Il sindaco Virginio Merola parla di un’occasione di riscossa. Altri intravedono il rischio di un clamoroso autogol, con ripercussioni anche fuori dai confini cittadini. Il futuro ancora tutto incerto del Pd non si decide solo a Roma, ma anche a Bologna, dove il 26 maggio si vota per il referendum consultivo sui fondi pubblici alle scuole d’infanzia private. A due settimane dall’apertura delle urne è chiaro, infatti, che il caso è ormai nazionale e che in ballo non c’è solo il milione di euro, ogni anno prelevato dalle casse comunali a beneficio delle materne convenzionate. Il voto rappresenta anche un esame politico decisivo, per tastare lo stato di salute della giunta, ma soprattutto di un partito che in Emilia ha sempre trionfato, e che oggi invece si ritrova messo all’angolo proprio sul terreno dello storico fiore all’occhiello della sinistra, quello dei servizi scolastici. Senza contare un’imbarazzante alleanza con il Pdl, la Lega Nord e la Curiache sconquassa la base del Pd.
Di sicuro la battaglia sul finanziamento alle scuole d’infanzia un effetto l’ha già avuto. Quello di incrinare i rapporti nella maggioranza di centrosinistra in consiglio comunale: Sel invece che seguire il Pd nella sua crociata a difesa delle paritarie, ha preferito schierarsi a fianco del comitato Articolo 33, che vuole l’abolizione dei fondi alle private e quindi invita a votare A, consolidando l’asse con il Movimento di Grillo . E così mentre il partito di Vendola e i 5 stelle incassano sostenitori, come Stefano Rodotà, Andrea Camilleri, Ivano Marescotti e Magherita Hack, il Pd si ritrova accanto a Maurizio Lupi, il cardinale Bagnasco e la Lega Nord, che da settimane si sta muovendo per fare “il pieno di voti per l’opzione B”. Nomi e compagnia non proprio graditissimi a una parte dell’elettorato di centrosinistra.
Il rischio quindi che il voto del 26 consegni una sonora bocciatura alla giunta e al sindaco c’è tutto. E con lui il pericolo di un implosione del partito non solo locale, ma anche nazionale. Anche per questo la segreteria ha già messo in moto la macchina per convincere la città a votare l’opzione B, ossia quella che prevede il mantenimento dei finanziamenti pubblici alle materne convenzionate. Nei prossimi giorni il calendario è fitto di appuntamenti, tra incontri nelle sale di quartiere, nelle piazze, nelle feste dell’Unità e, manco a dirlo, nelle parrocchie.
A metterci la faccia è spesso il sindaco, Virginio Merola, fin dall’inizio in prima linea a difesa dei soldi alle strutture private e cattoliche. “Siamo in una fase difficile di tagli ai bilanci, non si possono abbandonare i 1700 bambini delle scuole paritarie. Si rischia di alimentare una guerra tra poveri, per una lotta ideologica del secolo precedente”. E se una parte del centrosinistra guarda con preoccupazione al voto del 26, Merola è convinto che possa trasformarsi invece nel punto di partenza per il rilancio del Pd. Lo dice in un’intervista al Corriere di Bologna: “Gli estremisti conservatori vanno battuti, sconfitti, per affermare un’idea moderna della sinistra e della scuola che è scritta nero su bianco nella carta dei valori fondanti del partito”.
Intanto, sono scesi in campo anche i sindacati. La Fiom, da una parte, pronta a dare una mano al comitato Articolo 33. La Cisl, dall’altra, convinta sostenitrice dei fondi comunali alle scuole d’infanzia paritarie. Per il 20 maggio, poi, è già in programma una serata al circolo Mazzini, nel quartiere generale del Movimento 5 stelle, per sostenere l’iniziativa dei referendari e “ mandare un segnale politico forte e chiaro su quanto questa città creda nel valore della scuola pubblica”. Stessi “valori” che portano anche Casapound a sostenere la risposta A al quesito del 26 maggio: “La scuola che vogliamo è aperta a tutti e laica, in grado di educare nuove generazioni al di fuori di interessi particolari o ideologici”.
Interrogazione parlamentare dei 5 Stelle sulla scuola pubblica e sulle Asp. Ci pensano i deputati grillini a portare la questione in Parlamento con un’interrogazione urgente al governo presentata dalla senatrice Michela Montevecchi: “Il M5s farà di tutto per eliminare questa aberrazione. L’istruzione pubblica, come l’acqua rappresenta uno dei beni comuni più importanti. Votare al referendum per chiedere una scuola pubblica di serie A, non è solo una questione civica ma anche un forte segnale di buonsenso economico e un forte richiamo alla storia di Bologna. È soprattutto un segnale politico che ribadisce la centralità della scuola pubblica in un momento nel quale Bologna sta valutando il trasferimento di tutti i servizi educativi dal Comune alle Asp”.
Una decisione, quella dell’Asp unica per gestire i servizi sociali a Bologna che ha scatenato le vibrate proteste di centinaia di maestre nei giorni scorsi. La battaglia del M5s in Parlamento sulla scuola sarà estesa anche a questo. In una nota firmata dai senatori Michela Montevecchi, Elisa Bulgarelli, Adele Gambaro e Maria Mussini, dai deputati Paolo Bernini, Matteo Dall’Osso, Mara Mucci e Giulia Sarti, dal consigliere regionale Andrea Defranceschi e dai consiglieri comunali Massimo Bugani e Marco Piazza, i 5 stelle al completo prendono di mira il sindaco Virginio Merola e la sua giunta: “Il Comune ha annunciato la ferma decisione di trasferire tutti i servizi educativi 0-6 e i servizi sociali all’Asp, perché i servizi educativi e sociali non sono assoggettati al patto di stabilità se svolti dall’azienda di servizi. Dunque il Comune di Bologna sarebbe molto alleggerito, ma è una motivazione inaccettabile. Quello che va cambiato è il Patto di stabilità, non una scuola pubblica che funziona”.