Tira una brutta aria nelle roccaforti del Pude (Partito Unico Dell’Euro), aria di imminente smobilitazione. Le crepe nel muro di gomma sono sempre più evidenti, il dibattito è aperto perfino nel paese che, per i più ingenui, avrebbe meno interesse ad aprirlo (la Germania), l’opposizione all’Eurss si fa, da scientifica, politica, e in paesi più democratici del nostro fa incetta di voti. Questa, peraltro, è un’altra fonte di preoccupazione, visto che lo spazio politico della verità tecnica (l’euro è insostenibile) è stato improvvidamente lasciato alle destre più becere da chi ha ucciso il dibattito a sinistra (in Italia il Pd).
Ma è proprio quando la fine si avvicina, che si manda in prima linea la carne da cannone. Le unità di élite (si fa per dire) meglio risparmiarle: chi scaltramente e per tempo ha dimostrato di avere un po’ di cervello, tornerà poi utile per negoziare al tavolo della pace, forte di un opportunistico “io l’avevo detto”.
Illuminante in questo senso la puntata di “La vita in diretta” del 2 maggio scorso, condotta da un ottimo Marco Liorni. Una puntata che ha raggiunto vette di umorismo involontario grazie alle uscite di due estremi difensori dell’euro.
La star della giornata è stata senza dubbio il vicedirettore del Sole 24 Ore, che ha inanellato una perla dietro l’altra: secondo l’esperto del più autorevole quotidiano economico nazionale l’Italia sarebbe entrata nell’eurozona al cambio di 1700 lire per euro (peccato che una casalinga, intervistata, abbia appena ricordato la quotazione corretta); l’emissione di moneta o di debito pubblico sarebbero operazioni finanziarie equivalenti per lo Stato (dettaglio: sui titoli del debito si paga un interesse, sulle banconote no); lo scatafascio dell’eurozona sarebbe colpa dei commercianti che hanno fatto i furbi fissando arbitrariamente i prezzi (per un esperto è una visione del problema un po’ riduttiva, e per un giornalista è un modo irresponsabile di alimentare l’odio sociale).
Ma il culmine si raggiunge quando l’esperto si avventura in uno scenario catastrofico: lo sganciamento dall’Italia dall’euro porterebbe la benzina a costare sette volte di più.
Sette volte di più?
Il richiamo a un numero dal forte richiamo simbolico (i vizi capitali, le piaghe d’Egitto, i dolori di Maria, ecc.), è astuto, bisogna ammetterlo, e strappa l’applauso alla claque. Ma, come dire, “sotto il simbolo niente”. Perché l’ipotesi prospettata è così irrealistica da denotare una incompetenza in economia largamente superiore alla scaltrezza comunicativa.
Il costo del greggio in valuta nazionale può aumentare per due motivi: o perché aumenta il costo del barile in dollari, o perché aumenta il prezzo del dollaro (cioè perché la valuta nazionale si svaluta). In entrambi i casi il petrolio, in valuta nazionale (euro o lira che sia), costa di più, con un ovvio impatto sui prezzi. Dato che l’esperto del Sole 24 Ore collega l’aumento del prezzo della benzina all’uscita dall’euro, egli vuole lasciar intendere che se la nuova lira fosse libera di fluttuare, un dollaro, dall’oggi al domani, costerebbe sette volte di più: una rivalutazione del dollaro del 600%, o, se volete, una svalutazione della nuova lira dell’85%.
Ricordiamo allora: (1) i motivi per i quali l’Italia dal dopoguerra non ha mai sperimentato svalutazioni così catastrofiche, e (2) i motivi per il quali un aumento del greggio, comunque originato, non avrebbe l’impatto sui prezzi interni delineato dall’esperto.
Circa il primo punto, ricordo che la massima svalutazione contro il dollaro, su base annua, si è avuta nel 1981 ed è stata di circa il 30%. L’espertone di turno dirà: “Ma oggi il mondo è diverso, c’è la Cina!” (che non c’entra nulla, ma torna sempre utile per far paura all’interlocutore) “Non puoi prevedere il futuro in base al passato!”. Si sa, domani il sole potrebbe anche non sorgere, chi ha studiato Hume ne è consapevole. Ma un dato è certo: anche al buio, se la lira si svalutasse così tanto, una Ferrari California costerebbe meno di una Passat. Ed è questo è il motivo per il quale non ci sono state in passato e non ci saranno in futuro svalutazioni catastrofiche come quelle previste dall’esperto del Sole 24 Ore: in caso di sganciamento le banche centrali dei nostri concorrenti (Usa, Giappone, Germania) interverrebbero per sostenere la nuova lira, perché se non lo facessero distruggerebbero la competitività di prezzo delle rispettive industrie nazionali.
Circa il secondo punto (l’aumento del prezzo del greggio non ha un impatto uno a uno sull’aumento dei prezzi interni), ci sono tre cose che un esperto dovrebbe sapere: (1) il prezzo del greggio è solo una componente del costo industriale della benzina, l’altra componente importante essendo la raffinazione (effettuata sul territorio nazionale da maestranze pagate in valuta nazionale); (2) il prezzo alla pompa, a sua volta, è gravato da imposte per più della metà; (3) infine, l’energia non è l’unico costo sostenuto dalle imprese: per molte di esse il costo del lavoro (pagato in valuta nazionale) incide molto di più. Quindi, se anche il greggio ci costasse dall’oggi al domani sette volte di più (ipotesi ridicola): (1) l’aumento del costo industriale della benzina sarebbe una frazione dell’aumento del costo del greggio, (2) l’aumento del prezzo alla pompa sarebbe una frazione dell’aumento del costo industriale, e infine: (3) l’aumento del livello generale dei prezzi (inflazione) sarebbe una frazione dell’aumento del prezzo alla pompa, cioè una frazione di una frazione dell’aumento del costo del greggio.
Vogliamo, invece di blaterare, guardare i dati?

La Fig. 1 riporta il tasso di inflazione e la variazione del prezzo del petrolio in valuta nazionale (lira fino al 1998, euro dal 1999). Si vede che fra le due variabili una relazione c’è. In effetti, nei “terribili” anni ’70, che ancora suscitano incubi in certi animi sensibili, il decollo dell’inflazione segue quello del prezzo del petrolio, e nel 1974 i due picchi coincidono.
“Ecco!” diranno alcuni avvocati delle cause perse: “Vedi, te l’avevo detto: l’aumento del prezzo del petrolio si scarica tutto sui prezzi interni, perché l’energia, i trasporti,…”.
Un momento: avete visto la scala del grafico? L’inflazione è misurata a sinistra, e la variazione del prezzo del petrolio a destra. Nel 1974 l’inflazione in effetti raggiunse il 19%, ma il prezzo del petrolio (in lire) era aumentato del 328%! Sì, avete capito bene: l’inflazione fu circa un quindicesimo della variazione del prezzo del petrolio. Del resto, quando nel 1986 ci fu il controshock petrolifero, e il prezzo del petrolio in lire si dimezzò (-50%), in Italia i prezzi al consumo non diminuirono: semplicemente, aumentarono di meno. Sorprendente? No, se si applica la logica economica che vi ho esposto sopra. Il ragionamento secondo il quale se il petrolio aumenta di x, allora la benzina aumenta di x, e quindi tutti i prezzi interni aumentano di x, perché ogni merce viene trasportata, colpisce molto la fantasia popolare, ma è, come dire, lievemente impreciso.
Certo non è colpa degli elettori se aderiscono a ragionamenti così superficiali: sono gli unici argomenti sviluppati dalla stampa del regime eurista. Ma siamo fiduciosi: presto il regime cambierà, e in ordinata simmetria, ne siamo certi, cambieranno anche i ragionamenti della (libera) stampa.
Alberto Bagnai
Senatore Lega, professore associato di Politica economica all'Uni. G.D’Annunzio di Pescara
Zonaeuro - 20 Maggio 2013
Eurozona, quelli che “la benzina aumenterà settanta volte sette…”
Tira una brutta aria nelle roccaforti del Pude (Partito Unico Dell’Euro), aria di imminente smobilitazione. Le crepe nel muro di gomma sono sempre più evidenti, il dibattito è aperto perfino nel paese che, per i più ingenui, avrebbe meno interesse ad aprirlo (la Germania), l’opposizione all’Eurss si fa, da scientifica, politica, e in paesi più democratici del nostro fa incetta di voti. Questa, peraltro, è un’altra fonte di preoccupazione, visto che lo spazio politico della verità tecnica (l’euro è insostenibile) è stato improvvidamente lasciato alle destre più becere da chi ha ucciso il dibattito a sinistra (in Italia il Pd).
Ma è proprio quando la fine si avvicina, che si manda in prima linea la carne da cannone. Le unità di élite (si fa per dire) meglio risparmiarle: chi scaltramente e per tempo ha dimostrato di avere un po’ di cervello, tornerà poi utile per negoziare al tavolo della pace, forte di un opportunistico “io l’avevo detto”.
Illuminante in questo senso la puntata di “La vita in diretta” del 2 maggio scorso, condotta da un ottimo Marco Liorni. Una puntata che ha raggiunto vette di umorismo involontario grazie alle uscite di due estremi difensori dell’euro.
La star della giornata è stata senza dubbio il vicedirettore del Sole 24 Ore, che ha inanellato una perla dietro l’altra: secondo l’esperto del più autorevole quotidiano economico nazionale l’Italia sarebbe entrata nell’eurozona al cambio di 1700 lire per euro (peccato che una casalinga, intervistata, abbia appena ricordato la quotazione corretta); l’emissione di moneta o di debito pubblico sarebbero operazioni finanziarie equivalenti per lo Stato (dettaglio: sui titoli del debito si paga un interesse, sulle banconote no); lo scatafascio dell’eurozona sarebbe colpa dei commercianti che hanno fatto i furbi fissando arbitrariamente i prezzi (per un esperto è una visione del problema un po’ riduttiva, e per un giornalista è un modo irresponsabile di alimentare l’odio sociale).
Ma il culmine si raggiunge quando l’esperto si avventura in uno scenario catastrofico: lo sganciamento dall’Italia dall’euro porterebbe la benzina a costare sette volte di più.
Sette volte di più?
Il richiamo a un numero dal forte richiamo simbolico (i vizi capitali, le piaghe d’Egitto, i dolori di Maria, ecc.), è astuto, bisogna ammetterlo, e strappa l’applauso alla claque. Ma, come dire, “sotto il simbolo niente”. Perché l’ipotesi prospettata è così irrealistica da denotare una incompetenza in economia largamente superiore alla scaltrezza comunicativa.
Il costo del greggio in valuta nazionale può aumentare per due motivi: o perché aumenta il costo del barile in dollari, o perché aumenta il prezzo del dollaro (cioè perché la valuta nazionale si svaluta). In entrambi i casi il petrolio, in valuta nazionale (euro o lira che sia), costa di più, con un ovvio impatto sui prezzi. Dato che l’esperto del Sole 24 Ore collega l’aumento del prezzo della benzina all’uscita dall’euro, egli vuole lasciar intendere che se la nuova lira fosse libera di fluttuare, un dollaro, dall’oggi al domani, costerebbe sette volte di più: una rivalutazione del dollaro del 600%, o, se volete, una svalutazione della nuova lira dell’85%.
Ricordiamo allora: (1) i motivi per i quali l’Italia dal dopoguerra non ha mai sperimentato svalutazioni così catastrofiche, e (2) i motivi per il quali un aumento del greggio, comunque originato, non avrebbe l’impatto sui prezzi interni delineato dall’esperto.
Circa il primo punto, ricordo che la massima svalutazione contro il dollaro, su base annua, si è avuta nel 1981 ed è stata di circa il 30%. L’espertone di turno dirà: “Ma oggi il mondo è diverso, c’è la Cina!” (che non c’entra nulla, ma torna sempre utile per far paura all’interlocutore) “Non puoi prevedere il futuro in base al passato!”. Si sa, domani il sole potrebbe anche non sorgere, chi ha studiato Hume ne è consapevole. Ma un dato è certo: anche al buio, se la lira si svalutasse così tanto, una Ferrari California costerebbe meno di una Passat. Ed è questo è il motivo per il quale non ci sono state in passato e non ci saranno in futuro svalutazioni catastrofiche come quelle previste dall’esperto del Sole 24 Ore: in caso di sganciamento le banche centrali dei nostri concorrenti (Usa, Giappone, Germania) interverrebbero per sostenere la nuova lira, perché se non lo facessero distruggerebbero la competitività di prezzo delle rispettive industrie nazionali.
Circa il secondo punto (l’aumento del prezzo del greggio non ha un impatto uno a uno sull’aumento dei prezzi interni), ci sono tre cose che un esperto dovrebbe sapere: (1) il prezzo del greggio è solo una componente del costo industriale della benzina, l’altra componente importante essendo la raffinazione (effettuata sul territorio nazionale da maestranze pagate in valuta nazionale); (2) il prezzo alla pompa, a sua volta, è gravato da imposte per più della metà; (3) infine, l’energia non è l’unico costo sostenuto dalle imprese: per molte di esse il costo del lavoro (pagato in valuta nazionale) incide molto di più. Quindi, se anche il greggio ci costasse dall’oggi al domani sette volte di più (ipotesi ridicola): (1) l’aumento del costo industriale della benzina sarebbe una frazione dell’aumento del costo del greggio, (2) l’aumento del prezzo alla pompa sarebbe una frazione dell’aumento del costo industriale, e infine: (3) l’aumento del livello generale dei prezzi (inflazione) sarebbe una frazione dell’aumento del prezzo alla pompa, cioè una frazione di una frazione dell’aumento del costo del greggio.
Vogliamo, invece di blaterare, guardare i dati?
La Fig. 1 riporta il tasso di inflazione e la variazione del prezzo del petrolio in valuta nazionale (lira fino al 1998, euro dal 1999). Si vede che fra le due variabili una relazione c’è. In effetti, nei “terribili” anni ’70, che ancora suscitano incubi in certi animi sensibili, il decollo dell’inflazione segue quello del prezzo del petrolio, e nel 1974 i due picchi coincidono.
“Ecco!” diranno alcuni avvocati delle cause perse: “Vedi, te l’avevo detto: l’aumento del prezzo del petrolio si scarica tutto sui prezzi interni, perché l’energia, i trasporti,…”.
Un momento: avete visto la scala del grafico? L’inflazione è misurata a sinistra, e la variazione del prezzo del petrolio a destra. Nel 1974 l’inflazione in effetti raggiunse il 19%, ma il prezzo del petrolio (in lire) era aumentato del 328%! Sì, avete capito bene: l’inflazione fu circa un quindicesimo della variazione del prezzo del petrolio. Del resto, quando nel 1986 ci fu il controshock petrolifero, e il prezzo del petrolio in lire si dimezzò (-50%), in Italia i prezzi al consumo non diminuirono: semplicemente, aumentarono di meno. Sorprendente? No, se si applica la logica economica che vi ho esposto sopra. Il ragionamento secondo il quale se il petrolio aumenta di x, allora la benzina aumenta di x, e quindi tutti i prezzi interni aumentano di x, perché ogni merce viene trasportata, colpisce molto la fantasia popolare, ma è, come dire, lievemente impreciso.
Certo non è colpa degli elettori se aderiscono a ragionamenti così superficiali: sono gli unici argomenti sviluppati dalla stampa del regime eurista. Ma siamo fiduciosi: presto il regime cambierà, e in ordinata simmetria, ne siamo certi, cambieranno anche i ragionamenti della (libera) stampa.
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Roma, 5 mar. (Adnkronos Salute) - I nuovi assistenti familiari formati nell'ambito del progetto 'Familiar-mente, il valore della cura', frutto della collaborazione tra Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) e Regione Calabria, hanno ricevuto gli attestati oggi, nel corso di una cerimonia ufficiale presso la Cittadella regionale 'Jole Santelli'. Il progetto si conferma come un modello virtuoso di co-progettazione nel settore socio-sanitario, capace di rispondere efficacemente ai bisogni emergenti della popolazione e dei pazienti con sclerosi laterale amiotrofica (Sla) e altre patologie neurologiche complesse.
"Questo progetto - afferma Caterina Capponi, assessore alle Politiche sociali della Regione Calabria - rappresenta un esempio concreto di come la sinergia tra istituzioni e Terzo settore possa tradursi in opportunità reali per i cittadini e il territorio. Formare assistenti familiari qualificati significa investire in un welfare che risponde alle esigenze delle famiglie e dei pazienti con Sla". Aisla è da oltre 40 anni punto di riferimento per la comunità Sla in Italia. "Formare assistenti familiari - sottolinea Francesca Genovese, presidente Aisla Reggio Calabria - significa garantire cure qualificate e dignità ai pazienti, offrendo un supporto concreto alle loro famiglie".
Nel marzo dello scorso anno, il corso di formazione per assistenti familiari è stato lanciato con lo slogan 'Specializzati in altruismo, il lavoro più bello che ci sia', sottolineando l'importanza di una preparazione qualificata per rispondere alle esigenze dell'assistenza domiciliare a persone non autosufficienti e con patologie complesse. La co-progettazione tra Regione Calabria e Aisla ha dato vita a un'iniziativa che, coinvolgendo il Terzo settore, affronta le difficoltà nell'accesso a operatori qualificati per l'assistenza a persone con Sla. Un concetto ribadito durante la tavola rotonda moderata da Mario Gatto, funzionario regionale, dove i dirigenti Saveria Cristiano e Cosimo Cuomo del Dipartimento Salute e Welfare, Regione Calabria hanno sottolineato: "Questo progetto risponde ai bisogni del territorio e valorizza le competenze del Terzo Settore, essenziale per intercettare e rispondere alle necessità specifiche della popolazione".
Il corso, suddiviso in 72 ore di formazione teorica, ha trattato temi cruciali come bioetica, comunicazione non verbale, gestione delle problematiche respiratorie, nutrizione domiciliare enterale, supporto psicologico e cure palliative. I docenti, tra cui esperti dei Centri clinici Nemo come Amelia Conte, neurologa; Michela Coccia, fisiatra; Elisa Giove, specialista in comunicazione non verbale; Elisabetta Roma, pneumologa, e Michela Mazzacani, infermiera nurse coach, hanno fornito una preparazione multidisciplinare. A sorpresa, i professionisti hanno realizzato un video-messaggio per i discenti, sottolineando l'importanza di concetti chiave come 'ascolto', 'personalizzazione' e 'squadra', valori fondamentali nell'assistenza domiciliare ad alta intensità.
"Il progetto - osservano Nocera e Mancuso - ha dimostrato un impegno concreto verso un welfare più equo e inclusivo, attraverso una selezione partecipata dei destinatari e un coinvolgimento attivo delle famiglie. La cultura della cura e della relazione sono i principi fondamentali dell'articolo 55 del Codice del Terzo settore". I discenti hanno completato il loro percorso formativo con esperienze pratiche fondamentali. I tirocini residenziali si sono svolti presso la clinica S. Vitaliano a Catanzaro, mentre i tirocini domiciliari sono stati attivati in collaborazione con i provider Home Medicine, Vivisol e l'Asp di Reggio Calabria, coinvolgendo 11 famiglie. Questi tirocini hanno reso concreta l'esperienza dell’assistenza domiciliare per pazienti ad alta complessità.
"Il lavoro di cura non è solo un servizio: è un atto di responsabilità collettiva, un ponte tra fragilità e dignità - conclude Stefania Bastianello, direttore tecnico Aisla - Investire nella formazione degli assistenti familiari non è solo una necessità etica, ma una necessità per un futuro realmente accessibile e inclusivo". La collaborazione tra Aisla e Regione Calabria si conferma quindi un esempio di impegno sociale e innovazione, capace di costruire un welfare partecipato, fondato sulla professionalità e sull'umanità nella cura. Per maggiori informazioni: centroascolto@aisla.it.
Washington, 5 mar. (Adnkronos/Afp) - Gli Stati Uniti hanno sanzionato sette leader Houthi, oltre a un individuo che aveva inviato civili yemeniti a combattere per la Russia in Ucraina. Ieri Washington aveva classificato come 'terrorista' il gruppo militante yemenita.
"Questi individui hanno introdotto di nascosto oggetti di tipo militare e sistemi d'arma nelle aree dello Yemen controllate dagli Houthi e hanno anche negoziato l'acquisto di armi dalla Russia per gli Houthi", ha affermato il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti.
Milano, 5 mar. (Adnkronos) - Il filosofo e scrittore Leonardo Caffo, condannato a 4 anni dal Tribunale di Milano per maltrattamenti e lesioni aggravate nei confronti della sua ex compagna, appare come un "pigmalione moderno" caratterizzato da una "capacità manipolativa" che si infrange contro la forza della donna di reazione e denunciare. Il racconto della vittima "non nasce da volontà di vendetta o di prevaricazione sui diritti paterni, ma dalla volontà di uscire da quella situazione divenuta ormai patologica, deleteria". E' la sintesi delle motivazioni dei giudici della quinta sezione penale che lo scorso 10 dicembre hanno emesso la sentenza di primo grado.
Da parte della parte offesa non c'è volontà di calunniare l'imputato, sostiene la corte, ma di riprendersi piano piano la sua vita. Caffo reagisce con "schemi patriarcali del tutto inaccettabili" alla scelta della compagna di incontrare l'ex o di scegliere per se stessa, mette in atto "comportamenti mortificanti e vessatori tesi a 'emendare' i difetti della persona offesa" tanto da renderla spesso insicura, ma in particolare - per i giudici - "la violenza soprattutto verbale, ma a volte anche fisica, non è un caso, ma un registro comunicativo proprio del Caffo come è emerso fin dall'inizio, ogni volta che la parte offesa si poneva in contrasto con lui o in contrapposizione".
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - "Evitare una pace ingiusta è una responsabilità politica e morale a cui l'Europa non può sottrarsi" lo ha dichiarato oggi a Parigi Piero Fassino nella sua qualità di Rapporteur sulla crisi Ucraina dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa.
"Le modalità con cui il Presidente Trump - ha sottolineato Fassino - ha fin qui affrontato il conflitto ucraino solleva la legittima e vasta preoccupazione che si accettino condizioni di negoziato e di pace che rappresenterebbero una completa resa ai diktat di Mosca, premiando così l'aggressore e umiliando l'aggredito". "Le scelte - ha concluso Fassino - che l'Unione europea sta assumendo in materia di difesa e sicurezza sono perciò assolutamente ineludibile e urgenti, conciliando i tempi di sua realizzazione con l'urgenza di assicurare all'Ucraina tutto ciò che è necessario per non soccombere all'aggressione russa".
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - Key 2025 apre i battenti e subito mette in mostra "la vivacità, la voglia di innovare e di scommettere sulla transizione come motore di crescita”, per usare le parole del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto.
Da oggi, e fino a venerdì 7 marzo, la Fiera di Rimini ospita infatti Key - The Energy Transition Expo, l’evento di Ieg (Italian Exhibition Group) di riferimento in Europa, Africa e nel bacino del Mediterraneo, dedicato al futuro dell’energia.
Fra i padiglioni, più di 1.000 espositori (il 20% in più rispetto al 2024), di cui oltre il 30% internazionali. Grazie al supporto del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Maeci) e dell’Agenzia Ice, alla collaborazione con le più importanti Associazioni del settore e a una rete di agenti diffusa capillarmente in tutto il mondo, in fiera sono presenti circa 350 hosted buyer e delegazioni provenienti da più di 50 Paesi, con Nord Africa, Medio Oriente, Balcani ed Est Europa che costituiscono le aree più rappresentate.
Questa mattina, sotto la Cupola Lorenzo Cagnoni, nella Hall Sud, sì è tenuta l’Opening Ceremony, col ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto. Dopo i saluti di Maurizio Ermeti, presidente di Italian Exhibition Group, sono intervenuti Michele De Pascale, presidente della Regione Emilia-Romagna, Anna Montini, assessora alla Transizione Ecologica (Ambiente, Sviluppo Sostenibile, Pianificazione e Cura del Verde Pubblico), Blu Economy, Statistica del Comune di Rimini e Paolo Arrigoni, presidente Gse.
Aprendo la manifestazione, il presidente di Ieg Maurizio Ermeti ha descritto uno scenario globale “nel quale il World Energy Outlook ci ricorda che entro il 2030 le rinnovabili e le fonti non fossili saranno destinate a generare più della metà dell’elettricità mondiale. Il nostro Paese si dimostra virtuoso, perché già nel 2024 le rinnovabili hanno raggiunto il 41,2% del fabbisogno nazionale e si avviano a centrare l’obiettivo 2030 del Piano Nazionale Integrato per l’energia e il Clima, che fissa l’obiettivo intorno al 60%. Per un paese virtuoso c’è bisogno di una fiera virtuosa e Key è esattamente quella fiera, che esalta un settore strategico con ripercussioni straordinarie sull’economia e la competitività. Ciò che rende unica questa manifestazione è il suo approccio, che non si concentra su una singola tecnologia o settore, ma affronta in modo integrato ed a 360° il tema della transizione ed efficienza energetica, puntando molto sull’internazionalizzazione, uno dei grandi obiettivi di Ieg. Tanto che oggi, mentre inauguriamo Key qui a Rimini, stiamo parallelamente inaugurando a Guadalajara una grande edizione di Ecomondo Messico”.
“L’Italia - ha spiegato Pichetto - ha intrapreso, attraverso il Pniec, una chiara direzione energetica, orientata alle rinnovabili e al pragmatismo che serve nella gestione delle fonti tradizionali”. “E’ una rotta - ha proseguito - che vuole aprire all’Italia, perno nel contesto mediterraneo, un ventaglio di potenzialità per la decarbonizzazione, tra cui quella di un nucleare pulito e sostenibile. Compito delle istituzioni è accompagnare con attenzione il nostro tessuto produttivo impegnato in questa sfida, che è insieme globale e territoriale: la manifestazione Key anche quest’anno mette in mostra la vivacità, la voglia di innovare e di scommettere sulla transizione come motore di crescita”.
Dal canto suo, il presidente della regione Emilia-Romagna Michele De Pascale ha ricordato come “l’Emilia-Romagna è da sempre terra di innovazione e sostenibilità, valori che trovano in Key - The Energy Transition Expo una vetrina d’eccellenza per il confronto internazionale sulle sfide della transizione energetica, un punto di riferimento per imprese, istituzioni e cittadini impegnati nella costruzione di un futuro più sostenibile, favorendo il dialogo tra ricerca, industria e territori. La nostra regione è in prima linea per promuovere un modello di sviluppo capace di coniugare crescita economica, tutela ambientale e coesione sociale”. E sul tema della transizione ecologica ha aggiunto: “è una delle grandi sfide della nostra epoca, per questo motivo, l’Emilia-Romagna intende guidare il percorso per la neutralità carbonica prima del 2050, attraverso un cambio radicale di mentalità e con l’ambizione di mettere in campo una strategia di medio-lungo periodo realista e con obiettivi chiari: sicurezza nell'approvvigionamento e negli impianti, competitività dei costi e minor impronta di carbonio possibile, investendo su rinnovabili, efficienza energetica e infrastrutture resilienti, ambiti in cui la nostra regione è già oggi laboratorio di innovazione. Non possiamo permetterci ritardi: la transizione energetica dovrà essere concreta, equa e compatibile con l’occupazione e lo sviluppo del nostro sistema produttivo”.
Anna Montini, assessora alla Transizione Ecologica del Comune di Rimini, ha sottolineato: "La diffusione e lo sviluppo delle energie rinnovabili e delle soluzioni per l’efficienza energetica sono tra le sfide decisive per il futuro del pianeta e sebbene si tratti di temi di portata globale, richiedono necessariamente una presa di coscienza e responsabilità individuale oltre che collettiva. Anche le città e le istituzioni locali possono avere un ruolo importante facendosi promotrici di modelli innovativi di crescita che possa essere sostenibile, sia sotto il profilo ambientale, sia dal punto di vista economico e sociale”.
“Il Key di Rimini è uno degli eventi più importanti per rafforzare il dialogo tra istituzioni, imprese e stakeholder del settore. Il Gse è pronto a mettere a disposizione strumenti, competenze e visione per rendere la transizione energetica non solo un obiettivo, ma un’opportunità di crescita economica, una realtà concreta e sostenibile per tutti - ha sottolineato Paolo Arrigoni, presidente del Gse - Per raggiungere questi obiettivi agiamo principalmente secondo tre direttrici: l’operatività, attraverso la gestione di oltre 30 strumenti di incentivazione per accelerare la diffusione delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica, della mobilità sostenibile e delle Comunità Energetiche; il supporto, tecnico e operativo alle imprese, Pmi, grandi ed energivore e alla Pa; l’innovazione digitale, attraverso l’implementazione di strumenti avanzati come la Mappa Interattiva delle Cabine Primarie per le Cer, la Pun (Piattaforma Unica Nazionale delle infrastrutture di ricarica pubbliche per la mobilità elettrica), la Pai (Piattaforma delle Aree Idonee per impianti Fer), e la Piattaforma di Monitoraggio Pniec, che centralizzano e mettono a disposizione dati essenziali per la pianificazione e l’attuazione delle politiche energetiche del Paese”.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - Key 2025 apre i battenti e subito mette in mostra "la vivacità, la voglia di innovare e di scommettere sulla transizione come motore di crescita”, per usare le parole del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto.
Da oggi, e fino a venerdì 7 marzo, la Fiera di Rimini ospita infatti Key - The Energy Transition Expo, l’evento di Ieg (Italian Exhibition Group) di riferimento in Europa, Africa e nel bacino del Mediterraneo, dedicato al futuro dell’energia.
Fra i padiglioni, più di 1.000 espositori (il 20% in più rispetto al 2024), di cui oltre il 30% internazionali. Grazie al supporto del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Maeci) e dell’Agenzia Ice, alla collaborazione con le più importanti Associazioni del settore e a una rete di agenti diffusa capillarmente in tutto il mondo, in fiera sono presenti circa 350 hosted buyer e delegazioni provenienti da più di 50 Paesi, con Nord Africa, Medio Oriente, Balcani ed Est Europa che costituiscono le aree più rappresentate.
Questa mattina, sotto la Cupola Lorenzo Cagnoni, nella Hall Sud, sì è tenuta l’Opening Ceremony, col ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto. Dopo i saluti di Maurizio Ermeti, presidente di Italian Exhibition Group, sono intervenuti Michele De Pascale, presidente della Regione Emilia-Romagna, Anna Montini, assessora alla Transizione Ecologica (Ambiente, Sviluppo Sostenibile, Pianificazione e Cura del Verde Pubblico), Blu Economy, Statistica del Comune di Rimini e Paolo Arrigoni, presidente Gse.
Aprendo la manifestazione, il presidente di Ieg Maurizio Ermeti ha descritto uno scenario globale “nel quale il World Energy Outlook ci ricorda che entro il 2030 le rinnovabili e le fonti non fossili saranno destinate a generare più della metà dell’elettricità mondiale. Il nostro Paese si dimostra virtuoso, perché già nel 2024 le rinnovabili hanno raggiunto il 41,2% del fabbisogno nazionale e si avviano a centrare l’obiettivo 2030 del Piano Nazionale Integrato per l’energia e il Clima, che fissa l’obiettivo intorno al 60%. Per un paese virtuoso c’è bisogno di una fiera virtuosa e Key è esattamente quella fiera, che esalta un settore strategico con ripercussioni straordinarie sull’economia e la competitività. Ciò che rende unica questa manifestazione è il suo approccio, che non si concentra su una singola tecnologia o settore, ma affronta in modo integrato ed a 360° il tema della transizione ed efficienza energetica, puntando molto sull’internazionalizzazione, uno dei grandi obiettivi di Ieg. Tanto che oggi, mentre inauguriamo Key qui a Rimini, stiamo parallelamente inaugurando a Guadalajara una grande edizione di Ecomondo Messico”.
“L’Italia - ha spiegato Pichetto - ha intrapreso, attraverso il Pniec, una chiara direzione energetica, orientata alle rinnovabili e al pragmatismo che serve nella gestione delle fonti tradizionali”. “E’ una rotta - ha proseguito - che vuole aprire all’Italia, perno nel contesto mediterraneo, un ventaglio di potenzialità per la decarbonizzazione, tra cui quella di un nucleare pulito e sostenibile. Compito delle istituzioni è accompagnare con attenzione il nostro tessuto produttivo impegnato in questa sfida, che è insieme globale e territoriale: la manifestazione Key anche quest’anno mette in mostra la vivacità, la voglia di innovare e di scommettere sulla transizione come motore di crescita”.
Dal canto suo, il presidente della regione Emilia-Romagna Michele De Pascale ha ricordato come “l’Emilia-Romagna è da sempre terra di innovazione e sostenibilità, valori che trovano in Key - The Energy Transition Expo una vetrina d’eccellenza per il confronto internazionale sulle sfide della transizione energetica, un punto di riferimento per imprese, istituzioni e cittadini impegnati nella costruzione di un futuro più sostenibile, favorendo il dialogo tra ricerca, industria e territori. La nostra regione è in prima linea per promuovere un modello di sviluppo capace di coniugare crescita economica, tutela ambientale e coesione sociale”. E sul tema della transizione ecologica ha aggiunto: “è una delle grandi sfide della nostra epoca, per questo motivo, l’Emilia-Romagna intende guidare il percorso per la neutralità carbonica prima del 2050, attraverso un cambio radicale di mentalità e con l’ambizione di mettere in campo una strategia di medio-lungo periodo realista e con obiettivi chiari: sicurezza nell'approvvigionamento e negli impianti, competitività dei costi e minor impronta di carbonio possibile, investendo su rinnovabili, efficienza energetica e infrastrutture resilienti, ambiti in cui la nostra regione è già oggi laboratorio di innovazione. Non possiamo permetterci ritardi: la transizione energetica dovrà essere concreta, equa e compatibile con l’occupazione e lo sviluppo del nostro sistema produttivo”.
Anna Montini, assessora alla Transizione Ecologica del Comune di Rimini, ha sottolineato: "La diffusione e lo sviluppo delle energie rinnovabili e delle soluzioni per l’efficienza energetica sono tra le sfide decisive per il futuro del pianeta e sebbene si tratti di temi di portata globale, richiedono necessariamente una presa di coscienza e responsabilità individuale oltre che collettiva. Anche le città e le istituzioni locali possono avere un ruolo importante facendosi promotrici di modelli innovativi di crescita che possa essere sostenibile, sia sotto il profilo ambientale, sia dal punto di vista economico e sociale”.
“Il Key di Rimini è uno degli eventi più importanti per rafforzare il dialogo tra istituzioni, imprese e stakeholder del settore. Il Gse è pronto a mettere a disposizione strumenti, competenze e visione per rendere la transizione energetica non solo un obiettivo, ma un’opportunità di crescita economica, una realtà concreta e sostenibile per tutti - ha sottolineato Paolo Arrigoni, presidente del Gse - Per raggiungere questi obiettivi agiamo principalmente secondo tre direttrici: l’operatività, attraverso la gestione di oltre 30 strumenti di incentivazione per accelerare la diffusione delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica, della mobilità sostenibile e delle Comunità Energetiche; il supporto, tecnico e operativo alle imprese, Pmi, grandi ed energivore e alla Pa; l’innovazione digitale, attraverso l’implementazione di strumenti avanzati come la Mappa Interattiva delle Cabine Primarie per le Cer, la Pun (Piattaforma Unica Nazionale delle infrastrutture di ricarica pubbliche per la mobilità elettrica), la Pai (Piattaforma delle Aree Idonee per impianti Fer), e la Piattaforma di Monitoraggio Pniec, che centralizzano e mettono a disposizione dati essenziali per la pianificazione e l’attuazione delle politiche energetiche del Paese”.
Tokyo, 5 mar. (Adnkronos) - Scegliere "tra cooperazione e dominio", consapevoli "che soltanto un rapporto tra uguali nella vita internazionale porta vantaggi diffusi" e che "un sempre maggiore sviluppo del commercio internazionale e della interdipendenza garantiscono la pace nel mondo". Un esempio? "La integrazione fra i mercati giapponese ed europeo è sempre più stretta grazie all'accordo di partenariato economico siglato nel 2019 tra Tokyo e Bruxelles, che ha eliminato i dazi delle esportazioni europee verso il Giappone e viceversa: un accordo lontano da protezionismi di ritorno".
Al terzo giorno della visita ufficiale in Giappone, quello che per gli impegni in agenda si annunciava come il più significativo dal punto di vista dei contenuti politici ed economici, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, interviene sulle questioni che dopo il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump rischiano di sconvolgere gli equilibri internazionali.
Nessuna replica, neanche indiretta, nessuna polemica, ma solo la riaffermazione, con toni pacati e fermi, di concetti sempre ripetuti in varie circostanze e che trovano sponda in un Paese da sempre amico dell'Italia e con il quale la collaborazione è destinata a conoscere un "nuovo slancio" grazie al partenariato strategico entrato in vigore nel 2023.
"Abbiamo costruito insieme -sottolinea il Capo dello Stato parlando agli imprenditori italiani e giapponesi riuniti dalla Keidanren, la Confindustria nipponica- la via della democrazia e della pace nel secondo dopoguerra nel contesto internazionale che emergeva, dopo prezzi altissimi, dal drammatico conflitto mondiale. Giappone e Italia hanno saputo affermare lo stretto legame tra democrazia e prosperità, entrando a buon diritto tra i Paesi industrializzati del G7, seguendo principi come libertà, rispetto, multilateralismo".
"Entrambi Paesi trasformatori, abbiamo saputo fare della laboriosità dei nostri due popoli veicolo per un sempre maggiore sviluppo del commercio internazionale e della interdipendenza, elementi che garantiscono la pace nel mondo".
Posizioni che Mattarella ribadisce al termine dell'incontro con il premier del Paese del Sol levante, Shigeru Ishiba. "L'Italia sa di poter costruire con il Giappone un partenariato sempre più solido, a tutto vantaggio non soltanto dei nostri popoli ma di un ordine internazionale basato sulle regole, libero, aperto, inclusivo, pacifico, con norme certe, applicabili a tutti i Paesi, a prescindere da ogni considerazione di potenza economica o militare".
"Il nostro rapporto bilaterale così intenso e così proficuo -evidenzia il Capo dello Stato- si inserisce nel più ampio contesto delle relazioni tra il Giappone e l'Unione europea", che "si sono rafforzate molto negli ultimi anni. Uno sviluppo a cui l'Italia tiene particolarmente e che sostiene con convinzione, nella convinzione che questo partenariato Tokyo-Bruxelles produca risultati importanti in ambito economico e commerciale, così come nella difesa di principi e di valori che entrambi le parti considerano essenziali".
"La speranza di pace -ripete Mattarella- è una speranza che Giappone e Italia condividono, dando un contributo importante a questo riguardo, con la concezione di società aperte, con mercati aperti alla collaborazione, con disponibilità a collaborare su ogni campo, con qualunque altro Paese, con rispetto reciproco e nella fiducia reciproca. Auspichiamo che questo venga adottato in ogni parte del mondo come criterio per garantire l'approccio e la stabilità della pace".
E a questo proposito non può mancare un riferimento all'Ucraina: "Tokyo e Roma -afferma il Presidente della Repubblica- auspicano che una pace giusta, in linea con i principi della Carta dell'Onu, adeguatamente garantita a livello internazionale, possa essere finalmente trovata per l'Ucraina, per porre fine a questa tragedia che l'aggressione russa tre anni fa ha provocato".