C’è una frase che viene sussurrata con un po’ di paura: “Come l’Ilva“. Ma se la situazione del disastro di Taranto è arrivata forse a un drammatico punto di svolta (bisogna agire il prima possibile) la Solvay a Rosignano, finita sotto inchiesta per gli scarichi abusivi nel mare toscano, sembra chiamata ad agire subito. In caso contrario entro due anni si arriverebbe ai sequestri. L’indagine della Procura di Livorno si è conclusa da poche settimane, come ha scritto Il Tirreno. Nel registro degli indagati sono finiti 5 nomi: quello di Michèle Huart, direttrice dello stabilimento, e di altri quattro ingegneri della società. Due i puntelli dell’inchiesta: 4 scarichi rimasti sconosciuti all’Arpat e una procedura per annacquare i fanghi (e aggirare i risultati delle analisi).
Ma in questo caso si va un passo oltre. C’è infatti l’ammissione da parte della stessa azienda che non tutto è stato effettuato seguendo le regole: la Solvay ha chiesto il patteggiamento che i magistrati hanno però posto a condizione di effettuare un piano di risanamento e di messa in regola che potrebbe costare fino a 10 milioni di euro. Ma è fissato già anche un limite di tempo: nel 2015 sarà effettuato un altro “tagliando” da parte degli esperti e se le cose non dovessero finalmente andare nel verso giusto si potrebbe arrivare ai sigilli del tribunale.
E dunque, una volta di più, altro che sabbia e colori caraibici: le Spiagge Bianche, raggiunte ogni giorno d’estate da centinaia di persone nonostante il divieto di balneazione per mezzo chilometro, sono bianche non certo in natura. E d’altra parte non è una novità. Basta fare un giro su internet per essere consapevoli dei rischi di sdraiarsi in quell’area e tuffarsi in quel tratto di mare. Ma oggi di nuovo c’è un punto fermo, consegnato da 4 anni di indagini – coordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Rizzo e condotte dal Reparto aeronavale della Guardia di Finanza e dall’Arpat – e da due consulenze: la prima di un pool di ingegneri chimici di Milano, la seconda di Albino Trussi, esperto (tra le altre cose) di trattamento delle acque di scarico.
Le perizie avrebbero assunto ulteriore valore grazie ai rilievi di fiamme gialle e Arpat. I tecnici dell’Agenzia ambientale continuavano a esaminare il punto di scarico “ufficiale”, quella del Fosso Bianco, e un altro utilizzato una tantum. In realtà ci sarebbero stati altri 4 scarichi fino a quel momento sconosciuti. Di più: finora, come ricorda Il Tirreno, la “consolazione” nella vulgata era che dopotutto si trattava dell’innocuo carbonato di calcio. Ora si scopre che non è così. Solo ora infatti, dopo il lavoro della magistratura, ha smesso di diluire gli scarichi. Ora ha realizzato una saracinesca per evitare che sostanze come l’ammoniaca finiscano in mare e per portarle in vasche di contenimento. Ora opera sull’impianto della sodiera per definire portate e composizione dei fanghi. Il consulente della Procura verificherà che tutto questo porti a una regolarizzazione della situazione. Altrimenti, appunto, la Procura è pronta a tornare alla carica.
Ma se la situazione di Rosignano non sembra così grave come quella di Taranto resta sullo sfondo la solita questione dell’identificazione dello stabilimento che dà lavoro a centinaia di persone con il territorio che lo ospita. Un doppio filo sottolineato in questo dal fatto che il nome dell’azienda è diventato quello della parte più popolosa e nota della cittadina (il municipio in realtà si chiama Rosignano Marittimo e Solvay è una frazione).
Il gruppo Solvay è uno dei primi dieci gruppi chimici del mondo, con oltre 30mila dipendenti in 42 paesi. In Italia ci sono 11 sedi per oltre 2mila dipendenti: quello di Rosignano è lo stabilimento più grande con 803 dipendenti. Gli impianti (circa 2mila ettari) sono stati costruiti nel 1941: la multinazionale belga estrae salgemma dai giacimenti di Volterra e del resto della Val di Cecina. Qui si produce carbonato di sodio, bicarbonato di sodio anche per uso farmaceutico, cloruro di calcio, cloro, acido cloridrico, materie plastiche, acqua ossigenata. La sodiera di Rosignano fornisce la quasi totalità del fabbisogno di carbonato di sodio dell’industria italiana.
Tuttavia cittadini e associazioni della zona (in prima fila Medicina Democratica che ha anche presentato più di un esposto) non si sono mai rassegnate e hanno chiesto con costanza un rigoroso rispetto delle regole per rispettare ambiente e regole sanitarie. Ha fatto quasi storia un referendum del 1988 che bocciò il progetto di un nuovo impianto, nonostante il parere favorevole di molti partiti, sindacati, istituzioni.
Ma i problemi restano, anche perché sono il prodotto del passato. Prendiamo il mercurio. Scrive Gianni Lannes (in prima linea anche e soprattutto contro ecomafie e inquinamenti) che l’Agenzia ambientale Onu ha classificato questo tratto costiero come uno dei 15 più inquinanti d’Italia: “Secondo le stime per difetto del Cnr di Pisa – aggiunge – nella sabbia bianca la Solvay ha scaricato 337 tonnellate di mercurio ed altri veleni: arsenico, cadmio, nickel, piombo, zinco, dicloroetano. L’elenco completo è stato pubblicato sul sito dell’Agenzia europea dell’Ambiente. Più precisamente a Rosignano, secondo Legambiente, sono state 500 tonnellate di mercurio, presenti fino a 14 chilometri dalla battigia”. Un’interrogazione del 2010 di 6 deputati del Pd, ricorda lo stesso Lannes, spiegava che nel mare “sono presenti almeno 400 tonnellate di mercurio, come verbalizzato dalla conferenza di servizi nel luglio 2009, dato confermato anche dall’Arpa Toscana. Anche il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato coinvolto grazie all’Osservatorio istituito per verificare se Solvay rispettasse l’accordo di programma del 2003, che prevedeva alcune misure di ambientalizzazione: l’arresto dell’elettrolisi del mercurio, micidiale in quanto produce cloro e soda caustica; la riduzione degli scarichi solidi bianchi fino a 60mila tonnellate l’anno”. Solvay ha peraltro ricevuto 30 milioni di euro pubblici per effettuare le bonifiche che i parlamentari democratici definirono “inesistenti”.
Ora, in ogni caso, la stretta della magistratura. Le condizioni fissate dalla Procura (la bonifica del sito e cessazione della diluizione degli scarichi) finiranno al vaglio del consulente della Procura non solo per dare il via libera al patteggiamento, ma anche per non arrivare ai sequestri.
Ambiente & Veleni
Solvay sotto inchiesta per scarichi abusivi: la paura di una Ilva toscana
Indagati la direttrice e 4 ingegneri. Per i pm c'erano punti di rilascio sconosciuti all'Arpat e i fanghi erano annacquati per diluire la concentrazione. La società chiede di patteggiare, ma la Procura pone le condizioni: risanamento e fine delle violazioni. Se nel 2015 non sarà tutto ok, potrebbero scattare i sequestri
C’è una frase che viene sussurrata con un po’ di paura: “Come l’Ilva“. Ma se la situazione del disastro di Taranto è arrivata forse a un drammatico punto di svolta (bisogna agire il prima possibile) la Solvay a Rosignano, finita sotto inchiesta per gli scarichi abusivi nel mare toscano, sembra chiamata ad agire subito. In caso contrario entro due anni si arriverebbe ai sequestri. L’indagine della Procura di Livorno si è conclusa da poche settimane, come ha scritto Il Tirreno. Nel registro degli indagati sono finiti 5 nomi: quello di Michèle Huart, direttrice dello stabilimento, e di altri quattro ingegneri della società. Due i puntelli dell’inchiesta: 4 scarichi rimasti sconosciuti all’Arpat e una procedura per annacquare i fanghi (e aggirare i risultati delle analisi).
Ma in questo caso si va un passo oltre. C’è infatti l’ammissione da parte della stessa azienda che non tutto è stato effettuato seguendo le regole: la Solvay ha chiesto il patteggiamento che i magistrati hanno però posto a condizione di effettuare un piano di risanamento e di messa in regola che potrebbe costare fino a 10 milioni di euro. Ma è fissato già anche un limite di tempo: nel 2015 sarà effettuato un altro “tagliando” da parte degli esperti e se le cose non dovessero finalmente andare nel verso giusto si potrebbe arrivare ai sigilli del tribunale.
E dunque, una volta di più, altro che sabbia e colori caraibici: le Spiagge Bianche, raggiunte ogni giorno d’estate da centinaia di persone nonostante il divieto di balneazione per mezzo chilometro, sono bianche non certo in natura. E d’altra parte non è una novità. Basta fare un giro su internet per essere consapevoli dei rischi di sdraiarsi in quell’area e tuffarsi in quel tratto di mare. Ma oggi di nuovo c’è un punto fermo, consegnato da 4 anni di indagini – coordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Rizzo e condotte dal Reparto aeronavale della Guardia di Finanza e dall’Arpat – e da due consulenze: la prima di un pool di ingegneri chimici di Milano, la seconda di Albino Trussi, esperto (tra le altre cose) di trattamento delle acque di scarico.
Le perizie avrebbero assunto ulteriore valore grazie ai rilievi di fiamme gialle e Arpat. I tecnici dell’Agenzia ambientale continuavano a esaminare il punto di scarico “ufficiale”, quella del Fosso Bianco, e un altro utilizzato una tantum. In realtà ci sarebbero stati altri 4 scarichi fino a quel momento sconosciuti. Di più: finora, come ricorda Il Tirreno, la “consolazione” nella vulgata era che dopotutto si trattava dell’innocuo carbonato di calcio. Ora si scopre che non è così. Solo ora infatti, dopo il lavoro della magistratura, ha smesso di diluire gli scarichi. Ora ha realizzato una saracinesca per evitare che sostanze come l’ammoniaca finiscano in mare e per portarle in vasche di contenimento. Ora opera sull’impianto della sodiera per definire portate e composizione dei fanghi. Il consulente della Procura verificherà che tutto questo porti a una regolarizzazione della situazione. Altrimenti, appunto, la Procura è pronta a tornare alla carica.
Ma se la situazione di Rosignano non sembra così grave come quella di Taranto resta sullo sfondo la solita questione dell’identificazione dello stabilimento che dà lavoro a centinaia di persone con il territorio che lo ospita. Un doppio filo sottolineato in questo dal fatto che il nome dell’azienda è diventato quello della parte più popolosa e nota della cittadina (il municipio in realtà si chiama Rosignano Marittimo e Solvay è una frazione).
Il gruppo Solvay è uno dei primi dieci gruppi chimici del mondo, con oltre 30mila dipendenti in 42 paesi. In Italia ci sono 11 sedi per oltre 2mila dipendenti: quello di Rosignano è lo stabilimento più grande con 803 dipendenti. Gli impianti (circa 2mila ettari) sono stati costruiti nel 1941: la multinazionale belga estrae salgemma dai giacimenti di Volterra e del resto della Val di Cecina. Qui si produce carbonato di sodio, bicarbonato di sodio anche per uso farmaceutico, cloruro di calcio, cloro, acido cloridrico, materie plastiche, acqua ossigenata. La sodiera di Rosignano fornisce la quasi totalità del fabbisogno di carbonato di sodio dell’industria italiana.
Tuttavia cittadini e associazioni della zona (in prima fila Medicina Democratica che ha anche presentato più di un esposto) non si sono mai rassegnate e hanno chiesto con costanza un rigoroso rispetto delle regole per rispettare ambiente e regole sanitarie. Ha fatto quasi storia un referendum del 1988 che bocciò il progetto di un nuovo impianto, nonostante il parere favorevole di molti partiti, sindacati, istituzioni.
Ma i problemi restano, anche perché sono il prodotto del passato. Prendiamo il mercurio. Scrive Gianni Lannes (in prima linea anche e soprattutto contro ecomafie e inquinamenti) che l’Agenzia ambientale Onu ha classificato questo tratto costiero come uno dei 15 più inquinanti d’Italia: “Secondo le stime per difetto del Cnr di Pisa – aggiunge – nella sabbia bianca la Solvay ha scaricato 337 tonnellate di mercurio ed altri veleni: arsenico, cadmio, nickel, piombo, zinco, dicloroetano. L’elenco completo è stato pubblicato sul sito dell’Agenzia europea dell’Ambiente. Più precisamente a Rosignano, secondo Legambiente, sono state 500 tonnellate di mercurio, presenti fino a 14 chilometri dalla battigia”. Un’interrogazione del 2010 di 6 deputati del Pd, ricorda lo stesso Lannes, spiegava che nel mare “sono presenti almeno 400 tonnellate di mercurio, come verbalizzato dalla conferenza di servizi nel luglio 2009, dato confermato anche dall’Arpa Toscana. Anche il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato coinvolto grazie all’Osservatorio istituito per verificare se Solvay rispettasse l’accordo di programma del 2003, che prevedeva alcune misure di ambientalizzazione: l’arresto dell’elettrolisi del mercurio, micidiale in quanto produce cloro e soda caustica; la riduzione degli scarichi solidi bianchi fino a 60mila tonnellate l’anno”. Solvay ha peraltro ricevuto 30 milioni di euro pubblici per effettuare le bonifiche che i parlamentari democratici definirono “inesistenti”.
Ora, in ogni caso, la stretta della magistratura. Le condizioni fissate dalla Procura (la bonifica del sito e cessazione della diluizione degli scarichi) finiranno al vaglio del consulente della Procura non solo per dare il via libera al patteggiamento, ma anche per non arrivare ai sequestri.
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Giustizia & Impunità
L’Italia arresta e poi scarcera il comandante libico accusato di torture dalla Corte dell’Aja. Tutti i dubbi sul ruolo del ministero di Nordio
Zonaeuro
Von der Leyen a Davos invoca l’unità europea e si appella a Trump: ‘Negoziamo, rompere non conviene’. Zelensky: ‘Ue si dia una mossa, alzi la voce con gli Usa’
Politica
Ucraina, M5s e Avs: “Stop all’invio di armi, no agli attacchi in Russia”. Ma Pd: “Rispettare impegni presi”
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Perchè il capo della polizia giudiziaria libica Almasri arrestato sabato a Torino, per la Corte Penale Internazionale colpevole di crimini di guerra e contro la dignità umana, è stato scarcerato e rimandato in Libia? È una pagina inquietante, il governo deve spiegazioni". Così su X Pierfrancesco Majorino, responsabile Politiche migratorie nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Meloni non doveva fare la guerra in tutto il globo terracqueo ai trafficanti di esseri umani e arrestarli? Oggi invece ha liberato il trafficante e torturatore libico Almasri Habish e lo ha rimandato in Libia, nonostante un mandato di arresto della Corte penale internazionale. Che vergogna Giorgia Meloni". Lo dichiara il coportavoce nazionale di Europa Verde e deputato di AVS Angelo Bonelli.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Rimaniamo in attesa della conferma ufficiale e della motivazione che ha portato alla scarcerazione del trafficante di esseri umani libico arrestato nei giorni scorsi a Torino". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs.
"Naturalmente se questo personaggio potrà lasciare tranquillamente l’Italia invece di essere consegnato alla Corte Penale Internazionale per essere giudicato sarà chiaro a tutti - alla CPI, all’Interpol, alla comunità internazionale e ai cittadini del nostro Paese - che l’attuale governo italiano, Meloni, Nordio, Piantedosi proteggono i trafficanti di esseri umani e i torturatori libici".
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "È gravissimo che il comandante della polizia giudiziaria libica Najeem Osema Almasri Habish, arrestato domenica scorsa a Torino, sia stato rilasciato e rinviato in Libia, nonostante ci sia un mandato d’arresto della Corte penale internazionale. Presentiamo una interrogazione urgente al ministro Nordio affinché venga a riferire in aula già nelle prossime ore”. Lo afferma il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "La vicenda della scarcerazione del generale Almasri è gravissima. Domani mattina chiederemo conto al Ministro Nordio in aula di questa scelta che a noi sembra assurda. Cosa c’è sotto?". Così Matteo Renzi sui social.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - “Per il ministro Salvini, dal primo di gennaio i ritardi ferroviari sono tutta colpa dell'eversione e del sabotaggio. Peccato che i dati dell’ultimo trimestre, senza catene sulla linea, senza sabotaggi, senza esposti, dicano che il 72 % dei treni ad alta velocità è arrivato in ritardo, che il Frecciargento Bari - Roma non è mai arrivato in orario e che il Frecciarossa Reggio Calabria - Milano ha avuto un ritardo medio di 46 minuti, con picchi di 468 minuti". Lo ha dichiarato Matteo Richetti, capogruppo di Azione alla Camera, rispondendo all’informativa del ministro Salvini sul trasporto ferroviario.
"I rimborsi complessivi dovuti a Trenitalia per ritardi dei treni sono superiori a 100 milioni di euro l'anno: circa 8 milioni e mezzo di euro al mese. Davanti a questa situazione emergenziale, ancora una volta il Ministro evita di discutere in aula la sua strategia dei trasporti. Avremmo voluto sapere dal Ministro se conferma la scelta di aumentare l’offerta dell’alta velocità, atteso il fatto che questo aumento contrae la possibilità di manutenzione ordinaria e quindi la prevenzione dei guasti".
"Soprattutto perché, se su quella stessa rete si pensa di mettere un terzo operatore, l'usura sarà ulteriormente esasperata. È su questo che avevamo chiesto un'informativa del Ministro: sui ritardi, sui guasti, sui disagi, sulle strategie per le politiche del trasporto pubblico in Italia, non sugli esposti sacrosanti. Ancora un’occasione perduta”.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Giorgia Meloni voleva inseguire i trafficanti di esseri umani in tutto il globo terracqueo, ne era stato arrestato uno libico in Italia e invece di dare seguito alle richieste della Corte penale internazionale che lo accusa di crimini di guerra e contro la dignità umana, lo hanno rimandato impunito in Libia. Il governo chiarisca immediatamente perché Almasri è stato scarcerato e lasciato andare". Così la segretaria del Pd Elly Schlein