Il paragone corre da giorni lungo l’intero emiciclo parlamentare: “Abbiamo fatto una coalizione come quella che in Germania nel 2005 portò al governo Angela Merkel e mise le basi per il boom economico tedesco”. La voce rimbalza orgogliosa da destra a sinistra: dal Pd al Pdl ci si sbraccia per nobilitare il governo di larghe intese varato dal neo premier Enrico Letta. Ma, alla prova dei fatti, il parallelo ha poca ragion d’essere. Mentre il presidente del Consiglio non spiega con quali fondi finanzierà la sospensione dell’Imu e le altre misure annunciate, all’epoca la Große Koalition tedesca si presentò all’appuntamento con il Bundestag con un programma dettagliato su cosa fare e da dove prendere i soldi.
Il patto che teneva uniti Cristiano-democratici (35,2% alle urne), Socialdemocratici (34,2%) e Cristiano-sociali venne chiamato “Insieme per la Germania. Con coraggio e umanità“. C’erano voluti tempo e logoranti trattative per partorirlo, ma alla fine, l’11 novembre 2005, 11 giorni prima che la Merkel fosse eletta cancelliera dal Bundestag, il documento era lì a tracciare il solco lungo il quale il nuovo governo si sarebbe mosso: crescita, occupazione, meno spesa pubblica, innovazione, fondi per scuola e ricerca.
La prima parte, intitolata Maggiori opportunità per innovazione e lavoro, prosperità e partecipazione, è dominata dal tema del lavoro. Con il tasso di disoccupazione a quota 11,6%, bisognava incentivare le piccolo e medie imprese ad assumere. Così “Cdu, Csu e Spd si impegnano – si legge a pagina 28 – a garantire che i costi salariali del lavoro (i contributi sociali) verranno ridotti al di sotto del 40%. Il contributo per la disoccupazione dal 1° gennaio 2007 scenderà dal 6,5% al 4,5%”. Come verranno compensati i mancati introiti? Per un terzo attraverso l’aumento dell’Iva, che “passerà dal 16% al 19%”. Gli altri due terzi di quest’ultima misura andranno a rafforzare il consolidamento delle finanze pubbliche. “Allo stesso tempo, il contributo alla pensione obbligatoria aumenta dal 19,5% al 19,9%”.
Al punto 2.6, pagina 34, il documento spiega come Merkel e soci intendano intervenire sugli ammortizzatori sociali. Il programma si chiama Hartz VI, nato nel 2002 con le profonde riforme dell’Agenda 2010 attuata da Gerhard Schroeder: garantisce ai disoccupati un assegno mensile (in media 374 euro per un singolo, 337 più 229 per ogni bambino se si hanno famiglia e figli) e un contributo per l’affitto (300 per chi vive solo, 550 per i nuclei). Lo scopo annunciato nel programma della coalizione è risparmiare 3,8 miliardi. In questo modo: ponendo “un limite di 25 anni di età per la fruizione dei benefici (0,5 miliardi)”; migliorando “le procedure amministrative e la struttura organizzativa di Hartz IV (1,2 miliardi)”; diminuendo i benefit per i più giovani (0,1 miliardi); riducendo “il sussidio minimo obbligatorio da 78 a 40 euro al mese (2 miliardi)”.
La seconda parte del programma riguarda il “consolidamento dell’economia“. A pagina 78, punto 1.4, si discute delle misure di sviluppo. “Per rafforzare l’innovazione, gli investimenti, la crescita e l’occupazione e aumentare la fiducia dei consumatori daremo impulsi specifici in 5 settori chiave (tra questi scuola e ricerca, ndr) per un totale di 25 miliardi”. Da dove arriveranno? “Metà della spesa supplementare sarà finanziata attraverso il Future Fund, alimentato dalla vendita di asset dello Stato”. Altri soldi sarebbero dovuti arrivare dai ricchi. Il programma aumentava del 3% l’aliquota massima dell’imposta sul reddito, che passava dal 42% al 45% per i singoli con un reddito superiore ai 250 mila euro e per le coppie con oltre 500 mila euro sulla dichiarazione. Una cura d’austerità che porterà ossigeno nelle casse dello Stato, ma anche all’innalzamento dell’età pensionabile da 65 a 67 anni entro il 2010. Nulla di rivoluzionario, nel complesso: un programma denso e pieno di chiaroscuri, in cui da un lato si dice basta ai pesanti deficit (obiettivo 3% entro il 2007) ma dall’altro non si dà il via a riforme profonde. Ma certamente un’idea di cosa fare e, soprattutto, di come farla. Il programma si instradava (altra differenza con il nuovo governo Pd-Pdl-Scelta Civica) nella scia tracciata da quell’Agenda 2010, fatta di lacrime e sangue e firmata dal precedente governo Schroeder, cui la Bundesbank ha attribuito il vero merito del boom economico tedesco.
E in Italia? Il governo di larghe intese è sì nato dopo trattative più o meno lunghe, ma su temi politici e non tecnici (o pratici che dir si voglia). E soprattutto non immediatamente dopo le elezioni, ma con due mesi di ritardo e a seguito del lavoro del gruppo di dieci saggi voluti da Napolitano (quindi non eletti da nessuno) che hanno messo sul tavolo una serie di cose da fare poi inglobate nel programma dell’esecutivo Letta (con tre saggi divenuti ministri). Al di là delle battute (“Chiederò consulenza alla Cancelliera su come si guida una grande coalizione”, ha detto il premier tra il serio e il faceto ai giornalisti in Germania), una domandina alla Merkel su come si fanno i programmi delle Große Koalition, il neopremier non farebbe male a farla.
Politica
Larghe intese e Grosse Koalition tedesca: la differenza è nei numeri (che Letta non dà)
Per nobilitare l'inciucio tra Pd e Pdl, dall'emiciclo parlamentare si fa il paragone con quanto avvenne nel 2005 in Germania. Ma il confronto non regge: Angela Merkel si presentò al Bundestag con un programma in cui gli obiettivi da raggiungere erano supportati da risorse già individuate. In Italia sulle coperture finanziarie è mistero
Il paragone corre da giorni lungo l’intero emiciclo parlamentare: “Abbiamo fatto una coalizione come quella che in Germania nel 2005 portò al governo Angela Merkel e mise le basi per il boom economico tedesco”. La voce rimbalza orgogliosa da destra a sinistra: dal Pd al Pdl ci si sbraccia per nobilitare il governo di larghe intese varato dal neo premier Enrico Letta. Ma, alla prova dei fatti, il parallelo ha poca ragion d’essere. Mentre il presidente del Consiglio non spiega con quali fondi finanzierà la sospensione dell’Imu e le altre misure annunciate, all’epoca la Große Koalition tedesca si presentò all’appuntamento con il Bundestag con un programma dettagliato su cosa fare e da dove prendere i soldi.
Il patto che teneva uniti Cristiano-democratici (35,2% alle urne), Socialdemocratici (34,2%) e Cristiano-sociali venne chiamato “Insieme per la Germania. Con coraggio e umanità“. C’erano voluti tempo e logoranti trattative per partorirlo, ma alla fine, l’11 novembre 2005, 11 giorni prima che la Merkel fosse eletta cancelliera dal Bundestag, il documento era lì a tracciare il solco lungo il quale il nuovo governo si sarebbe mosso: crescita, occupazione, meno spesa pubblica, innovazione, fondi per scuola e ricerca.
La prima parte, intitolata Maggiori opportunità per innovazione e lavoro, prosperità e partecipazione, è dominata dal tema del lavoro. Con il tasso di disoccupazione a quota 11,6%, bisognava incentivare le piccolo e medie imprese ad assumere. Così “Cdu, Csu e Spd si impegnano – si legge a pagina 28 – a garantire che i costi salariali del lavoro (i contributi sociali) verranno ridotti al di sotto del 40%. Il contributo per la disoccupazione dal 1° gennaio 2007 scenderà dal 6,5% al 4,5%”. Come verranno compensati i mancati introiti? Per un terzo attraverso l’aumento dell’Iva, che “passerà dal 16% al 19%”. Gli altri due terzi di quest’ultima misura andranno a rafforzare il consolidamento delle finanze pubbliche. “Allo stesso tempo, il contributo alla pensione obbligatoria aumenta dal 19,5% al 19,9%”.
Al punto 2.6, pagina 34, il documento spiega come Merkel e soci intendano intervenire sugli ammortizzatori sociali. Il programma si chiama Hartz VI, nato nel 2002 con le profonde riforme dell’Agenda 2010 attuata da Gerhard Schroeder: garantisce ai disoccupati un assegno mensile (in media 374 euro per un singolo, 337 più 229 per ogni bambino se si hanno famiglia e figli) e un contributo per l’affitto (300 per chi vive solo, 550 per i nuclei). Lo scopo annunciato nel programma della coalizione è risparmiare 3,8 miliardi. In questo modo: ponendo “un limite di 25 anni di età per la fruizione dei benefici (0,5 miliardi)”; migliorando “le procedure amministrative e la struttura organizzativa di Hartz IV (1,2 miliardi)”; diminuendo i benefit per i più giovani (0,1 miliardi); riducendo “il sussidio minimo obbligatorio da 78 a 40 euro al mese (2 miliardi)”.
La seconda parte del programma riguarda il “consolidamento dell’economia“. A pagina 78, punto 1.4, si discute delle misure di sviluppo. “Per rafforzare l’innovazione, gli investimenti, la crescita e l’occupazione e aumentare la fiducia dei consumatori daremo impulsi specifici in 5 settori chiave (tra questi scuola e ricerca, ndr) per un totale di 25 miliardi”. Da dove arriveranno? “Metà della spesa supplementare sarà finanziata attraverso il Future Fund, alimentato dalla vendita di asset dello Stato”. Altri soldi sarebbero dovuti arrivare dai ricchi. Il programma aumentava del 3% l’aliquota massima dell’imposta sul reddito, che passava dal 42% al 45% per i singoli con un reddito superiore ai 250 mila euro e per le coppie con oltre 500 mila euro sulla dichiarazione. Una cura d’austerità che porterà ossigeno nelle casse dello Stato, ma anche all’innalzamento dell’età pensionabile da 65 a 67 anni entro il 2010. Nulla di rivoluzionario, nel complesso: un programma denso e pieno di chiaroscuri, in cui da un lato si dice basta ai pesanti deficit (obiettivo 3% entro il 2007) ma dall’altro non si dà il via a riforme profonde. Ma certamente un’idea di cosa fare e, soprattutto, di come farla. Il programma si instradava (altra differenza con il nuovo governo Pd-Pdl-Scelta Civica) nella scia tracciata da quell’Agenda 2010, fatta di lacrime e sangue e firmata dal precedente governo Schroeder, cui la Bundesbank ha attribuito il vero merito del boom economico tedesco.
E in Italia? Il governo di larghe intese è sì nato dopo trattative più o meno lunghe, ma su temi politici e non tecnici (o pratici che dir si voglia). E soprattutto non immediatamente dopo le elezioni, ma con due mesi di ritardo e a seguito del lavoro del gruppo di dieci saggi voluti da Napolitano (quindi non eletti da nessuno) che hanno messo sul tavolo una serie di cose da fare poi inglobate nel programma dell’esecutivo Letta (con tre saggi divenuti ministri). Al di là delle battute (“Chiederò consulenza alla Cancelliera su come si guida una grande coalizione”, ha detto il premier tra il serio e il faceto ai giornalisti in Germania), una domandina alla Merkel su come si fanno i programmi delle Große Koalition, il neopremier non farebbe male a farla.
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‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.