Il bello è che la questione è passata quasi sotto silenzio. Perché la prassi è prassi e anche se c’è la crisi i gruppi parlamentari devono pur andare avanti. Dicono. Quello che stupisce, però, è che all’ennesima spartizione di una montagna di denaro pubblico donato alla politica sotto forma di contributi per il funzionamento dei gruppi politici alla Camera e al Senato, stavolta hanno partecipato anche i grillini, che hanno invece rinunciato a 42 milioni di rimborsi elettorali e hanno chiesto agli organi competenti di dimezzare i loro “stipendi”. La “questora” del Movimento 5 Stelle, Laura Bottici, non ha protestato davanti all’assegnazione, stabilita dal Consiglio di Presidenza del Senato, di ben 22 milioni di euro per “far lavorare” i collaboratori dei senatori e i lavoratori degli uffici durante questo primo anno di legislatura. Anzi, sono stati proprio i questori del Senato (oltre alla Bottici ci sono Lucio Malan del Pdl e Antonio De Poli del Pd) a sollecitare la presidenza del Senato all’erogazione dei fondi. Una cifra enorme che, sulla carta dovrebbe servire a pagare solo dipendenti, consulenti, addetti stampa e quant’altro orbita nello stretto entourage dei partiti di stanza nelle Camere, ma dire che poi avanza comunque parecchio denaro è decisamente un eufemismo. “E’ una prassi”, spiega Bottici a Il Fatto Quotidiano, “come Movimento Cinque Stelle decideremo come usarli o restituirli alla società”.
Una delibera di identica portata è stata anche approvata a Montecitorio dove, manco a dirlo, la cifra è più alta, 35 milioni di euro circa. Ma come vengono erogati questi fondi? Sulla base dei regolamenti delle Camere. Al Senato, ciascun gruppo percepisce una quota di 300mila euro a gruppo, ma anche ogni senatore può contare su una quota di “riborso spese per il gruppo di appartenenza” di circa 60mila euro. La stessa cifra è, più o meno, quella della Camera: al Pd di Montecitorio arriveranno 4 milioni e 300 mila euro (ogni anno, si diceva, se la legislatura va avanti), al Movimento 5 stelle 4 milioni e 320mila, al Pdl 3 milioni e 600 mila, a Monti 1 milione e 400 mila, alla Lega 700 mila, a Sel 545 mila, a Fratelli d’Italia 335 mila, all’Udc 305 mila, a Centro democratico 82 mila, all’Svp 74 mila.
Ci sono, poi, partiti che hanno ottenuto percentuali più alte, ma non hanno diritto ai rimborsi perché non hanno eletto nessun parlamentare. Comunque, a queste cifre devono ancora essere aggiunti circa 250mila euro da ripartire secondo le percentuali raccolte all’estero, poi i rimborsi per le regionali. Al Senato il Pd, che ha 107 rappresentanti, riceverà sei ilioni e 634 mila euro, al Pdl (che ne ha 91) viene accreditata sul proprio conto corrente del Senato la somma di cinque milioni e 687mila euro, il Movimento 5 Stelle tre milioni e 437mila euro in base a 51 senatori, Scelta Civica un milione e 543mila e 200 euro per 21 senatori, la Lega Nord un milione 247mila e 200 euro per 16 senatori. E così via, sino al gruppo misto e agli altri due gruppi presenti in Senato.
Tirando le somme, senza guardare troppo ai decimali (che, comunque, su queste cifre contano moltissimo), il funzionamento dei gruppi costerà circa 300 milioni di euro per la prossima legislatura (se arriverà a conclusione). Ora, considerato che i gruppi politici in Parlamento ricevono anche i rimborsi elettorali (a parte i 5 stelle che li hanno rifiutati), che bisogno c’è di avere altri fondi per far funzionare gli uffici parlamentari? E ora che anche il governo, vista l’aria di una crisi che non sembra andare verso una rapida conclusione, farà approvare (così la promessa di Letta) la cancellazione dei rimborsi elettorali ai partiti, per quale motivo tenere in vita anche questa ulteriore forma di mantenimento della politica da parte del portafoglio pubblico?
C’è, anche, un ulteriore risvolto della questione, dai tratti abbastanza scandalosi. E cioè il fatto che i rimborsi per il funzionamento dei gruppi sono gestiti a totale discrezione dei capogruppo sia alla Camera che al Senato. Solo a partire da questa legislatura, una modifica al regolamento del Senato approvata il 21 novembre 2012 impone all’assemblea di ciascun gruppo di approvare un rendiconto annuale, di affidare il bilancio a una società di revisione e di pubblicare sul proprio sito internet “ogni mandato di pagamento, assegno o bonifico bancario, con l’indicazione della relativa causale”. Le somme
Le questioni economiche, però, passeranno senz’altro in seconda battuta nella settimana politica che si apre. E che, a livello parlamentare, sarà segnata dall’ultima battaglia sulla presidenza della Giunta per le autorizzazioni del Senato. La questione è finita, la settimana scorsa, con un sostanziale fischio dell’arbitro che ha rispedito le squadre negli spogliatoi a poco più di un minuto dall’inizio della “partita”. Il “campo” di gioco è risultato improvvisamente impraticabile per via del Pd in procinto di sfasciarsi e non votare – come da ordine di scuderia firmato Luigi Zanda – il candidato della destra, il leghista Raffaele Volpi. Ora (martedì) si riprova.
Ma la corsa alla poltrona presidenziale di una Giunta che diventerà fondamentale nei prossimi mesi, soprattutto se Berlusconi dovesse essere raggiunto dalla condanna definitiva per il processo Mediaset o fosse avviata dall’M5S la pratica della sua incandidabiltà, sembra ancora tutta in salita. Soprattutto perché il Pd insiste (e non si capisce proprio il perché) a voler trattare la questione Giunta in un’ottica spartitoria con le altre commissioni di garanzia che restano da assegnare, il Copasir e la Vigilanza Rai. I Cinque Stelle sembra che siano vicini alla presidenza della Vigilanza Rai, con Roberto Fico, mentre al Copasir dovrebbe (alla fine) andare Claudio Fava di Sel.
E in Giunta? Alla fine, giurano i bene informati, l’organismo di garanzia andrà alla Lega. Nella persona di Volpi oppure del capogruppo leghista Massimo Bitonci. A meno che non ci sia un colpo di scena. E cioè che le preferenze finiscano per indicare il nome di Giulio Tremonti, eletto sì con la Lega, ma ora componente del Gal (Grandi Autonomie e libertà), un gruppo “cuscinetto” che si è formato al Senato per ragini “strategiche”. Tremonti, con altri due senatori del Gal, non ha votato la fiducia al governo Letta, si è astenuto. Questo potrà essere considerato sufficiente a considerarlo d’opposizione? Chissà. Di fatto, se davvero fosse eletto presidente della Giunta, l’ex ministro dell’Economia dell’ultimo governo Berlusconi avrebbe saldamente in mano le sorti (politiche e personali) dell’ex premier. La cosa si commenterebbe da sola…
Politica
Gruppi parlamentari, in arrivo 57 milioni. Ma con obbligo di rendicontazione
Il consiglio di presidenza del Senato assegna fondi per 22 milioni. Alla Camera previsti 35 milioni. Un fiume di denaro, che si aggiunge a rimborsi elettorali e lauti stipendi. Ma da questa legislatura scatta l'obbligo di documentare le spese (anche su inernet) e di farsi certificare il bilancio. Bottici, "questora" Cinque Stelle: "Soldi assegnati per prassi, decideremo come usarli o restituirli alla società"
Il bello è che la questione è passata quasi sotto silenzio. Perché la prassi è prassi e anche se c’è la crisi i gruppi parlamentari devono pur andare avanti. Dicono. Quello che stupisce, però, è che all’ennesima spartizione di una montagna di denaro pubblico donato alla politica sotto forma di contributi per il funzionamento dei gruppi politici alla Camera e al Senato, stavolta hanno partecipato anche i grillini, che hanno invece rinunciato a 42 milioni di rimborsi elettorali e hanno chiesto agli organi competenti di dimezzare i loro “stipendi”. La “questora” del Movimento 5 Stelle, Laura Bottici, non ha protestato davanti all’assegnazione, stabilita dal Consiglio di Presidenza del Senato, di ben 22 milioni di euro per “far lavorare” i collaboratori dei senatori e i lavoratori degli uffici durante questo primo anno di legislatura. Anzi, sono stati proprio i questori del Senato (oltre alla Bottici ci sono Lucio Malan del Pdl e Antonio De Poli del Pd) a sollecitare la presidenza del Senato all’erogazione dei fondi. Una cifra enorme che, sulla carta dovrebbe servire a pagare solo dipendenti, consulenti, addetti stampa e quant’altro orbita nello stretto entourage dei partiti di stanza nelle Camere, ma dire che poi avanza comunque parecchio denaro è decisamente un eufemismo. “E’ una prassi”, spiega Bottici a Il Fatto Quotidiano, “come Movimento Cinque Stelle decideremo come usarli o restituirli alla società”.
Una delibera di identica portata è stata anche approvata a Montecitorio dove, manco a dirlo, la cifra è più alta, 35 milioni di euro circa. Ma come vengono erogati questi fondi? Sulla base dei regolamenti delle Camere. Al Senato, ciascun gruppo percepisce una quota di 300mila euro a gruppo, ma anche ogni senatore può contare su una quota di “riborso spese per il gruppo di appartenenza” di circa 60mila euro. La stessa cifra è, più o meno, quella della Camera: al Pd di Montecitorio arriveranno 4 milioni e 300 mila euro (ogni anno, si diceva, se la legislatura va avanti), al Movimento 5 stelle 4 milioni e 320mila, al Pdl 3 milioni e 600 mila, a Monti 1 milione e 400 mila, alla Lega 700 mila, a Sel 545 mila, a Fratelli d’Italia 335 mila, all’Udc 305 mila, a Centro democratico 82 mila, all’Svp 74 mila.
Ci sono, poi, partiti che hanno ottenuto percentuali più alte, ma non hanno diritto ai rimborsi perché non hanno eletto nessun parlamentare. Comunque, a queste cifre devono ancora essere aggiunti circa 250mila euro da ripartire secondo le percentuali raccolte all’estero, poi i rimborsi per le regionali. Al Senato il Pd, che ha 107 rappresentanti, riceverà sei ilioni e 634 mila euro, al Pdl (che ne ha 91) viene accreditata sul proprio conto corrente del Senato la somma di cinque milioni e 687mila euro, il Movimento 5 Stelle tre milioni e 437mila euro in base a 51 senatori, Scelta Civica un milione e 543mila e 200 euro per 21 senatori, la Lega Nord un milione 247mila e 200 euro per 16 senatori. E così via, sino al gruppo misto e agli altri due gruppi presenti in Senato.
Tirando le somme, senza guardare troppo ai decimali (che, comunque, su queste cifre contano moltissimo), il funzionamento dei gruppi costerà circa 300 milioni di euro per la prossima legislatura (se arriverà a conclusione). Ora, considerato che i gruppi politici in Parlamento ricevono anche i rimborsi elettorali (a parte i 5 stelle che li hanno rifiutati), che bisogno c’è di avere altri fondi per far funzionare gli uffici parlamentari? E ora che anche il governo, vista l’aria di una crisi che non sembra andare verso una rapida conclusione, farà approvare (così la promessa di Letta) la cancellazione dei rimborsi elettorali ai partiti, per quale motivo tenere in vita anche questa ulteriore forma di mantenimento della politica da parte del portafoglio pubblico?
C’è, anche, un ulteriore risvolto della questione, dai tratti abbastanza scandalosi. E cioè il fatto che i rimborsi per il funzionamento dei gruppi sono gestiti a totale discrezione dei capogruppo sia alla Camera che al Senato. Solo a partire da questa legislatura, una modifica al regolamento del Senato approvata il 21 novembre 2012 impone all’assemblea di ciascun gruppo di approvare un rendiconto annuale, di affidare il bilancio a una società di revisione e di pubblicare sul proprio sito internet “ogni mandato di pagamento, assegno o bonifico bancario, con l’indicazione della relativa causale”. Le somme
Le questioni economiche, però, passeranno senz’altro in seconda battuta nella settimana politica che si apre. E che, a livello parlamentare, sarà segnata dall’ultima battaglia sulla presidenza della Giunta per le autorizzazioni del Senato. La questione è finita, la settimana scorsa, con un sostanziale fischio dell’arbitro che ha rispedito le squadre negli spogliatoi a poco più di un minuto dall’inizio della “partita”. Il “campo” di gioco è risultato improvvisamente impraticabile per via del Pd in procinto di sfasciarsi e non votare – come da ordine di scuderia firmato Luigi Zanda – il candidato della destra, il leghista Raffaele Volpi. Ora (martedì) si riprova.
Ma la corsa alla poltrona presidenziale di una Giunta che diventerà fondamentale nei prossimi mesi, soprattutto se Berlusconi dovesse essere raggiunto dalla condanna definitiva per il processo Mediaset o fosse avviata dall’M5S la pratica della sua incandidabiltà, sembra ancora tutta in salita. Soprattutto perché il Pd insiste (e non si capisce proprio il perché) a voler trattare la questione Giunta in un’ottica spartitoria con le altre commissioni di garanzia che restano da assegnare, il Copasir e la Vigilanza Rai. I Cinque Stelle sembra che siano vicini alla presidenza della Vigilanza Rai, con Roberto Fico, mentre al Copasir dovrebbe (alla fine) andare Claudio Fava di Sel.
E in Giunta? Alla fine, giurano i bene informati, l’organismo di garanzia andrà alla Lega. Nella persona di Volpi oppure del capogruppo leghista Massimo Bitonci. A meno che non ci sia un colpo di scena. E cioè che le preferenze finiscano per indicare il nome di Giulio Tremonti, eletto sì con la Lega, ma ora componente del Gal (Grandi Autonomie e libertà), un gruppo “cuscinetto” che si è formato al Senato per ragini “strategiche”. Tremonti, con altri due senatori del Gal, non ha votato la fiducia al governo Letta, si è astenuto. Questo potrà essere considerato sufficiente a considerarlo d’opposizione? Chissà. Di fatto, se davvero fosse eletto presidente della Giunta, l’ex ministro dell’Economia dell’ultimo governo Berlusconi avrebbe saldamente in mano le sorti (politiche e personali) dell’ex premier. La cosa si commenterebbe da sola…
B.COME BASTA!
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Don Gallo e la rovina del Pd
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Albania, FdI: “Decidono gli stessi magistrati di prima, è una presa in giro”. Ma il motivo è l’organico carente. Viminale contro le Corti d’Appello: “Prendono tempo”
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Fdi riunisce la Direzione e lancia il sondaggio agli iscritti: “Volete la piazza anti-magistrati?”. Il dossier complottista del partito su Almasri
Roma, 1 feb. (Adnkronos) - “Desidero esprimere la mia totale solidarietà al Presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, professionista di comprovata competenza e integrità, recentemente bersaglio di un attacco inaccettabile da parte del Senatore Zaffini. Non dovrebbe essere necessario ricordare che la Fondazione GIMBE svolge un ruolo essenziale nel garantire analisi indipendenti e basate su evidenze scientifiche nel settore della sanità pubblica. Analisi che non solo aiutano l’opinione pubblica a comprendere la realtà dei fatti, ma forniscono strumenti indispensabili proprio a noi parlamentari per svolgere il nostro lavoro con cognizione di causa". Lo scrive in una nota la senatrice del Pd Susanna Camusso.
Ma ormai chiunque osi dissentire con l’operato del Governo Meloni – scienziati, magistrati, professori, giornalisti – viene puntualmente delegittimato. Peccato che sia lo stesso Presidente Zaffini ad ammettere che su sei decreti attuativi promessi per smaltire le liste d’attesa, sia stato approvato solo quello sul funzionamento della piattaforma nazionale di monitoraggio. La colpa? Dipende dal giorno: molto spesso è dei governi precedenti – nonostante la destra governi da tre anni – altre volte, come in questo caso, delle Regioni - nonostante la stessa destra stia spingendo per l’Autonomia. Mentre milioni di italiani non possono curarsi e il SSN è al collasso, il governo continua a giocare a scaricabarile, additando nemici immaginari e scaricando le colpe su chiunque tranne che su sé stesso”.
Roma, 1 feb. (Adnkronos) - "Dopo il record di 150.000 iscritti, Forza Italia rafforza il suo radicamento sul territorio con l’avvio della stagione dei Congressi Comunali e Circoscrizionali. Si parte da 9 regioni per eleggere i nuovi segretari comunali e circoscrizionali, in un percorso di partecipazione e crescita che coinvolgerà tutta Italia". Lo scrive Forza Italia sui suoi profili social.
Roma, 1 feb. (Adnkronos) - "Rispondo a chi ogni tanto ci accusa di non avere una visione. Certo che ce l'abbiamo, anche bella forte. Magari a qualcuno non piace, non sarà quello che si aspettavano dal Pd di prima, ma oggi il Pd è autodeterminato in questa direzione". In mezzo al dibattito su 'meglio presentarsi uniti o divisi per colpire uniti', innescato dalla proposta di Dario Franceschini, Elly Schlein continua a insistere sui temi piuttosto che sui tatticismi. E rilancia la visione del 'suo' Pd a fronte di perplessità, più o meno esplicite, avanzate nei suoi confronti nell'ultimo periodo.
"La giustizia sociale, la giustizia climatica, il lavoro dignitoso, l'innovazione, i diritti delle persone", elenca la segretaria dal palco della prima iniziativa col Terzo Settore (previste altre 4 a febbraio) a Monterotondo. Come aveva fatto la settimana scorsa davanti all'ospedale di Vicenza per parlare di sanità o con gli operai a Marghera o quelli della crisi Beko su lavoro e politiche industriali.
Alla questione aperta da Franceschini, Schlein ha però dato una risposta l'altra sera a Piazza Pulita dopo giorni di silenzi, conditi da freddezza dell'inner circle della segretaria. Andare divisi per colpire uniti? "Io continuo a insistere, sono testardamente unitaria", la risposta di Schlein. Insomma, nonostante al momento non vi siano passi avanti nella costruzione dell'alleanza, lo schema della segretaria non cambia. Resta 'testardamente unitario'. "Ce lo chiede la gente", la tesi di Schlein. Il sondaggio mandato in onda durante la trasmissione pare darle ragione con quasi l'80% degli elettori di centrosinistra a invocare un accordo tra le opposizioni.
Un accordo che però non c'è e la proposta di Franceschini ha avuto anche l'effetto di evidenziare ulteriormente le resistenze rispetto a un'alleanza organica. Basta leggere l'elenco di quelli che hanno promosso o quanto meno si sono detti interessati alla possibilità di 'marciare divisi, per poi colpire uniti' dopo il voto: da Carlo Calenda a Giuseppe Conte. Chi invece non è sembra interessato, è Romano Prodi che in una lunga intervista avverte: "Senza un programma condiviso non è politica, ma solo cinismo. Si possono anche vincere le elezioni, ma si uccide il Paese”.
"Ma come si può fare questo discorso due anni e mezzo prima delle elezioni?", si chiede Prodi. "Potrebbe essere l'ultima spiaggia alla vigilia del voto. Ma se partiamo dall'idea che non ci si può mettere d'accordo su un programma, mi pare difficile vincere le elezioni". L'Ulivo non è più riproponibile, aggiunge, "quel che si può fare è cercare quattro grandi problemi sui quali trovare una visione comune: sanità, casa, scuola, lavoro".
Non basta solo criticare: "Politica è dire quel che serve all'Italia per la distribuzione del reddito, la sanità, la casa. Non dire solo che mancano le risorse, ma dire come vanno riformati gli ospedali, i medici di base, le case di comunità". Chi può riuscire a federare il campo delle opposizioni in ordine sparso? Per Prodi la risposta è aperta: "Il problema è vedere chi è in grado di federare. Quel ruolo si conquista, non è dato. La competizione è aperta per tutti, Schlein e altri".
Tel Aviv, 1 feb. (Adnkronos) - Il primo ministro Benjamin Netanyahu sta valutando la possibilità di nominare il ministro degli Affari strategici Ron Dermer a capo del team negoziale di Israele per i colloqui sugli ostaggi con Hamas, secondo le notizie di Channel 12. Subentrerebbe al ruolo del capo del Mossad David Barnea. Secondo quanto riferito, Barnea resterebbe nella squadra insieme al capo dello Shin Bet Ronen Bar e all'uomo chiave per la presa degli ostaggi delle Idf Nitzan Alon, con Dermer a supervisionare i colloqui.
I funzionari israeliani hanno dichiarato che Netanyahu riconosce che i negoziatori vogliono fare tutto il possibile per garantire che la seconda fase dell'accordo sulla restituzione degli ostaggi con Hamas abbia luogo, e il premier vuole mantenere aperte le sue opzioni. Secondo Channel 12, i funzionari del team di Netanyahu affermano che, poiché i colloqui principali si stanno svolgendo con l'amministrazione Trump, dovrebbero essere guidati da qualcuno con una formazione più diplomatica, che non nella sicurezza.
Sembra che l'inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, abbia detto a Netanyahu che preferirebbe lavorare con Dermer e che ha delle riserve sulla collaborazione con l'attuale team negoziale. Witkoff e Netanyahu hanno parlato oggi, ha riferito Channel 12, aggiungendo che il primo ministro israeliano terrà un incontro stasera per decidere se inviare una delegazione di medio livello in Qatar questa settimana. In risposta, l'ufficio di Netanyahu ha affermato che "i resoconti non sono veri" e che "le decisioni sui negoziati saranno prese solo dopo il ritorno del primo ministro dagli Stati Uniti".
Roma, 1 feb. (Adnkronos) - “Ieri è stato l’ultimo giorno di lavoro di dipendenti e dirigenti Rai a viale Mazzini. Lo storico palazzo, simbolo del Servizio Pubblico, che dagli anni 60 rappresenta la Rai, chiuderà per essere interessato da importanti ed ampi lavori di ristrutturazione". Lo dichiarano i componenti di Fratelli d’Italia della Commissione Vigilanza Rai.
"Interventi che consentiranno alla Rai di usufruire di una sede moderna, digitale e all’avanguardia, capace così di confrontarsi con un mercato televisivo sempre più competitivo. È un merito di questa dirigenza che oltre a garantire un sempre più ampio pluralismo, così come si pretende dal Servizio pubblico, un’offerta e una qualità nella programmazione, adesso garantirà alla Rai anche strutture di prim’ordine. Infatti, la sede di viale Mazzini si affiancherà al nuovo centro di produzione a Milano che sarà uno dei più avanzati in Europa. Al contempo va rivolto un vivo ringraziamento ai dipendenti Rai, che stanno affrontando con grande impegno e dedizione questo significativo momento di passaggio, che servirà a costruire il Servizio pubblico del futuro”.
Ramallah, 1 feb. (Adnkronos) - Le forze israeliane hanno arrestato due giornalisti palestinesi e sequestrato la loro attrezzatura nella città di Beit Ummar, a nord di Hebron, in Cisgiordania. Lo riporta l'agenzia di stampa palestinese Wafa, citando il giornalista Ihab al-Alami, che ha riferito, dopo essere stato rilasciato, che "lui e il suo collega, Nidal al-Natsheh, sono stati arrestati dai soldati israeliani mentre documentavano i danni su terreni di proprietà palestinese vicino all'insediamento israeliano illegale di Karmei Tzur". I soldati hanno sequestrato tre telecamere prima di costringerli ad abbandonare la zona, ha aggiunto il reporter.
Roma, 1 feb. (Adnkronos) - "Oggi a Roma si è svolta la Direzione Nazionale di Fratelli d'Italia, un momento di confronto interno al partito in vista del giro di boa della metà legislatura. Non si è trattato, evidentemente, di una seduta del Consiglio dei Ministri, un dettaglio che i deputati di Italia Viva, cui resta solo la polemica, potrebbero facilmente cogliere solo sfogliando un qualsiasi manuale di diritto costituzionale". Così Antonio Baldelli, deputato di Fratelli d'Italia, risponde alle polemiche sollevate da Italia Viva sull'assenza del Presidente del Consiglio all'assemblea di FdI e sulla presenza del capo della segreteria politica, Arianna Meloni.