E’ stata una giornata nera per la città di Gela. Nera come il petrolio che stamattina all’alba si è riversato nel fiume omonimo della città in provincia di Caltanissetta, dove dagli anni ’60 è attivo il grande petrolchimico dell’Eni. Una fuoriuscita di petrolio che è continuata per circa un’ora è che è stata bloccata intorno alle 7 del mattino. Non meno di una tonnellata di greggio emulsionato con acqua è fuoriuscito dall’impianto Topping 1 della raffineria gelese. Il Topping 1 è l’impianto utilizzato per le primissime fasi della raffinazione dell’oro nero. L’impianto era tornato in funzione da una settimana, dopo che per undici mesi era stato bloccato. Undici mesi di stop evidentemente hanno logorato i sistemi di sicurezza dell’impianto.
Per circa un’ora, l’olio nero fuoriuscito dal petrolchimico ha coperto il fiume Gela per alcune centinaia di metri, arrivando fino alla foce del mare. Ancora in fase di localizzazione l’esatta estensione della contaminazione ambientale. Un danno enorme che rischia di compromettere ulteriormente le condizioni ambientali della zona, dove per anni la parola lavoro era riassumibile con il logo dell’azione del cane a sei zampe. “L’impianto è stato posto sotto sequestro per esigenze probatorie e di cautela” ha dichiarato Lucia Lotti, procuratore capo di Gela, che ha aperto un’inchiesta per disastro colposo e danneggiamento aggravato. Gli inquirenti hanno accertato il mancato funzionamento della valvola di sicurezza, quella che dovrebbe impedire la fuoriuscita del greggio dall’impianto. Registrate anche forti carenze nelle manovre di sicurezza nella gestione dell’impianto.
“L’Eni ha sempre assicurato che tali investimenti sarebbero stati realizzati al più presto possibile, mentre non si riesce ad avere un crono programma preciso” ha esclamato il governatore siciliano Rosario Crocetta, ex sindaco della città di Gela. “I gruppi industriali petroliferi – ha continuato Crocetta – dovrebbero cominciare a dirci con chiarezza cosa intendono fare rispetto a impianti che hanno bisogno di tanti investimenti e manutenzioni straordinarie”. Secondo uno studio recente per mettere in sicurezza l’intera zona occorrerebbero tra i 5 e i 7 miliardi di euro. Per la bonifica l’Eni ha finora investito appena 300 milioni di euro negli ultimi dieci anni.
L’evento di questa mattina accende ancora una volta i riflettori sulla drammatica situazione ambientale che interessa la città di Gela. Una situazione particolarmente allarmante in cui svetta soprattutto l’enorme diffusione di malformazioni genetiche nel territorio gelese: numeri impetuosi che documentano come a Gela la percentuale di neonati venuti alla luce con malformazioni genetiche sia di sei volte l’atteso rispetto al resto d’Italia. “Pensavamo che con la graduale bonifica le percentuali di bambini malformati scendessero, invece nonostante la smobilitazione degli impianti quelle percentuali sono rimaste identiche durante gli anni: adesso bisognerà chiederci cosa succederà in futuro” era l’analisi tracciata l’estate scorsa dal genetista Sebastiano Bianca alle telecamere del fattoquotidiano.it, arrivate a Gela per raccontare la tragica situazione di Clorosoda, il “reparto killer” del petrolchimico gelese. Soltanto uno dei ben quindici procedimenti attualmente in corso su cui la procura di Gela sta attualmente concentrando le indagini.
@pipitone87