Il deposito di stoccaggio gas di Rivara “è un capitolo chiuso”. Ci sono voluti anni di battaglie, una petizione da cinquantamila firme stretta in pugno e la mobilitazione di tutte le istituzioni locali, dai Comuni alla Regione, per porre la parola ‘fine’ al progetto che prevedeva di costruire un maxi impianto sotterraneo di oltre 120 chilometri quadrati per ospitare 3,7 miliardi di metri cubi di gas in acquifero tra i comuni di San Felice sul Panaro, Finale Emilia, Medolla, Mirandola e Camposanto. Tutti terremotati. Tutti da ricostruire dopo i fenomeni sismici del maggio 2012. Ma cambiato il governo e cambiato il ministro, lo ‘stop’ tanto atteso è arrivato: il titolare del dicastero dell’Ambiente, Andrea Orlando è giunto la dove il predecessore Corrado Clini aveva ‘tentennato’, chiudendo definitivamente anche sui procedimenti secondari ancora aperti relativi al progetto del deposito di gas a Rivara. E concedendo un sospiro di sollievo agli abitanti del territorio.
La battaglia è cominciata nel 2005, quando il governo guidato da Silvio Berlusconi si espresse favorevolmente sull’idoneità tecnica del progetto presentato nel 2002. Poi nel 2006 Independent Gas Management s.r.l, società da cui nel 2008 è nata appositamente la Ers, del gruppo inglese Independent Resources, ottenne il lasciapassare del successore Romano Prodi. Il tema divenne ancora più sensibile dopo il sisma, quandi i cittadini si costituirono in comitati di protesta. Al loro fianco le istituzioni, i Comuni del ‘cratere’, tutti contrari alla costruzione del deposito, pronti a stabilire un ordine del giorno congiunto per chiedere che il ministero chiudesse definitivamente la faccenda. Il sindaco di Camposanto Antonella Baldini, alla vigilia delle elezioni, poche settimane fa, disse: “Se non dovessi essere riconfermata parlerò col mio successore. Il ministro deve dare una risposta ufficiale”. Perché quella risposta era ciò che mancava a sigillare la travagliata vicenda.
L’intento era cancellare un’ombra in una terra piegata dai terremoti di maggio 2012, che in pochi secondi provocarono 45.000 sfollati, 28 vittime e 13 miliardi di danni in un’area di 59 comuni. La Regione Emilia Romagna, in realtà, ci aveva provato anche prima che le scosse squartassero aziende, case e scuole. Ci aveva provato il 23 aprile 2012, quando la giunta, con la delibera 512 intitolata “diniego all’intesa Stato-Regioni ai sensi del comma 7 art. 3 del Decreto Ministero Sviluppo Economico 21-01-2011”, impugnata dalla Erg Rivara Storage, proponente del progetto, in un ricorso al Tar , si oppose all’avviamento del programma preliminare di ricerca scientifica.
Ma solo il terremoto fece cambiare idea al governo, che qualche mese prima, a febbraio, aveva dato il via libera alle operazioni di accertamento. Il 23 maggio, quindi 3 giorni dopo la prima scossa, il ministro Clini temporeggiò su quella decisione, invitando a una “maggiore prudenza” e a “ulteriori aggiornamenti”, salvo poi prendere una posizione più netta quando il ‘no’ della Regione fu recepito chiaramente dall’allora titolare del dicastero allo Sviluppo Economico, Corrado Passera, che rigettando la richiesta di autorizzazione ad effettuare ricerche finalizzate alla verifica della fattibilità dello stoccaggio di gas naturale a Rivara, dichiarò “chiusa” la “partita”. Nonostante la commissione Via, intestina al dicastero all’Ambiente, a sorpresa si fosse espressa favorevolmente. La firma fu negata e Erg, prima, e Independent Resources, subito dopo, decisero di fare un passo indietro, e abbandonare il campo.
Mancava solo quell’ultimo passaggio, quindi, che “il ministero dell’Ambiente, che già si era detto contrario al deposito, prendesse a sua volta una posizione ufficiale”. Un appello che il commissario alla ricostruzione Vasco Errani aveva ribadito anche il 30 maggio scorso, quando il presidente del consiglio Enrico Letta si recò in visita a Mirandola per commemorare le vittime del terremoto: “Tutte le istituzioni unite hanno detto ‘no’ al progetto del deposito gas a Rivara – aveva sottolineato Errani – la pratica ora deve essere chiusa definitivamente”. Il “rischio sismico”, aveva dichiarato a più riprese anche Gian Carlo Muzzarelli, assessore regionale alle Attività produttive, “non è sottovalutabile”, così come non è “quantificabile il pericolo insito nelle operazioni di immissione e estrazione del gas”. “Come già ampiamente comprovato da studi, le trivellazioni necessarie sono altamente pericolose in una zona sismica come quella del modenese – spiega lʼassessore – e non cʼè alcuna ragione per stoccare in acquifero visto che ci sono almeno cinque depositi di gas esauriti e in via di esaurimento che si adattano benissimo allo scopo”. LʼEmilia Romagna, con i suoi 21 siti, contribuisce infatti a fare da serbatoio al resto dello stivale per circa il 30% di tutto il gas stoccato in Italia.
E grazie al passaggio di testimone avvenuto con le elezioni di febbraio, ora quello ‘stop’ è arrivato. Orlando ha dichiarato che il procedimento di Via, che era ancora pendente in quanto “endoprocedimento”, è da considerarsi ormai definitivamente decaduto, o meglio, “caducato”. E “finalmente la partita è chiusa”, commenta la deputata Pd Manuela Ghizzoni, “E’ un bene che a quella stessa domanda, già da me presentata in autunno, il nuovo esecutivo abbia dato una risposta di segno opposto”.