Andrea Bonomi incassa la prima, grande, sconfitta alla Bpm. I dipendenti-azionisti della Banca popolare di Milano hanno bocciato la proposta del presidente dell’istituto, su cui il consiglio di gestione puntava anche per raggiungere un altro traguardo molto discusso: trasformare la banca in società per azioni. Una mossa tanto cara a Bonomi, ma invisa ai soci-dipendenti che perderebbero lo storico controllo sull’istituto.
La maggioranza degli azionisti ha alzato la mano per votare contro il punto cinque all’ordine del giorno dell’assemblea, ovvero l’introduzione del voto elettronico a distanza alle assemblee, perché – come hanno detto alcuni soci – “non rappresenta il modo corretto di rappresentare il volere dei soci” e “metterebbe in discussione la regolarità del voto, danneggiando dipendenti e clienti”.
“E’ un primo, chiaro, responsabile segnale ai vertici di Bpm da parte delle lavoratrici, dei lavoratori, dei pensionati e della società civile milanese e lombarda”, hanno dichiarato Lando Maria Sileoni, segretario generale della FABI, e Giuseppe Gallo, segretario generale della FIBA Cisl. “Esprime, inoltre, il rifiuto di fare di Bpm Spa la testa di ponte in grado di mettere a rischio il futuro delle banche popolari cooperative e di aprire brecce profonde nella stabilità del sistema bancario italiano”.
Non è d’accordo il presidente Bonomi, che in conferenza stampa ha detto di non sentire l’esito del voto “come uno schiaffo”, spiegando che “nessuno ha mai detto che la discontinuità al cambiamento sia una cosa facile”. Il presidente non ha invece dato alcuna risposta ai giornalisti che chiedevano quale sarà l’impatto del voto sul progetto di trasformare la banca in Spa. Lo stesso Bonomi aveva dato il via all’incontro dicendo che “hanno previsto un’assemblea calda”. E così è stato.
I soci hanno criticato anche gli stipendi dei manager dell’istituto. “La nuova direzione non ha fatto sacrifici di alcun tipo per il proprio reddito mentre altre banche hanno tagliati i compensi”, ha detto un socio, “continuando a incassare stipendi da favola”. Un altro azionista ha invece ricordato che il consigliere delegato Piero Montani “ha incassato 1 milione di euro più premi, il doppio del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il triplo del numero uno della Bce Mario Draghi, che invece si sono ridotti i compensi”.
Rispondendo agli interventi dei soci, Montani ha precisato che “gli stipendi dei dirigenti attuali non sono superiori a quelli dei precedenti”. E, per quanto riguarda i premi, “non mi risulta che nessun bonus sia stato dato ai dirigenti perché nessuno lo ha chiesto considerando l’anno negativo”. Il consigliere delegato ha quindi sostenuto la linea del presidente Bonomi riguardo la trasformazione della Bpm in società per azioni. “Credo che bisognerebbe estendere a tutti i soci la partecipazione”, ha detto, “perché la tecnologia permette ora di fare cose che prima non erano realizzabili”.
E anche Bonomi rimane sulla sua posizione, spingendo per la trasformazione della società in Spa, perché “siamo in una situazione difficilissima che non può continuare”. Il presidente ha quindi chiesto “sforzi da parte di chi in passato ha governato questa banca”, dichiarando che “siamo una banca fragile come cooperativa, che ha avuto momenti difficili in questi 150 anni” e che “quando si rompe qualcosa rimetterlo insieme non è facile”.