Solo cinque settimane fa, avevamo dato conto di una grave serie di attacchi alla libertà d’espressione nell’Egitto del presidente Mohamed Morsi. Non solo la repressione non è cessata, ma le cose vanno persino peggio.
Il 25 aprile è stato pubblicato l’ultimo numero di Egypt Independent, il principale quotidiano in lingua inglese. A deciderne la chiusura è stato il nuovo direttore esecutivo, un uomo di Mubarak.
Il 30 aprile, nell’ufficio del pubblico ministero di Tanta (90 chilometri a nord del Cairo) è stato arrestato un attivista di 24 anni, Ahmed Douma. È accusato di aver dato dell’assassino al presidente Morsi nel corso di un programma televisivo, il che corrisponde al reato penale di “insulto al presidente”.
Ahmed Anwar, blogger, nel marzo 2012, aveva pubblicato su Internet un video in cui mostrava agenti di polizia che conferivano un premio a un’attrice, soprannominandoli il “ministero delle Danzatrici del ventre”. Nel video, mentre gli agenti di polizia ballavano, venivano denunciate le brutalità delle forze di polizia e l’impunità di cui beneficiavano. Il processo, che doveva svolgersi il 4 maggio, è stato rinviato al 1° giugno.
Hassan Mostafa, un’attivista dell’opposizione di Alessandria, è arrivato al secondo grado di giudizio. In primo era stato condannato a due anni per aver insultato e preso a schiaffi un giudice. Il carcere lo aveva già conosciuto sotto Mubarak, per aver chiesto la fine dello stato d’emergenza. L’udienza davanti al giudice è per sabato prossimo.
Il governo si difende affermando di essere estraneo a ogni vicenda e che le iniziative giudiziarie prendono le mosse da cittadini “consapevoli” la cui sensibilità risulta urtata quando qualcun altro offende il presidente o la religione. Peccato che si ometta di aggiungere che la magistratura, di fronte alle denunce dei probi e zelanti cittadini, avrebbe anche il potere di non procedere all’apertura di un’inchiesta.
E che dire del Partito della libertà e della giustizia, il partito dei Fratelli musulmani, che vuole imporre ulteriori limiti alla critica, cercando di far passare al Consiglio della Shura (la Camera alta del parlamento egiziano) una legge che ridurrebbe enormemente la libertà d’azione delle organizzazioni per i diritti umani, nazionali e internazionali?
Se quella legge fosse già in vigore, non saremmo venuti a conoscenza della storia di un ragazzino di 16 anni, che all’alba del 25 aprile è stato portato via dalla sua abitazione, di fronte alla madre che urlava e implorava spiegazioni. Dopo 36 ore di assenza di qualsiasi informazione, è comparso di fronte a un magistrato della Procura d’emergenza per la sicurezza dello Stato, ennesima reminiscenza dei tempi bui di Mubarak, e accusato di far parte dei Black Block. Portato in carcere, messo in una cella insieme agli adulti, è stato brutalmente picchiato.
Il presidente Morsi ha dimenticato troppo in fretta che sono stati proprio la libertà d’espressione e la capacità e il coraggio di manifestare dissenso, a favorire la sua ascesa al potere.
Riccardo Noury
Portavoce di Amnesty International Italia
Diritti - 13 Maggio 2013
Egitto, nuovo giro di vite contro il dissenso
Solo cinque settimane fa, avevamo dato conto di una grave serie di attacchi alla libertà d’espressione nell’Egitto del presidente Mohamed Morsi. Non solo la repressione non è cessata, ma le cose vanno persino peggio.
Il 25 aprile è stato pubblicato l’ultimo numero di Egypt Independent, il principale quotidiano in lingua inglese. A deciderne la chiusura è stato il nuovo direttore esecutivo, un uomo di Mubarak.
Il 30 aprile, nell’ufficio del pubblico ministero di Tanta (90 chilometri a nord del Cairo) è stato arrestato un attivista di 24 anni, Ahmed Douma. È accusato di aver dato dell’assassino al presidente Morsi nel corso di un programma televisivo, il che corrisponde al reato penale di “insulto al presidente”.
Ahmed Anwar, blogger, nel marzo 2012, aveva pubblicato su Internet un video in cui mostrava agenti di polizia che conferivano un premio a un’attrice, soprannominandoli il “ministero delle Danzatrici del ventre”. Nel video, mentre gli agenti di polizia ballavano, venivano denunciate le brutalità delle forze di polizia e l’impunità di cui beneficiavano. Il processo, che doveva svolgersi il 4 maggio, è stato rinviato al 1° giugno.
Hassan Mostafa, un’attivista dell’opposizione di Alessandria, è arrivato al secondo grado di giudizio. In primo era stato condannato a due anni per aver insultato e preso a schiaffi un giudice. Il carcere lo aveva già conosciuto sotto Mubarak, per aver chiesto la fine dello stato d’emergenza. L’udienza davanti al giudice è per sabato prossimo.
Il governo si difende affermando di essere estraneo a ogni vicenda e che le iniziative giudiziarie prendono le mosse da cittadini “consapevoli” la cui sensibilità risulta urtata quando qualcun altro offende il presidente o la religione. Peccato che si ometta di aggiungere che la magistratura, di fronte alle denunce dei probi e zelanti cittadini, avrebbe anche il potere di non procedere all’apertura di un’inchiesta.
E che dire del Partito della libertà e della giustizia, il partito dei Fratelli musulmani, che vuole imporre ulteriori limiti alla critica, cercando di far passare al Consiglio della Shura (la Camera alta del parlamento egiziano) una legge che ridurrebbe enormemente la libertà d’azione delle organizzazioni per i diritti umani, nazionali e internazionali?
Se quella legge fosse già in vigore, non saremmo venuti a conoscenza della storia di un ragazzino di 16 anni, che all’alba del 25 aprile è stato portato via dalla sua abitazione, di fronte alla madre che urlava e implorava spiegazioni. Dopo 36 ore di assenza di qualsiasi informazione, è comparso di fronte a un magistrato della Procura d’emergenza per la sicurezza dello Stato, ennesima reminiscenza dei tempi bui di Mubarak, e accusato di far parte dei Black Block. Portato in carcere, messo in una cella insieme agli adulti, è stato brutalmente picchiato.
Il presidente Morsi ha dimenticato troppo in fretta che sono stati proprio la libertà d’espressione e la capacità e il coraggio di manifestare dissenso, a favorire la sua ascesa al potere.
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Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l’interesse europeo, all’interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche una attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai paesi fondatori dell’Europa, per collocare l’Italia sulla frontiera più avanzata dell’integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un’iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autoderminazione, l’ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Il piano ReArmEU, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
"La difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Sostenere una risposta europea ed unitaria alle politiche dei dazi dell’amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di bilateralizzare la risoluzione del conflitto commerciale, e che ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle Big Tech, rilanciando anche l’iniziativa multilaterale per l’introduzione della Global Minimum Tax". E' quanto chiede il Pd al governo nella risoluzione sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo, nella risoluzione presentata sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni, di "collocare l’Italia da protagonista nella costruzione di una vera difesa comune europea e non di un riarmo degli eserciti nazionali privo di coordinamento, esprimendo la chiara volontà politica di andare avanti nel percorso di realizzazione di un’unione della difesa, anche partendo da forme di cooperazione rafforzata o integrazione differenziata tra Stati membri".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Promuovere, nell’attuazione del Libro bianco sulla difesa europea, tutti gli strumenti che puntano a una governance democratica chiara del settore, agli investimenti comuni necessari per realizzare l’autonomia strategica e colmare i deficit alla sicurezza europea, al coordinamento e all’integrazione della capacità industriali europee e dei comandi militari, all’interoperabilità dei sistemi di difesa verso un esercito comune europeo". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.