Ennesima notte di trattative e mattinata di incontri. Poi, nel primo pomeriggio, il colloquio con Giorgio Napolitano. Giornata cruciale per il premier incaricato Enrico Letta e per il suo governo che sta per nascere. Decisivo, soprattutto, il faccia a faccia mattutino di oltre due ore con Berlusconi e la delegazione Pdl, al termine del quale il vicesegretario del Pd ha visto avvicinarsi il traguardo. Il taglio del nastro finale, poi, potrebbe arrivare dopo l’incontro al Colle con il Capo dello Stato, a cui Letta ha presentato una bozza della sua squadra e cercato di sciogliere i nodi Economia e Giustizia, quelli cruciali per il via libera al governo. In tal senso, il Cavaliere ha ostentato ottimismo: “Sono fiducioso, penso che giurerà già oggi”. In tal senso, una conferma importante arriva dal Quirinale, che ha annunciato l’apertura della sala stampa dalle 17 di oggi: qui potrebbe esser resa nota la composizione del governo e il timing della fiducia.
Questa mattina, invece, Gianni Letta ha prima incontrato il segretario dimissionario del Pd Pier Luigi Bersani, poi – appunto – il leader del Pdl Silvio Berlusconi, insieme al segretario del partito Angelino Alfano e a Gianni Letta. Il governo non si fa a tutti i costi”, avrebbe detto Bersani a Letta ripetendo di fatto la stessa “frase pronunciata dal premier nel giorno stesso dell’incarico. E in effetti, secondo indiscrezioni che trapelano a Montecitorio, pare che Enrico Letta sia orientato a sciogliere le riserve domani, mentre fino a poche ore fa si dava per certo che la squadra di governo sarebbe stata presentata entro questo pomeriggio. Dopo un’altra notte di trattative, infatti, sarebbe confermata la volontà di risolvere tutte le questioni rimaste ancora aperte – specie quelle relative ai nomi che devono andare a occupare le caselle dei ministeri di Economia e Giustizia – al massimo nella giornata di domenica, per arrivare alla fiducia lunedì 29 aprile. Ma tra la “volontà” e l’accordo ci sono di mezzo Berlusconi e i suoi veti, oltre alle divisioni interne al Pd che rendono delicatissima ogni scelta in chiave ministeri.
A proposito di equilibri interni alla nuova squadra, questa mattina il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha diffuso una nota in cui smentisce le ricostruzioni dei giornali su alcuni nomi emersi dal cosiddetto “toto-ministri” e dà il via libera a D’Alema: “Dai quotidiani le solite mistificazioni. Dal Popolo della libertà nessun veto a Massimo D’Alema perché non è nostra abitudine ingerire in casa altrui. Non si utilizzi il Pdl come pretesto”. In realtà, per tutta la giornata di ieri i veti incrociati di Pd e Pdl hanno impedito di raggiungere un accordo. Così, mentre Berlusconi alzava il tiro proponendo alla Giustizia il nome del suo avvocato di fiducia Niccolò Ghedini e all’Economia quello del capogruppo alla Camera Renato Brunetta come “garante dell’Imu”, il Pd tornava a dividersi sulla possibilità di offrire la Farnesina D’Alema , da alcuni ritenuto uno dei registi occulti dell’operazione politica che ha portato all’impallinamento di Romano Prodi e alla conseguente decapitazione della classe dirigente del Pd. Ed è probabilmente per queste ragioni che il Pdl ha sentito il bisogno di precisare la propria “fiducia” all’ex segretario del Pds: perché proprio per bilanciare la figura di D’Alema, il Pdl può avanzare la pretesa di avere un proprio esponente “senior” in un ministero chiave. Sugli esponenti politici di primo piano impegnati nel governo, ieri Monti ha provato a mettere una regola, facendo pre primo un passo indietro: “Ok al sostegno, ma no ai leader di partito nel governo”. Bisognerà aspettare qualche ora, forse un giorno, per capire davvero, sulla base dell’assetto del governo, quale linea abbia prevalso nelle scelte definitive.