“Audit nazionale sulla violenza di genere“, così il ministro Josefa Idem ha definito gli stati generali convocati nel salone d’onore del Comando generale della guardia di finanza. Un parterre vastissimo di associazioni e una presenza forte delle istituzioni (bipartisan), a cominciare dal presidente del Senato, Pietro Grasso e della Camera, Laura Boldrini e dal ministro della salute, Beatrice Lorenzin. E poi lei, Josefa Idem, ministro per le Pari opportunità dal 28 aprile scorso, ma già molto attiva sul tema del contrasto agli abusi di genere.
E infatti il ministro non manca di sottolineare come l’aver ottenuto, dal premier Enrico Letta e dagli altri ministri, che il tema entrasse nell’agenda del governo è già un bel risultato. L’altro, quello della ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne – “il mio faro” lo definisce Idem – è in dirittura d’arrivo, visto che il Parlamento dal 27 maggio probabilmente approverà il relativo disegno di legge. “Ho rinunciato a un ddl governativo – spiega – per lasciare il passo a un veloce iter parlamentare, condiviso peraltro con molte colleghe di tutti gli schieramenti politici. Su questo, ma anche in futuro, per quanto mi riguarda voglio arrivi forte e chiaro a tutti il messaggio di come io intendo lavorare: per situazioni come queste non può contare chi ottiene il risultato, conta il risultato”. Josefa Idem si concede una battuta sulla sua “esperienza di canoista e anche un po’ tedesca“, tutta “lavoro di squadra e di sintesi“, un’implicita risposta alle parole del 19 maggio di Beppe Grillo.
E se non si può parlare di lotta alla violenza di genere senza accennare ai soldi per farlo, il ministro auspica un aumento delle risorse, attualmente 18 milioni di euro, chiedendo che anche il settore privato si attivi: “Siamo pronti ad accettare contributi dalle aziende, così attente quando si tratta di vendere prodotti per le donne”. E poi propone di introdurre “alte sanzioni pecuniarie per tutte le pubblicità lesive dell’immagine femminile”.
Per la presidente della Camera Laura Boldrini “bisogna fare la scelta politica di rafforzare i centri anti-violenza e dare soldi alle case rifugio“, dice la presidente della Camera. Un problema, quello delle risorse, che viene segnalato da tutte le strutture che si occupano di protezione delle vittime, così come, sottolinea Boldrini, un altro problema è la non omogeneità della presenza di case rifugio sul territorio. La terza carica dello Stato mette poi sotto accusa i “vecchi stereotipi” che ancora sopravvivono in Italia, a partire dal lavoro domestico che “da noi si scarica tutto sulle spalle della donna, anche quando lavora”. Boldrini mette infine in guardia dal rischio che la ratifica italiana della Convenzione di Istanbul possa restare una “scatola vuota” se non seguiranno “provvedimenti per la messa in atto della ratifica stessa”.
Dal presidente del Senato Grasso arriva la proposta di creare “un nucleo di specialisti” in materia di violenza sulle donne e femminicidi. “Quando ero procuratore a Palermo avevo creato un pool di magistrati che riceveva direttamente le denunce delle donne, dei minori. In quel modo si era creato un rapporto di fiducia dei cittadini verso le istituzioni. Potrebbe essere un modello da imitare”. Occorre, spiega Grasso, “creare corsie preferenziali sin da quando iniziano atti penalmente rilevanti: quando ci si rivolge a un commissariato spesso chi riceve la denuncia tenta la conciliazione e invece ci sono situazioni assolutamente inconciliabili”.
Importante è anche il ruolo dei pronto soccorso “quali luoghi di prima accoglienza e assistenza nei confronti delle persone che subiscono violenze”, sottolineato dal ministro della Salute, che ha dichiarato la sua disponibilità a definire, insieme alla collega Idem e alle singole Regioni, un Piano nazionale sulla violenza contro le donne”.