Migliaia di auto nella notte ad Ankara con i guidatori con la mano sul clacson, bandiere turche e ritratti di Mustafah Kemal Ataturk che sporgono dai finestrini, hanno invaso il centro per protestare contro la dura repressione da parte della polizia delle manifestazioni contro il governo del premier Recep Tayyip Erdogan a Istanbul e in decine di altre città del Paese. Migliaia di manifestanti questa mattina sono ancora concentrati nel centro della capitale turca così come a Istanbul, epicentro della rivolta contro la costruzione del terzo ponte sul Bosforo, sfociata in scontri tra manifestanti e polizia.
“Azioni estreme nella risposta della polizia”. Il premier turco Recep Tayyip Erdogan ammette le colpe delle forze dell’ordine intervenute contro i manifestanti che protestano da una settimana contro la distruzione dei 600 alberi del Gezi park nel cuore di Istanbul. Proteste che sono sfociate in duri scontri il 31 maggio e ancora nella giornata di ieri, con 939 arresti e 4 feriti gravi che perderanno la vista. Un bilancio ancora non chiaro su cui pende la denuncia di Amnesty international. Secondo l’associazione per i diritti umani, negli scontri di ieri si sarebbero registrate anche due vittime, ufficialmente non dichiarate.
Intanto il ministero degli Interni turco ha annunciato di aver aperto un’inchiesta sulle accuse di uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine. Tutti i video verranno vagliati per individuare gli agenti che hanno commesso infrazioni, si legge in un comunicato diffuso dal ministero. “L’intervento della polizia è stato mirato contro chi si scagliava contro auto, lavoratori, forze di sicurezza, titolari di negozi e cittadini. In questi casi l’uso dei gas lacrimogeni non doveva essere fatto se non assolutamente necessario – si legge nel testo – Ci aspettiamo che i nostri cittadini agiscano in modo sensato contro quei gruppi che tentano di provocarli contro le forze di sicurezza conducendo manifestazioni illegali“.
Partita come piccola mobilitazione di un gruppo di residenti, ha raccolto adesioni sempre più massicce fino a diventare un vero e proprio movimento, simile alle rivolte degli indignados di Madrid, Londra o New York. Dal 27 maggio, prima centinaia di giovani, ora migliaia, si sono accampati nel parco, per impedire la mattina ai bulldozer di sradicare gli alberi dell’ultimo polmone verde del cuore europeo della megalopoli del Bosforo, al posto del quale deve essere costruito un mega centro commerciale. All’alba ogni giorno i reparti anti-sommossa della polizia prendono d’assalto il parco, usando lacrimogeni, spray urticanti, cannoni ad acqua. Ieri, lo scontro ha raggiunto l’apice. Un centinaio di persone sono rimaste ferite, per il crollo di una antica scalinata presa d’assalto dai giovani in fuga. Sono stati arrestati in 63, ha detto il governatore. E’ stato ferito anche il deputato curdo Sirri Sureya Onder, uno dei simboli della protesta, colpito sembra da un barattolo di lacrimogeni.
Gli scontri a Gezi Park occupano adesso le prime pagine della stampa turca. La rivolta contro i piani di trasformazione di Taksim – storico luogo simbolo della manifestazioni della sinistra laica turca – e contro l’inarrestabile cementificazione di Istanbul, governata dal partito islamico Akp del premier Recep Tayyip Erdogan, si sta trasformando in una protesta contro lo stesso capo del governo e il suo stile autoritario. Il movimento è appoggiato di molti artisti e intellettuali turchi. Il leader del Chp, il principale partito di opposizione, Kemal Kilicdaroglu, ha chiesto ai suoi deputati di presidiare il parco in difesa dei manifestanti. Lo stesso Kilicdaroglu – in uno scontro sempre più violento con Erdogan a un anno dalle politiche e presidenziali – ieri è andato a Gezi Park per solidarietà con i giovani. La polizia ha risposto con un uso maggiore della forza. Gli agenti hanno bruciato le tende dei ragazzi dopo averli buttati fuori dal parco.
Erdogan, fedele alla linea del pugno di ferro con gli oppositori, aveva annunciato ai manifestanti che la distruzione del parco non si fermerà, “qualunque cosa facciate”. Oggi la retromarcia e, dopo l’intervento del presidente della Repubblica Gul – “serve moderazione” – anche la sanzione dell’uso “eccessivo” della forza da parte della polizia turca. Il premier ha previsto che al posto dell’attuale piazza e del parco venga costruito oltre al centro commerciale, una ricostituzione di caserme ottomane e una moschea. Ed è solo uno dei progetti faraonici che Erdogan – ex sindaco di Istanbul – ha varato per la ‘sua’ città, di cui vuole fare una delle capitali del mondo. Nel giro di pochi anni Istanbul distruggerà e ricostruirà un terzo delle sue case, avrà l’aeroporto ‘più grande del mondo’ una nuova ‘enorme’ moschea, con i minareti più alti del pianeta, un nuovo ‘canale di Panama’ che sdoppierà il Bosforo, un terzo ponte fra Asia e Europa.
Intanto però la protesta si è estesa anche ad Ankara. Nella capitale, i manifestanti si sono radunati di fronte al Parlamento e hanno lanciato bombe molotov contro la polizia, che a sua volta ha usato gas lacrimogeni per disperdere la folla. Sempre ad Ankara, in migliaia si sono riuniti nel parco centrale della Capitale per chiedere le dimissioni del governo. La polizia ha invece disperso decine di sostenitori dell’opposizione che tentavano di raggiungere la sede principale dell’Akp, il partito del primo ministero Recep Tayyip Erdogan. Manifestazioni di solidarierà nei confronti dei contestatori di Taksim si sono registrate anche a Eskisehir, Mugla, Konya e a Bolu.