Mafiosi convertitevi!”. La preghiera di Papa Francesco, pronunciata, stamane, subito dopo l’Angelus, in piazza San Pietro, richiama l’indimenticabile grido contro la mafia di Giovanni Paolo II, esattamente venti anni fa, nella Valle dei Templi di Agrigento. Bergoglio ha ricordato la beatificazione, avvenuta ieri a Palermo, di don Pino Puglisi, sacerdote e martire, ucciso dalla mafia nel 1993. A presiedere il rito in rappresentanza di Papa Francesco è stato l’arcivescovo emerito del capoluogo siciliano, il cardinale Salvatore De Giorgi. “Don Puglisi – ha sottolineato Francesco – è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo li sottraeva alla malavita, e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà, però, – ha sottolineato Bergoglio – è lui che ha vinto, con Cristo risorto”.

“Io penso – ha affermato ancora il Papa – a tanti dolori di uomini e donne, anche di bambini, che sono sfruttati da tante mafie, che li sfruttano facendo fare loro un lavoro che li rende schiavi, con la prostituzione, con tante pressioni sociali. Dietro a questi sfruttamenti, dietro a queste schiavitù, ci sono mafie. Preghiamo il Signore perché converta il cuore di queste persone. Non possono fare questo! Non possono fare di noi, fratelli, schiavi! Dobbiamo pregare il Signore! Preghiamo perché questi mafiosi e queste mafiose – è stato l’appello del Papa – si convertano a Dio e lodiamo Dio per la luminosa testimonianza di don Giuseppe Puglisi, e facciamo tesoro del suo esempio!”.

E’ il 9 maggio 1993. Il Papa ha appena terminato di celebrare la Messa ed è il momento della benedizione finale. Un segno di croce e un rituale congedo basterebbero. Ma Wojtyla non vuole lasciare quella terra senza urlare contro la mafia. Un anatema, commenterà qualcuno più tardi, contro una delle più importanti organizzazioni criminali del Paese. “Dio ha detto una volta: non uccidere. Non può uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Questo popolo siciliano talmente attaccato alla vita, popolo che ama la vita, che dà la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà contraria, una civiltà della morte. Qui ci vuole la civiltà della vita. Nel nome di questo Cristo crocifisso e risorto, di questo Cristo che è via, verità e vita lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”.

Un grido, quello di Giovanni Paolo II in terra siciliana, incarnato, tra gli altri, proprio dal nuovo beato don Pino Puglisi, dal magistrato Rosario Livatino assassinato dalla mafia ad Agrigento nel settembre del 1990 e di cui si è stata avviata la causa di beatificazione, da Giovanni Falcone ucciso insieme alla moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta nella strage di Capaci, il 23 maggio 1992, e da Paolo Borsellino ucciso con i cinque membri della scorta nella strage di via D’Amelio il 19 luglio 1992. Il cardinale di Palermo Paolo Romeo, ieri mattina, nell’omelia della Messa per la beatificazione di Puglisi, li ha voluti ricordare tutti. Ai giovani siciliani, il 3 ottobre 2010 a Palermo, Benedetto XVI aveva gridato con forza: “Non abbiate paura di contrastare il male! Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra! Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il vangelo, come tante volte i nostri vescovi hanno detto e dicono!”.

@FrancescoGrana

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