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Carceri, il ministro Cancellieri: “Quelle italiane non sono degne di un paese civile”

Il Guardasigilli, alla commemorazione della strage di Capaci è chiara: "Per risolvere il problema non bastano nuove strutture, ma bisogna ripensare il sistema delle pene, valutando se ci sono spazi per quelle alternative"
Carceri, il ministro Cancellieri: “Quelle italiane non sono degne di un paese civile”
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“Le nostre carceri non sono degne di un paese civile”. L’affermazione è forte e arriva dal  ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, alla commemorazione a Palermo della strage di Capaci. Secondo il Guardasigilli “per risolvere il problema non bastano nuovi carceri, ma bisogna ripensare il sistema delle pene, valutando se ci sono spazi per quelle alternative”.

“E’ necessario – puntualizza Cancellieri – che in carcere si paghino gli errori commessi, ma anche che se ne esca migliori”. Per il ministro, resta il problema delle carceri vecchie: “vanno sostituite, per garantire a ciascun detenuto una possibilità decente di alloggio, di sanità e di spazi per poter lavorare. E’ un’impresa titanica, ma ce la metteremo tutta per riuscirci”.

“Chi è in carcere deve avere la possibilità di lavorare o studiare. E’ dimostrato che l’80 percento di chi lo fa non ha recidive”, ha proseguito Cancellieri. Il ministro si è poi soffermata sull’edilizia carceraria spiegando che “molti carceri storici sono monumenti al passato, ma non sono più adeguati. Bisogna cambiarli per dare ai detenuti spazi adeguati”.

Poi la confessione e l’ottimismo. “Lavorare sulle condizioni delle carceri italiane è un’impresa titanica, ma la volontà c’è tutta”, assicura Cancellieri. Per il ministro “non tutto è negativo”, ma occorre “un’azione vasta, a 360 gradi. Non basta creare nuove carceri”.

A sostenere le parole del ministro ci sono anche le testimonianze dei carcerati. Solo qualche giorno fa alcuni detenuti del penitenziario di Mammagialla a Viterbo hanno annunciato, in una lettera, uno sciopero della fame per protestare contro “il sistema inumano delle carceri, la differenziazione, il carcere duro e l’isolamento. Il nostro fine è cercare una solidarietà di classe a sostegno delle lotte di tutti i prigionieri. E’ una forma estrema, ma siamo consapevoli che solo con la lotta da dentro e fuori queste mura si possano ottenere cambiamenti. Non chiediamo sconti di pena, impunità o altro, chiediamo solo un carcere degno di un Paese civile”.

Mesi fa anche un condannato per mafia al 416 bis ha fatto richiesta di pena alternativa perché la detenzione “si starebbe svolgendo con modalità disumane equiparabili a tortura”. E il tema era stato affrontato anche nel discorso di insediamento dalla neo presidente della Camera Laura Boldrini, che aveva affermato la necessità di essere “vicino ai tanti detenuti che oggi vivono in una condizione disumana e degradante, come autorevolmente denunciato dalla Corte europea per i diritti umani”.

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