo?
Donne che volevano solo vivere in pace, che adesso in Pace ci vivono veramente, al cimitero, dopo aver subito violenza due volte: da chi sosteneva di amarle, e da chi avrebbe dovuto proteggere il loro diritto alla vita.
Ma chi è lo Stato in questi casi? Semplici uomini e donne che, forse come milioni di italiani,sono anche loro permeati da luoghi comuni sulle donne e sulla violenza, o sono uomini e donne all’altezza di rispondere come ci si aspetterebbe da uno Stato?
Uomini e donne che sottovalutano il rischio perché queste donne sono sempre un po’ esagerate nei racconti, che pensano o suggeriscono che è meglio sopportare, non denunciare e far restare la lite in famiglia, sopportare perché ci sono bambini di mezzo, cambiare una scheda telefonica perché qualcuno smetta di perseguitarti?
O uomini e donne che pensano e sanno che la violenza è sempre un rischio, è una violazione del primo e inalienabile diritto alla vita e quindi alla libertà di scegliere nel rispetto dell’altro!
Le storie di violenza domestica vengono forse ancora tropo spesso percepite come affari di cuori. Fragilità delle donne che vogliono amare ed essere amate e uomini forti e duri che possono fare a meno dell’amore tanto da ucciderti perché “ti amo più di me stesso”. O forse la violenza in ogni sua forma è ancora percepita come questione piuttosto relativa alla morale invece che diritto della persona a essere inviolata?
Forse è un micidiale mix di tutto ed è per questo che non è ancora al centro dell’attenzione da parte delle politiche dello Stato. Ma quando questi “affari di cuori” diventano colpi di pistola, o accoltellamento fatali? Quando si è “ferite a morte”, come scrive la Dandini, lo Stato dove è? E dove era quando poteva prevenire, proteggere e garantire il diritto alla vita di quelle donne? Diritto fondamentale e inalienabile.
Rappresentanti dello Stato in particolare Ministri, dove siete? Non c’è bisogno di nuove leggi o di budget speciali per indirizzare chiaramente le attività all’interno dei vostri ministeri, per porre fine al perpetrarsi della violenza! Voi oggi e il prossimo governo domani! È responsabilità dello Stato garantire a tutti eguali diritti, e quindi eguale prevenzione e protezione dalla violenza anche alle donne, non si può più stare ad aspettare, il diritto alla vita è di tutti!
Simona Lanzoni
Vice presidente di Fondazione Pangea Onlus
Donne di Fatto - 26 Aprile 2013
Violenza sulle donne, dov’è lo Stato?
Un tempo vigeva la regola “occhio per occhio dente per dente”: se le donne subivano violenze, le famiglie regolavano il problema tramite la vendetta, con il delitto d’onore o con matrimoni riparatori, o forzati. Modalità gestite dagli uomini di famiglia a cui era delegato il mondo delle relazioni esterne, pubbliche. Il buon nome, insomma. Come succede ancora in alcuni paesi considerati retrogradi, anche se in Italia, dove lavora Pangea, solo nell’81 è stato abolito il delitto d’onore.
Per evitare invece la violenza in casa la questione era più difficile, complessa e piena di espedienti. Per le figlie si era addirittura dovuto ricorrere al lenzuolo macchiato di sangue dopo la prima notte di matrimonio, per provare che nessuno aveva usato violenza salvando l’onorabilità della famiglia. Ma una volta contratto il vincolo sacro per le mogli il silenzio era d’ordine, “non si lavano i panni sporchi in piazza” e poi “tra moglie e marito non mettere il dito”.
Oggi che sembra che pratiche odiose provenienti dal passato sono finite, e si riconosce che non tutti gli uomini sono violentatori o maniaci vestiti del solo impermeabile beige, le persone benpensanti affermano con disinvoltura che la violenza fa parte della modernità, perché la donna si è emancipata. Praticamente con tutta questa smania di indipendenza, autodeterminazione e gran sbandierare diritti se le va un po’ a cercare!
Il che, onestamente, è come vedere la pagliuzza e non la trave nell’occhio. La violenza sulle donne è strutturale e sistemica nella storia dell’umanità, ce la lascia in eredità in qualsiasi latitudine, cultura, e con qualunque giustificazione religiosa o ideologica. E passa nelle storie simboliche senza mai essere nominata, basti pensare al “ratto delle sabine” su cui si fondò Roma, o a Lucia Mondello nei “Promessi Sposi”, lei, mi dice sempre Vittoria Tola, non portava la minigonna ma era già vittima di stalking di Don Rodrigo.
Sta a noi cambiare il corso della storia, a trovare nuovi modelli e simboli, noi, uomini e donne e tutti i diversi altri generi, insieme. Come nel ’66 Franca Viola, siciliana, fu la prima a rifiutare il matrimonio riparatore dopo la violenza subita.
Ma oggi, a cinquant’anni da quel fatto, ancora in Italia la sensazione è che i diritti delle donne rispetto a quelli degli uomini sono un po’ meno diritti, a dimostrarlo le disparità che si affrontano tutti i giorni nei diversi ambiti della vita, e che si ingigantiscono quando si parla di violenza sulle donne.
Eppure non vige più la regola occhio per occhio dente per dente, lo Stato moderno è garante dei nostri diritti “uguali per tutti”, e si frappone tra gli individui nella gestione della violenza, anche quella domestica sulle donne. Infatti, lo Stato mette a disposizione attraverso il lavoro dei ministeri e degli enti pubblici servizi e non solo in caso di violenza sulle donne: le forze dell’ordine, (interni), i pronti soccorsi e i servizi sanitari, (sanità), la magistratura, i tribunali per i minori, quelli civili e penali (giustizia), i servizi sociali, etc.
Ma se si osservano gli ultimi casi di violenze e omicidi di donne sembra che quanto sia messo a disposizione dallo Stato non percepisca il problema della violenza sulle donne nella sua dovuta gravità. Molte erano andate dalle forze dell’ordine prima di essere uccise o acidificate, molte avevano segnalato e denunciato l’ex marito o compagno che le intimidiva o avevano subito violenza. Chissà con quanta paura e angoscia ci erano andate dalle “autorità preposte”, con quanta speranza di trovare almeno nello Stato un punto di appoggio, una protezione!
Forse hanno raccontato che “l’altro” non rispettava le loro scelte, che le minacciava, caso mai anche davanti ai figli, come Michela di Acilia! Forse avevano già raccontato che “lui” era violento, che picchiava, urlava contro, le spaventava e non sapevano come gestirlo, come far rispettare la legittima volontà di non volersi più relazionare a “lui”, di voler essere rispettate nel proprio corpo, mente e sentimenti….troppo difficile da capire questo?
Donne che volevano solo vivere in pace, che adesso in Pace ci vivono veramente, al cimitero, dopo aver subito violenza due volte: da chi sosteneva di amarle, e da chi avrebbe dovuto proteggere il loro diritto alla vita.
Ma chi è lo Stato in questi casi? Semplici uomini e donne che, forse come milioni di italiani,sono anche loro permeati da luoghi comuni sulle donne e sulla violenza, o sono uomini e donne all’altezza di rispondere come ci si aspetterebbe da uno Stato?
Uomini e donne che sottovalutano il rischio perché queste donne sono sempre un po’ esagerate nei racconti, che pensano o suggeriscono che è meglio sopportare, non denunciare e far restare la lite in famiglia, sopportare perché ci sono bambini di mezzo, cambiare una scheda telefonica perché qualcuno smetta di perseguitarti?
O uomini e donne che pensano e sanno che la violenza è sempre un rischio, è una violazione del primo e inalienabile diritto alla vita e quindi alla libertà di scegliere nel rispetto dell’altro!
Le storie di violenza domestica vengono forse ancora tropo spesso percepite come affari di cuori. Fragilità delle donne che vogliono amare ed essere amate e uomini forti e duri che possono fare a meno dell’amore tanto da ucciderti perché “ti amo più di me stesso”. O forse la violenza in ogni sua forma è ancora percepita come questione piuttosto relativa alla morale invece che diritto della persona a essere inviolata?
Forse è un micidiale mix di tutto ed è per questo che non è ancora al centro dell’attenzione da parte delle politiche dello Stato. Ma quando questi “affari di cuori” diventano colpi di pistola, o accoltellamento fatali? Quando si è “ferite a morte”, come scrive la Dandini, lo Stato dove è? E dove era quando poteva prevenire, proteggere e garantire il diritto alla vita di quelle donne? Diritto fondamentale e inalienabile.
Rappresentanti dello Stato in particolare Ministri, dove siete? Non c’è bisogno di nuove leggi o di budget speciali per indirizzare chiaramente le attività all’interno dei vostri ministeri, per porre fine al perpetrarsi della violenza! Voi oggi e il prossimo governo domani! È responsabilità dello Stato garantire a tutti eguali diritti, e quindi eguale prevenzione e protezione dalla violenza anche alle donne, non si può più stare ad aspettare, il diritto alla vita è di tutti!
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Il Papa “ha riposato bene”. “Dimissioni? Sono speculazioni”. Le condizioni mediche: “Non è fuori pericolo, il vero rischio è la sepsi”
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Nessun tumore al cervello e nessuna infezione da polmonite batterica, come erroneamente riportato dalla Direzione sanitaria del Mar Rosso. Mattia è morto per un’emorragia causata da un aneurisma cerebrale e si esclude con certezza la presenza di altre patologie concomitanti. Questo quanto emerge dopo l'esame effettuato dall'Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine". Così l'avvocato Maria Virginia Maccari, che assiste i familiari di Mattia Cossettini, morto a 9 anni mentre si trovava in vacanza a Marsa Alam.
"Mattia era felicissimo della vacanza e fino a quella tragica escursione in barca non aveva manifestato alcun sintomo, nemmeno un raffreddore. Tanti sorrisi fino all’ultimo momento, allegro come tutti lo conoscevano, ma durante l’escursione in barca non c’è stata nessuna possibilità di chiamare o di ricevere i soccorsi. Secondo i genitori vi è stata sicuramente una sottovalutazione del quadro clinico iniziale; c’è poi stato un errore di refertazione da parte dei medici dell’ospedale generale governativo di Marsa Alam, che hanno interpretato la Tc senza intervenire poi su Mattia per l’assenza di attrezzature, tenuto solamente in osservazione mentre i sanitari stimavamo le più svariate patologie, dal diabete alla broncopolmonite, citando addirittura il Covid come causa di un’ossigenazione bassa quando invece Mattia non aveva neanche la tosse", spiega.
"Rimasto invece su una lettiga di ospedale, con il cuscino della camera del resort, mentre i genitori tentavano invano un trasferimento presso un altro ospedale. La famiglia sta ancora approfondendo gli aspetti relativi all’incidenza di una corretta e tempestiva diagnosi, ma quello che emerge è la necessità di sensibilizzare il Governo egiziano per favorire protocolli nella gestione delle emergenze sanitarie nella zona del mar Rosso. Il primo ospedale attrezzato è situato a circa tre ore di auto e - sottolinea - non sono disponibili mezzi di trasporto rapidi per raggiungerlo. Probabilmente sarebbe sufficiente un piccolo contributo economico da parte delle numerosissime strutture alberghiere per garantire un servizio sanitario adeguato, oppure realizzare un eliporto per trasferire i pazienti gravi, raggiungendo un luogo idoneo. Si stima la presenza di circa quindici milioni di italiani in Egitto ogni anno, di cui un terzo circa nella zona del Mar Rosso".
"Nonostante tutte le immersioni subacquee effettuate in zona, anche una 'semplice' embolia polmonare diventerebbe critica a causa dell’assenza nelle vicinanze di una camera iperbarica. In alcune situazioni potrebbe fare la differenza anche la refertazione a distanza, facilmente possibile con l’utilizzo della telemedicina e nel caso di Mattia si sarebbe molto probabilmente evitata l'errata interpretazione delle immagini della Tc, fatto che ha di certo avuto un peso psicologico importante sui genitori. Non è chiaro se il tempo perso, dai primi sintomi interpretati in modo superficiale dai medici, all’incapacità di intervenire in modo attivo presso l’ospedale di Marsa Alam, potessero cambiare l’esito della vicenda. È però evidente come, qualsiasi necessità sanitaria improvvisa, che possa essere clinicamente complessa ma che nel nostro contesto sociale risulti gestibile, le possibilità di sopravvivenza in una zona così turistica e famosa siano sorprendentemente scarse. I genitori di Mattia, Marco e Alessandra, si augurano che la morte di loro figlio possa servire ad avviare questo adeguamento sanitario in Egitto per il bene dí tutti gli altri turisti italiani, non consapevoli della situazione fatiscente che potrebbero scoprire appena varcate le mura dei lussuosi resort", conclude.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - Gli ostaggi israeliani Eliya Cohen, Omer Shem Tov e Omer Wenkert sono stati trasferiti alla Croce Rossa Internazionale dopo essere saliti sul palco a Nuseirat, nel centro di Gaza, prima del rilascio da parte di Hamas.
Roma, 22 feb. (Adnkronos Salute) - "In Italia sono sempre più giovani medici attratti dalla ginecologia oncologica: questa specializzazione conta bravi chirurghi intorno ai 45 anni, in Italia sono circa 50, tra cui molte donne. E loro saranno tra i protagonisti domani del simposio 'Innovation in Gyn Onc', appuntamento voluto dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia all’interno di Esgo", European Gynaecological Oncology Congress, in corso fino a domenica a Roma (Hotel dei Congressi all’Eur). Così all’Adnkronos Salute Vito Trojano, presidente di Sigo alla vigilia del meeting all’interno del Congresso Esgo 2025, un'esperienza formativa con oltre 50 sessioni scientifiche che in questa tre giorni di lavori presentano gli ultimi sviluppi medici e scientifici nella ricerca, nel trattamento e nella cura dei tumori ginecologici, tenuti da esperti di fama mondiale.
"Sarà una giornata molto importante perché non solo è un connubio fra la Società europea di ginecologia oncologica e la Sigo – spiega Trojano – ma perché dedicata alle nuove generazioni. Obiettivo: poter fare in modo che la Ginecologia oncologica sia sempre più attrattiva e di interesse per i giovani che aspirano a fare i medici".
Tra i temi al centro del simposio, nuove proposte per la vaccinazione e lo screening del cancro cervicale, prevenzione del cancro ovarico oltre la chirurgia, medicina di precisione in oncologia ginecologica, novità dalla biopsia liquida, algoritmi terapeutici nel carcinoma ovarico di prima linea, efficacia e sopravvivenza a lungo termine con gli inibitori di Parp. E ancora: la salute digitale in oncologia ginecologica, telechirurgia, telesonografia, teleconsulenza e Hipec (chemioterapia ipertermica intraperitoneale) in oncologia ginecologica. "Ampio spazio sarà dato ovviamente alle nuove terapie mediche, alle tecniche chirurgiche e all’Intelligenza artificiale con cui i futuri chirurghi si addestrano e si formano", conclude Trojano.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - A Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, verranno rilasciati tre ostaggi (Omer Shem Tov, Eliya Cohen e Omer Wenkert) rapiti il 7 ottobre, anziché quattro come si pensava in precedenza. Il quarto ostaggio, Hisham al-Sayed, rapito nel 2015, verrà liberato in un altro luogo e senza una cerimonia pubblica. I veicoli della Croce Rossa sono presenti a Nuseirat, ma sembra che ci potrebbe essere ritardo nella consegna.