La terribile troika che ha gestito la crisi europea negli ultimi quattro anni non esiste più. La forzata collaborazione tra Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale è stata rotta dalle 69 pagine di un paper. Il rapporto del Fmi sulla Grecia (il cosiddetto “articolo IV”, una sorta di bilancio annuale) è stato letto – anche con qualche forzatura – come un’ammissione di colpa, la diagnosi che le politiche imposte al governo di Atene dai creditori internazionali erano sbagliate, “l’aggiustamento della Grecia sta avvenendo soprattutto grazie alla recessione e non a riforme che favoriscano la produttività”. Un portavoce della Commissione europea, Simon O’Connor, si è presentato ieri al quotidiano briefing di mezzogiorno e, alle domande dei giornalisti greci, ha risposto con una dichiarazione durissima: “Siamo profondamente in disaccordo con il Fondo”. La Commissione accusa il Fondo monetario di non aver capito la natura della crisi europea, contesta l’idea espressa nel rapporto di Washington che la ristrutturazione del debito (cioè il default parziale dello Stato greco) dovesse avvenire prima, e rivendica il successo delle riforme adottate dal governo di Atene.
Con quale credibilità questi due vertici della troika potranno collaborare in futuro? I Paesi sotto programma di aggiustamento impareranno in fretta a fare come quei bambini che riescono ad approfittare delle liti tra i genitori per comportarsi come preferiscono. Qualche giorno fa, l’europarlamentare Sylvie Goulard, al festival dell’Economia di Trento, aveva previsto la fine della troika. Aveva ragione. E questa, tutto sommato, è una buona notizia: il Fondo monetario non doveva avere alcuno ruolo nella gestione della crisi europea, ma è stato coinvolto su esplicita richiesta della Germania che non si fidava della capacità della Commissione di imporre le “condizionalità” abbinate ai prestiti di emergenza. Angela Merkel non credeva che la Commissione di José Barroso potesse costringere la Grecia (e poi il Portogallo, l’Irlanda, la Spagna e Cipro) a fare i “compiti a casa”, secondo l’umiliante espressione tanto spesso ripetuta da Mario Monti.
Ma era Bruxelles a stabilire la lista dei “compiti a casa” da fare. E ora il Fondo dice: noi abbiamo reso lo scolaro diligente, ma il programma di studio era assurdo. Lo scontro tra i due vertici del triangolo del rigore coinvolge, inevitabilmente, anche il terzo componente, la Banca centrale europea di Mario Draghi. Nella conferenza stampa mensile di ieri, il presidente ha detto che non è “per nulla d’accordo” con il report del Fondo monetario sulla Grecia. Draghi resta un difensore dell’ortodossia di matrice tedesca, almeno in campo fiscale: spiega che l’unica via per la ripresa è puntare sulle esportazioni (quindi è giusto ridurre il costo del lavoro e i salari per rendere più competitive le imprese, anche al prezzo di massacrare la domanda interna), che la riduzione dei debiti pubblici è dolorosa ma inevitabile e che la Grecia , pur avendo perso un terzo del Pil in tre anni, sta marciando nella direzione giusta. Draghi però è anche pragmatico, sa distinguere tra breve e lungo periodo, quando è stato necessario e politicamente possibile ha forzato i limiti della tolleranza tedesca. Lo scorso anno ha annunciato le Omt, l’acquisto illimitato di titoli di Stato per i Paesi che ne fanno richiesta impegnandosi a un programma di riforme. Uno scudo che ha funzionato nonostante (o forse proprio per questo) nessuno lo abbia mai usato. L’euro si è salvato, come ricorda sempre Draghi spiegando che il “rischio di denominazione” è sceso. Ora bisognerebbe salvare l’economia reale.
Le autocritiche e le polemiche sulla gestione della crisi tra 2010 e 2013 non sembrano però avere conseguenze sulle scelte da fare oggi. Draghi ha spiegato in ogni modo possibile che c’è bisogno di due interventi: far arrivare liquidità alle imprese (non basta prestare a basso costo alle banche se queste poi non girano i soldi all’economia reale) e spingere le banche a ripulire i propri bilanci, ricapitalizzandosi quando serve. Il presidente della Bce ha chiarito che non ci sono ostacoli tecnici. Come dire: tutti i problemi sono politici. L’opposizione della Germania ha già rinviato a un remoto futuro l’idea di trasformare i crediti delle banche verso le imprese in derivati Abs (Asset backed securities). Draghi precisa però che “non so chi abbia messo in giro l’idea che potevamo comprare crediti arretrati delle imprese italiane verso lo Stato”.
La Bce è consapevole e pronta a intervenire, ma paralizzata dalla politica e meno libera di quanto sembrava. L’Europa sta perdendo quella che, con felice sintesi, l’economista Lucrezia Reichlin ha definito “istituzione di ultima istanza”, l’unica che ha (aveva) la prontezza di riflessi necessaria per affrontare la rapida successione di catastrofi di questi anni. Cioè la Bce.
La troika è implosa, come era inevitabile, ma il rischio è che la dittatura rigorista sia sostituita da un’anarchia forse peggiore. E Draghi, che finora ha permesso all’euro di sopravvivere e all’Europa di progettare un minimo di futuro, sembra imbrigliato dalla Germania che, bloccando l’unione bancaria, lo indebolisce. Mossa che rischia di rivelarsi molto stupida, visto che la pazienza dei mercati non durerà molto, col miracolo giapponese già offuscato e la Federal Reserve che si prepara a riassorbire la montagna di dollari immessa nel sistema. Forse un giorno anche la Germania farà autocritica. Ma non oggi.
Twitter @stefanofeltri
Stefano Feltri
Giornalista
Zonaeuro - 7 Giugno 2013
La troika è morta, la Bce non sta bene
La terribile troika che ha gestito la crisi europea negli ultimi quattro anni non esiste più. La forzata collaborazione tra Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale è stata rotta dalle 69 pagine di un paper. Il rapporto del Fmi sulla Grecia (il cosiddetto “articolo IV”, una sorta di bilancio annuale) è stato letto – anche con qualche forzatura – come un’ammissione di colpa, la diagnosi che le politiche imposte al governo di Atene dai creditori internazionali erano sbagliate, “l’aggiustamento della Grecia sta avvenendo soprattutto grazie alla recessione e non a riforme che favoriscano la produttività”. Un portavoce della Commissione europea, Simon O’Connor, si è presentato ieri al quotidiano briefing di mezzogiorno e, alle domande dei giornalisti greci, ha risposto con una dichiarazione durissima: “Siamo profondamente in disaccordo con il Fondo”. La Commissione accusa il Fondo monetario di non aver capito la natura della crisi europea, contesta l’idea espressa nel rapporto di Washington che la ristrutturazione del debito (cioè il default parziale dello Stato greco) dovesse avvenire prima, e rivendica il successo delle riforme adottate dal governo di Atene.
Con quale credibilità questi due vertici della troika potranno collaborare in futuro? I Paesi sotto programma di aggiustamento impareranno in fretta a fare come quei bambini che riescono ad approfittare delle liti tra i genitori per comportarsi come preferiscono. Qualche giorno fa, l’europarlamentare Sylvie Goulard, al festival dell’Economia di Trento, aveva previsto la fine della troika. Aveva ragione. E questa, tutto sommato, è una buona notizia: il Fondo monetario non doveva avere alcuno ruolo nella gestione della crisi europea, ma è stato coinvolto su esplicita richiesta della Germania che non si fidava della capacità della Commissione di imporre le “condizionalità” abbinate ai prestiti di emergenza. Angela Merkel non credeva che la Commissione di José Barroso potesse costringere la Grecia (e poi il Portogallo, l’Irlanda, la Spagna e Cipro) a fare i “compiti a casa”, secondo l’umiliante espressione tanto spesso ripetuta da Mario Monti.
Ma era Bruxelles a stabilire la lista dei “compiti a casa” da fare. E ora il Fondo dice: noi abbiamo reso lo scolaro diligente, ma il programma di studio era assurdo. Lo scontro tra i due vertici del triangolo del rigore coinvolge, inevitabilmente, anche il terzo componente, la Banca centrale europea di Mario Draghi. Nella conferenza stampa mensile di ieri, il presidente ha detto che non è “per nulla d’accordo” con il report del Fondo monetario sulla Grecia. Draghi resta un difensore dell’ortodossia di matrice tedesca, almeno in campo fiscale: spiega che l’unica via per la ripresa è puntare sulle esportazioni (quindi è giusto ridurre il costo del lavoro e i salari per rendere più competitive le imprese, anche al prezzo di massacrare la domanda interna), che la riduzione dei debiti pubblici è dolorosa ma inevitabile e che la Grecia , pur avendo perso un terzo del Pil in tre anni, sta marciando nella direzione giusta. Draghi però è anche pragmatico, sa distinguere tra breve e lungo periodo, quando è stato necessario e politicamente possibile ha forzato i limiti della tolleranza tedesca. Lo scorso anno ha annunciato le Omt, l’acquisto illimitato di titoli di Stato per i Paesi che ne fanno richiesta impegnandosi a un programma di riforme. Uno scudo che ha funzionato nonostante (o forse proprio per questo) nessuno lo abbia mai usato. L’euro si è salvato, come ricorda sempre Draghi spiegando che il “rischio di denominazione” è sceso. Ora bisognerebbe salvare l’economia reale.
Le autocritiche e le polemiche sulla gestione della crisi tra 2010 e 2013 non sembrano però avere conseguenze sulle scelte da fare oggi. Draghi ha spiegato in ogni modo possibile che c’è bisogno di due interventi: far arrivare liquidità alle imprese (non basta prestare a basso costo alle banche se queste poi non girano i soldi all’economia reale) e spingere le banche a ripulire i propri bilanci, ricapitalizzandosi quando serve. Il presidente della Bce ha chiarito che non ci sono ostacoli tecnici. Come dire: tutti i problemi sono politici. L’opposizione della Germania ha già rinviato a un remoto futuro l’idea di trasformare i crediti delle banche verso le imprese in derivati Abs (Asset backed securities). Draghi precisa però che “non so chi abbia messo in giro l’idea che potevamo comprare crediti arretrati delle imprese italiane verso lo Stato”.
La Bce è consapevole e pronta a intervenire, ma paralizzata dalla politica e meno libera di quanto sembrava. L’Europa sta perdendo quella che, con felice sintesi, l’economista Lucrezia Reichlin ha definito “istituzione di ultima istanza”, l’unica che ha (aveva) la prontezza di riflessi necessaria per affrontare la rapida successione di catastrofi di questi anni. Cioè la Bce.
La troika è implosa, come era inevitabile, ma il rischio è che la dittatura rigorista sia sostituita da un’anarchia forse peggiore. E Draghi, che finora ha permesso all’euro di sopravvivere e all’Europa di progettare un minimo di futuro, sembra imbrigliato dalla Germania che, bloccando l’unione bancaria, lo indebolisce. Mossa che rischia di rivelarsi molto stupida, visto che la pazienza dei mercati non durerà molto, col miracolo giapponese già offuscato e la Federal Reserve che si prepara a riassorbire la montagna di dollari immessa nel sistema. Forse un giorno anche la Germania farà autocritica. Ma non oggi.
Twitter @stefanofeltri
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Roma, 15 feb (Adnkronos) - "I vigliacchi di Hamas ancora una volta esibiscono ostaggi, ma si mostrano a volto coperto. Perché sono dei codardi. Sono protagonisti di un’azione terroristica che dimostra la loro impossibilità di proporsi come uno Stato". Lo dice Maurizio Gasparri.
"O i palestinesi si liberano di questa setta di terroristi vigliacchi o non potranno essere interlocutori della comunità internazionale. Non si può parlare di due popoli e di due Stati quando c'è uno stato democratico, un popolo perseguitato, Israele e gli israeliani, e c'è un popolo palestinese che si fa comandare da questi vili criminali, che si nascondono perché non hanno il coraggio di mostrare il loro volto da assassini al mondo intero", aggiunge il presidente dei senatori di FI.
Roma, 15 feb. (Adnkronos) - Non saranno sempre "una cosa bellissima", come diceva l'allora ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, ma le tasse restano stabilmente nella top ten dei temi 'divisivi' del centrosinistra. L'ultima accesa discussione, e non è certo la prima volta, è scoppiata sulla patrimoniale. Un 'evergreen', dall'Ulivo al campo largo. Che adesso vede, appunto, coinvolti Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e tutto il fronte alternativo al centrodestra.
A far (ri) scoppiare la polemica è stato lo stesso Fratoianni che, ad un convegno sui sistemi fiscali si è rivolto ai compagni di viaggio, seduti al suo fianco per ascoltare le relazioni del premio nobel Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz e dell'economista Hayati Ghosh. "Mi rivolgo a voi: verrà presto il momento di formulare una proposta per l’alternativa e bisogna dire che per una patrimoniale sulle grandi ricchezze è arrivato il momento, non si può rinviare", ha detto il leader di SI a Schlein e Conte.
Da lì, il dibattito è partito incontenibile. Ai leader di sinistra, c'è da dire, è arrivato l'abbrivio di Stiglitz che, citando il Papa, ha sottolineato: "Le tasse sono uno strumento importante per proteggere i poveri". Ma a sinistra non c'era certo bisogno dell'endorsement di un premio Nobel per accendere la miccia sul fisco. I più 'nostalgici' ricordano la mossa elettorale di Rifondazione comunista. Correva l'anno 2006, il partito di Nichi Vendola era al governo (quello con Padoa Schioppa ministro) e per le elezioni pensò di riempire le città con i manifesti con la foto di un panfilo e lo slogan preso da una telenovela degli anni '70: 'Anche i ricchi piangano'. Da lì a poco la stagione dell'Ulivo arrivò al capolinea.
(Adnkronos) - Eppure l'idea del 'prelievo forzoso' sulla quale i progressisti sono messi da sempre all'indice dagli avversari politici non è una idea di sinistra. A inventarlo, in Italia, è il governo Nitti nel 1919 per far quadrare i conti traballanti. Ma lo fa anche Mussolini, dopo la guerra in Etiopia, nel '36. Per gli stessi motivi. Eppure è sempre a sinistra che si guarda (e si polemizza) quando si parla di tasse. Silvio Berlusconi ha costruito una campagna anti sinistra, una costante della sua carriera politica, sin quando parlava del prelievo "con il favore delle tenebre" a proposito del 6xmille retroattivo sui conti correnti imposto dal governo Amato nel '92 per arginare le falle dei conti pubblici.
E le polemiche su Matteo Renzi e l'Imu? "Elimineremo noi, perché gli altri hanno fatto la finta, la tassa sulla prima casa, l'Imu agricola e sugli imbullonati", annunciò l'allora premier all'assemblea del Pd, finendo nel mirino con l'accusa di 'berlusconismo'. Ma gli esempi sono tanti, anche più recenti. Alle elezioni del 2022 Enrico Letta lanciò la proposta della dote ai 18enni, un capitale di circa 10mila euro da spendere in formazione, casa o per avviare una attività. "Sarà finanziata con la tassa di successione per i patrimoni plurimilionari", spiegò il segretario del Pd, subito accusato di voler introdurre la patrimoniale in maniera surrettizia.
A distanza di anni i progressisti si trovano ancora, sempre, alle prese con la discussione sul fisco e sulle varie ricette per le tasse. Con Schlein che oggi dice: "Non è un tabù un intervento sui grandi patrimoni", indicando però una soluzione "almeno a livello europeo" sulle orme di quella suggerita dal presidente brasiliano Lula al G20. E Conte che invita a parlare di tasse ma "in modo intelligente", per "contrastare il capitalismo parassitario".
Roma, 15 feb (Adnkronos) - "Nella giornata di oggi, 15 febbraio, presso i locali della federazione provinciale del Pd in corso Mazzini, si è svolto l’incontro fra la delegazione del Partito democratico, composta da Vittorio Pecoraro, segretario provinciale, Rosi Caligiuri, segretaria cittadina, e Francesco Alimena, capogruppo Pd in Consiglio comunale, con il sindaco di Cosenza, Franz Caruso". Lo spiegano in una nota congiunta gli stessi Pecoraro, Caligiuri e Alimena.
"Nell’esprimere il proprio sostegno all’esperienza amministrativa, il Partito democratico, ribadendo la propria unità, ha rappresentato al sindaco la sua proposta per il completamento della giunta con l’indicazione dell’avvocata Maria Locanto quale vicesindaca", proseguono i dem.
"Il sindaco ha ascoltato la valutazione del Pd e, nel rispetto delle proprie prerogative, si è riservato di esaminare con attenzione tale richiesta. L’indicazione di Maria Locanto è l’espressione del territorio ed è stata formulata a livello cittadino, provinciale e regionale del Partito, nonché dalle rispettive rappresentanze istituzionali. La scelta di Maria Locanto testimonia in modo chiaro l’unità del Pd, essendo presidente provinciale del Partito e avendo sempre lavorato con equilibrio e senso di responsabilità per la crescita della nostra comunità", sottolineano ancora gli esponenti Pd.
(Adnkronos) - "La delegazione del Pd ha, nel contempo, espresso al Sindaco la volontà di un impegno unitario perché la riorganizzazione della giunta non si espliciti soltanto attraverso una mera sostituzione assessorile ma sia opportunità per un rilancio strategico dell'azione amministrativa, affinché la seconda metà della consiliatura possa essere la fase di pieno compimento della attuazione del programma di governo su cui la maggioranza degli elettori cosentini ha espresso fiducia nella proiezione del progetto "Cosenza 2050'", concludono i dirigenti dem.
Roma, 15 feb (Adnkronos) - "Oggi si vota in 101 province per il congresso di Azione, un esercizio organizzativo molto complesso, ma necessario per riportare i partiti a essere quello che erano: luoghi di confronto democratico sulle idee e sulla linea politica. Siamo molto felici di come è andato". Lo dice Carlo Calenda.
"Ringrazio tutti i militanti, gli iscritti, i garanti congressuali e le persone che in questi mesi si sono attivati per tenere viva e rendere più forte la nostra comunità", aggiunge il leader di Azione.
Sanremo, 15 feb. - (Adnkronos) - “Tradizione, italianità e vicinanza sono valori del Festival di Sanremo e anche di Generali che li applica nel quotidiano per essere partner dei nostri clienti e costruire insieme il loro futuro”. Lo ha detto Massimo Monacelli, General Manager di Generali Italia, dal famoso e ormai iconico ‘Balconcino’ dell’Agenzia di Sanremo “che idealmente rappresenta tutte le piazze, tutti i balconcini, tutti i luoghi dove tutta la nostra eccezionale rete di agenti opera tutti i giorni per progettare il futuro” con gli italiani". "Proprio “la rete di 2mila agenzie e 20mila colleghe e colleghi presenti sul territorio, è il cuore del nostro business - sottolinea Monacelli - È grazie a loro se riusciamo a tenere fede alla nostra ambizione, che è quella di essere ‘Partner di Vita’ delle persone, in ogni momento rilevante, accompagnandole, con la consulenza di valore, a fare scelte consapevoli e responsabili con l’obiettivo di proteggere il loro futuro e il futuro delle persone che stanno loro a cuore”.
Per il terzo anno consecutivo “siamo felicemente presenti a Sanremo” con vista sull’Ariston “perché vogliamo essere dove succedono le cose che contano - aggiunge Marco Oddone, Chief Marketing & Distribution Officer di Generali Italia - Milioni di persone seguono Sanremo ogni sera e noi vogliamo essere vicini agli Italiani, nei vari momenti di vita, anche in un momento leggero, come si vede nello spot che abbiamo lanciato in questa occasione: mentre ‘tutti cantano Sanremo’, ci sono persone che prendono decisioni importanti della loro vita e noi, con i nostri agenti siamo loro vicini”. Con Sanremo “è scoccata una vera e propria scintilla - racconta Oddone - C’è una condivisione di valori: tradizione, passione, ma anche innovazione, con nuovi linguaggi dedicati a tutte le generazioni. Abbiamo raccontato il Festival con la voce di Caterina Ferioli, protagonista della nuova serie TV Belcanto, che è diventata portavoce di una prospettiva privilegiata sul Teatro Ariston attraverso i social, per coinvolgere ed entusiasmare persone di tutte le età. Un racconto a 360 gradi - conclude - da una prospettiva unica sull’Ariston al quale siamo molto felici di dare il nostro contributo”.
Generali ha partecipato anche al FantaSanremo con la lega #BalconcinoGenerali per accogliere tutte le persone che sceglieranno di giocare durante i giorni della kermesse all’iniziativa social più popolare, coinvolgente e divertente.
Torino, 15 feb. - (Adnkronos) - “Sui dazi la storia dimostra che fanno male a tutti, anche a chi li impone. Poi naturalmente colpiscono di più i paesi che hanno una forte capacità di esportazione, quindi può essere che l’Italia sia un pochino più colpita di altri Paesi come primo impatto. Ma non dimentichiamo che l’Italia ha sempre dimostrato una capacità molto elevata di riorientare le proprie esportazioni in funzione dell’andamento dai mercati e dei prezzi. Quindi io sono abbastanza ottimista sulla capacità dell’Italia di minimizzare o comunque contenere i danni che possano derivare da questa guerra delle tariffe che si preannuncia". Lo ha affermato il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, a margine del congresso Assiom Forex in corso a Torino." Naturalmente - osserva - nessun paese riuscirà a sfuggire al fatto che una guerra delle tariffe fa sempre male a tutti".
Palermo, 15 feb. (Adnkronos) - Sono in corso verifiche dell'Ambasciata italiana a Bogotà sulla presunta morte del boss Giovanni Motisi, inserito nella lista dei latitanti mafiosi più pericolosi. La Procura di Palermo ha allertato i poliziotti del Servizio centrale operativo. A lanciare la notizia è il sito del giornale 'Gente'. Secondo il settimanale sarebbe morto di tumore in una clinica di Cali. Motisi aveva fatto perdere le sue tracce dal 1998.