Connie Hedegaard, Commissaria Europea della Dg Climate Change, ha presentato ieri a Bruxelles, in una affollatissima Conferenza, la Strategia Europea sull’adattamento ai cambiamenti climatici.
Si tratta dell’atteso impegno verso un’Europa più resiliente e capace di intervenire per ridurre i disastri naturali e “man made”.
L’High Level Panel composto dalla Commissaria, dal Ministro finlandese, dal Presidente del Comitato delle Regioni, dal Presidente del Consiglio d’Europa e dal Presidente della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo ha esposto le priorità della strategia:
- fornire supporto per le azioni degli Stati Membri
- promuovere l’adattamento in alcuni settori particolarmente vulnerabili
- assicurare una migliore informazione ai decisori
Per fare questo la Commissione:
- fornirà linee guida, strumenti tecnici e opportunità di finanziamento per sviluppare e implementare adeguate misure,
- insisterà con l’approccio di “mainstreaming” integrando misure di adattamento alle politiche e ai programmi,
- definirà target di riferimento lavorando con il settore privato, in parte per le compagnie di assicurazione,
- infine si impegnerà per ridurre il gap di conoscenza e per definire strumenti, anche attraverso Horizon 2020 e Climate-ADAPT (piattaforma informativa sull’adattamento che verrà presentata oggi)
E’ necessario agire a tutti i livelli: europeo, nazionale, regionale e locale e negli investimenti. È necessario avere una prospettiva a lungo termine, non solo quella che costa meno e di breve periodo.
Mentre a livello politico significa soprattutto mainstreaming (in particolare tra coesione, agricoltura e ambiente) a livello pratico la strategia consiste in un insieme di documenti: il principale documento politico è una Comunicazione (An EU Strategy on adaptation to climate change) che contiene otto azioni relative alle tre aree prioritarie (supporto, settori vulnerabili e informazione ai decision making).
La comunicazione è integrata da documenti che trattano l’adattamento dal punto di vista di specifici settori o aree: migrazione, aree costiere e marine, salute, infrastrutture, agricoltura, assicurazioni e politiche di coesione. Infine le linee guida per l’elaborazione delle strategie nazionali.
Uno dei benefici derivanti dall’adozione di una strategia di adattamento è sicuramente quello dei costi: per ogni euro speso in adattamento ne sono risparmiati sei di futuri danni.
Tra il 1980 e il 2011, in Unione Europea, le perdite economiche dovute alle alluvioni sono state più di 90 miliardi di Euro. Inoltre, più volte, è stato ricordato che i danni dei cambiamenti climatici riguardano principalmente i cittadini e le imprese e tra questi spesso anche coloro che vivono in aree svantaggiate, prive di infrastrutture, con bassi salari e inadeguate residenze. In tal senso l’adattamento è da considerarsi una politica per la coesione sociale.
La Strategia incoraggia gli Stati Membri ad adottare la propria strategia nazionale. Ad oggi 15 stati membri hanno adottato la strategia, tutti sono sostanzialmente nelle prime fasi (early stage) ma se al 2017 la diffusione e la qualità delle strategie nazionali verrà considerata insufficiente si ricorrerà a strumenti di “legally binding” cioè di impegno vincolante. Tra i 12 paesi mancanti, anche l’Italia.
La Commissione ha incluso l’adattamento nei fondi più importanti relativamente alle politiche 2014-2020: i fondi strutturali, Horizon 2020 e il Life Programme.
Le quattro sessioni parallele hanno analizzato nel dettagli alcune delle tematiche principali raccogliendo numerosi spunti e domande. Le più ricorrenti si riferivano al ruolo dei giovani e dell’educazione, il ruolo delle imprese e degli stakeholder, il problema della collaborazione tra gli assessorati, l’informazione ai cittadini, il problema della conoscenza, della ricerca e dei dati sulla vulnerabilità. La più ricorrente, forse è la più importante: “come superare il gap di leadership politica sul climate change?”
Una politica di adattamento richiederà ai cittadini europei di cooperare, imparare gli uni dagli altri e investire in trasformazioni a lungo termine. Non esiste una ricetta valida per tutti, ma serve un mix di varie misure, da quelle tecnologiche a quelle mirate al ripristino degli ecosistemi naturali, fino a nuove politiche. Alcuni pionieri, specie a livello locale stanno già lavorando.
Sono intervenuti, come Enti Italiani oltre a Ministero dell’Ambiente e ISPRA, CMCC, ANIA, Regione Veneto, Regione Puglia, Fondazione Lombardia per l’Ambiente, IUAV, Università di Nova Gorica, Insubria, Enel, Edison, Ferrovie dello Stato, Unione Assessorati Politiche Sociali, Coordinamento Agende 21 locali, Coldiretti, INEA, Comunità Montane, Ministero Agricoltura e delle Politiche Forestali, Indica srl ed EUROCOOP.
Nei prossimi post andremo ad approfondire nel dettaglio le questioni rispetto ai soggetti coinvolti: pubblica amministrazione, cittadini e imprese.
di Federico Antognazza e Alessandra Vaccari (da Bruxelles)