E’ morto a 68 anni Ferruccio Mazzola, il ‘terzo incomodo’, dal titolo del suo celebre libro autobiografico. Figlio dell’immenso Valentino, simbolo del Grande Torino scomparso nella tragedia di Superga, e fratello minore del più noto Sandro, campione con l’Inter e con la Nazionale, Feruccio ha vissuto anche lui nel e per il mondo del calcio. La sua fama però non è dovuta alla discreta carriera da calciatore tra Venezia, Inter, Lecco, Lazio e Fiorentina (con cui vinse lo scudetto all’epoca di Maestrelli), né alla successiva carriera di allenatore, per lo più in Serie C. Bensì alla sua decisione di non allinearsi. Da qui la definizione di ‘terzo incomodo‘. A fronte di cotanti famigliari, che della storia del calcio hanno scritto alcune delle pagine più luminose, lui decise di raccontarne gli angoli più bui.
Una specie di Carlo Petrini in tono minore, visto che il suo libro non ebbe la medesima risonanza di quelli scritti per la Kaos Edizioni dall’attaccante protagonista del Calcioscommesse del 1980. Mazzola pubblicò nel 2004 per Bradipo Libri ‘Il Terzo Incomodo’, in cui denunciava le pratiche dopanti nel calcio fin dagli anni Sessanta. Il suo j’accuse non solo rimase inascoltato, ma gli valse l’emarginazione e l’ostracismo da parte del mondo del calcio. E del fratello Sandro. Obiettivo delle denunce fu soprattutto la Grande Inter di Helenio Herrera, nella quale Ferruccio giocò una sola partita, ma di cui il fratello Sandro fu uno dei protagonisti. Le critiche più forti nei confronti del tecnico spagnolo: accusato di dopare consapevolmente i propri giocatori.
Ferruccio Mazzola fece gli esempi circostanziati delle morti premature di Armando Picchi (36 anni, tumore), Carlo Tagnin (67, osteosarcoma), Mauro Bicicli (66, tumore al fegato), Ferdinando Minussi (61, epatite C), tutti giocatori di quella squadra. Per questo fu ‘scomunicato’ dal mondo del calcio. Sia il fratello Sandro che l’amico Facchetti, entrambi dirigenti dell’Inter, ruppero con lui ogni rapporto e la società nerazzurra lo querelò per diffamazione, chiedendo 3 milioni di euro per danni morali e patrimoniali. Ma il giudice respinse la richiesta dell’Inter e la condannò al pagamento delle spese processuali. Nel frattempo si erano spenti anche Giuseppe Longoni (64 anni, vascolopatia) ed Enea Masiero (75, tumore) tutti passati dalla Grande Inter, e tutti deceduti prematuramente. Come lo stesso Facchetti scomparso per un tumore nel 2006 a soli 64 anni.
Non solo Grande Inter però. Oltre ai nerazzurri Mazzola denunciò l’uso di doping anche nella Roma, nella Lazio e nella Fiorentina, ma nessuna procura della Repubblica ha inteso aprire fascicoli per indagare su queste morti. Lo ha fatto solo la Procura di Firenze nel 2005, dopo le denunce della vedova di Beatrice (deceduto di leucemia a 39 anni nel 1987), per indagare sul sistema doping alla Fiorentina negli stessi anni. Dato che anche qui la lista di ex calciatori scomparsi prematuramente o gravemente ammalati è lunghissima. In questo caso ci sono stati dei rinvii a giudizio (anche nei confronti dell’ex allenatore dei viola Mazzone, accusato di omicidio preterintenzionale) poi caduti in prescrizione. Negli ultimi anni Ferruccio, cui il libro aveva dato solo enormi dispiaceri, sia dal punto di vista affettivo che nel vedere le sue denunce lasciate cadere nel dimenticatoio, divenne presidente dell’Associazione Vittime del Doping fondata dai famigliari di Beatrice e continuava ad allenare per passione i ragazzini a Roma. Ma di quel libro che gli aveva provocato così tanto dolore, scusandosi, preferiva non parlare. Oggi è scomparsa una persona che al sistema dei segreti e delle omertà aveva preferito opporsi, e per questo se ne è andata in solitudine.