Quelle riforme sono “inutili”. Peggio, sono “una truffa ai danni dell’ordinamento della Repubblica tentata da una politica che punta ormai a sopravvivere a se stessa”. Parole come pietre, che non piovono dal blog di Grillo o dall’uomo della strada che trasuda antipolitica, ma da uno stimatissimo e misurato costituzionalista . E non è il solo a impallinare il governo. Ieri ha fatto scalpore il passo indietro di Lorenza Carlassarre e prima ancora i militanti della Carta di Libertà e Giustizia, da Zagrebelsky a Settis, dal palco di Bologna avevano tuonato contro l’operazione. Sono un partito, ha risposto qualcuno. E allora, che cosa pensano i costituzionalisti che stanno fuori dall’agone politico? Cosa dicono di tutta questa vicenda quei professori che insegnano ai nostri studenti di diritto i fondamenti della Costituzione? Cosa stanno spiegando? Per capirlo abbiamo posto quattro domande a tre stimati cattedratici di grandi università italiane rigorosamente non ‘precettati’: si tratta di Antonio D’Andrea (professore ordinario della Facoltà di Giurisprudenza di Brescia), Aldo Lo Iodice (ordinario di Diritto costituzionale a Bari) e Andrea Morrone (professore diritto costituzionale a Bologna). Ognuno trarrà le sue conclusioni, ma alla fine una cosa sola sembra più certa delle altre: nel cielo del costituzionalismo italiano non regna alcuna concordia sui propositi e gli esiti dichiarati dal governo. E non è un bel segno.
1) Ha senso fare le riforme costituzionali in questo momento politico? C’è il necessario “spirito costituente”? E una priorità in presenza di una grave crisi economica e della rappresentanza?
ANTONIO D’ANDREA – E’ un clamoroso errore di prospettiva impegnare tanto le Camere quanto e, a maggior ragione, il Governo sul terreno delle riforme costituzionali che non solo non sarebbero necessarie ma rappresentano la solita patetica scusa per non affrontare nel merito le note questioni di indirizzo politico. Quanto allo spirito costituente mi pare che sia sopraffatto dalla “compulsione riformista” che si allarga purtroppo oltre il tollerabile e che rappresenta un inganno deprecabile per la comunità politica cui si lascia credere che le questioni non si possono affrontare per problemi di quadro ordina mentale. Una vera e inspiegabile truffa che copre il vuoto di un sistema politico da ricostruire totalmente.
ALDO LO IODICE – In effetti non ha molto senso fare le riforme costituzionali in questo momento politico, non pare che vi sia un effettivo spirito costituente tale da ribaltare l’intero costrutto costituzionale. In ogni caso non considero una priorità le riforme costituzionali rispetto alla crisi economica e … a quella della rappresentanza.
ANDREA MORRONE – Il governo Letta è un “governo del Presidente della Repubblica”, sia pure sostenuto dalla maggior parte delle forze politiche. Non dobbiamo dimenticare che dopo lo stallo uscito dalle elezioni politiche quasi tutti i partiti hanno chiesto a Napolitano un secondo mandato, e che il Capo dello Stato ha accettato a condizione che le forze politiche si assumessero la responsabilità di fare le riforme istituzionali necessarie per il Paese. Riforme, senza le quali, anche la crisi economica non potrà essere adeguatamente affrontata, perché essa dipende (nessuno lo dice chiaramente) anche dalla debolezza delle politiche nazionali, fatte da una classe dirigente dimostratasi non all’altezza della situazione.
2) La classe politica promette da anni la riforma della legge elettorale, priorità dichiarata del governo delle “larghe intese”. La corte costituzionale darà presto un giudizio di legittimità. E’ opportuno modificarla a parte, con legge ordinaria e in corsia d’emergenza?
ANTONIO D’ANDREA – La riscrittura della legge elettorale che ridia una vera rappresentanza alle Camere è la sola, vera emergenza da affrontare con immediatezza; questa questione non può essere “affogata” con le altre ben più impegnative questioni legate alla forma di governo: si tratta del solito deprimente giochetto per non procedere subito in questa semplice direzione e magari consentire di andare subito al voto liberando il Paese da questa incomprensibile ammucchiata politica che faccio fatica a capire a chi possa giovare. Le riforme costituzionali, anche quelle che potrebbero utilmente essere introdotte, sono pregiudicate totalmente dall’assenza di forze politiche credibili.
ALDO LO IODICE – La legge elettorale andrebbe riformata immediatamente, anche perché è stata inviata all’esame della Corte Costituzionale. Sarebbe dannoso per il paese se si dovessero affrontare nuove elezioni con l’attuale legge elettorale. L’inserimento della modifica della legge elettorale nelle riforme costituzionali è un alibi per non modificarla e pertanto non può essere condivisa.
ANDREA MORRONE – La legge elettorale andava modificata nella scorsa legislatura, non a caso avevo guidato e con successo un movimento popolare che chiedeva l’abrogazione del “porcellum”, ma l’arroccamento del sistema politico ha impedito che si superasse una legge in fondo gradita a tutti gli attori, perché permette a pochi di nominare tutti i parlamentari, senza scelta da parte dei cittadini (a meno di credere che un rimedio siano le primarie o le parlamentarie). Ora, di fronte alla prospettiva di riforme istituzionali, è logico collegare la nuova legge elettorale alla nuova forma di governo che il Parlamento dovrà varare. C’è un rischio però: la voglia di “porcellum”, più che i veti politici reciproci, potrebbe alla fine arenare, con le riforme costituzionali, anche ogni tentativo di superare l’attuale legge elettorale. Siamo ancora una volta davanti alla “trappola” del “porcellum”.
3) Si parla di una possibile riforma in senso presidenzialista o semipresidenzialista. Secondo lei è un modello proponibile in un paese come l’Italia, e in quale forma? Quali cambiamenti per l’opportuno equilibrio dei poteri?
ANTONIO D’ANDREA – Il semipresidenzialismo alla francese è il più deprecabile sistema di governo per chi abbia effettivamente a cuore la centralità dell’organo parlamentare, si tratta di cose note; molto meglio per gli equilibri che si realizzano l’ordinamento presidenziale nordamericano; in ogni caso si tratta di modelli di governo sconsigliabili alla precaria democrazia italiana, ignorare tale precarietà è non conoscere o peggio sottovalutare la storia repubblicana che qualcosa avrebbe potuto insegnare.
ALDO LO IODICE – Si può ritenere possibile una riforma in senso semi presidenzialista, che è più vicino allo spirito del sistema costituzionale italiano che, tuttavia, è parlamentare. Senonché negli ultimi temi il Presidente ha dimostrato una capacità di inserimento nel sistema politico costituzionale molto apprezzabile.
ANDREA MORRONE – Più di ogni cosa dobbiamo augurarci un cambio culturale, mettere da parte l’ossessione del tiranno (il falso spettro del fascismo), e la moda italica degli ultimi 20 anni di guardare alle riforme solo per salvare o per distruggere Silvio Berlusconi. Se è vero, come dimostra la storia costituzionale, che il modello parlamentare italiano (pensato per rispondere alla divisione del mondo in due blocchi e alla scissura tra cattolici e comunisti) ha esaurito la sua funzione, come sapevano bene i Padri costituenti, l’alternativa è scegliere tra il modello semipresidenziale francese o il premierato (inglese, tedesco o spagnolo). Ogni decisione, però, non solo quella per il semipresidenzialismo, richiede regole di contorno, che assicurino l’equilibrio dei poteri. A un governo che dirige la politica nazionale, devono corrispondere regole per assicurare all’opposizione poteri di controllo effettivi. In ogni caso, lo ripeto, qualunque modello istituzionale sarà scelto, dovrà essere fatta una legge sul conflitto di interessi: o si pensa che questa legge, e altre forme di garanzia, sono necessarie solo se si sceglie il modello semipresidenziale?
4) Molti sostengono che la Costituzione sarebbe prima di tutto da rispettare e attuare. Secondo lei, sul piano istituzionale, quali meccanismi meriterebbero di essere rispettati e attuati con pratiche politiche più rigorose e possibili riforme con leggi ordinarie?
ANTONIO D’ANDREA – Ricostruire, partendo dalle grandi e sperimentate idealità nazionali ed europee, il sistema politico italiano rilanciando necessariamente il sistema parlamentare: i Governi nascono e muoiono nelle Camere per responsabilità delle forze politiche che rispondono dinanzi agli elettori delle scelte compiute limpidamente e assumendosi il peso della loro rappresentatività; basta demagogia populista ed esaltazione della individuazione diretta del leader-Capo del Governo; la democrazia diretta è correttiva non sostitutiva di quella rappresentativa e quest’ultima non può prescindere dai partiti politici, come richiesto dal’art.49 Cost. Partiti dunque non leader che lisciano il pelo agli elettori.
ALDO LO IODICE – In ogni caso la Costituzione va prima di tutto rispettata ed attuata, occorre tenere conto dello spirito e dei contenuti.
ANDREA MORRONE – Per continuare a realizzare i valori della Costituzione, è necessario un sistema politico strutturato e un modello di governo stabile, credibile, investito direttamente dai cittadini elettori, come nelle democrazie che funzionano meglio della nostra. Ho parlato di riforme istituzionali: non solo modifiche della Costituzione dunque (superare il bicameralismo paritario che non a caso ha solo l’Italia; fare del governo il responsabile comitato direttivo della maggioranza e non l’ostaggio di microinteressi e di poteri non trasparenti; rafforzare la funzione oppositoria e l’effettiva indipendenza della magistratura). Sono necessarie, infatti, anche nuove leggi ordinarie (sul conflitto di interessi, sui media, sulla forma partito, sulla rappresentanza sindacale, sulle elezioni), e nuovi regolamenti parlamentari (quelli attuali sono del 1971, scritti e, nonostante qualche ritocco, sopravvissuti bene come la migliore garanzia di logiche politiche consociative e partitocratiche). E’ necessario allora fare e fare bene, senza continuare a illudere i cittadini che tutto ciò che abbiamo e’ (ancora) “la costituzione più bella del mondo”.