Nelle scuole italiane ci sono buone pratiche per educare gli studenti e le studentesse al “genere”. Con questo termine si intendono tutte le lezioni e gli incontri che cercano di rompere gli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell’essere donne e uomini. Questi stereotipi – secondo i quali, ad esempio, le donne sarebbero destinate a svolgere certe mansioni, come essere dedite alla cura dei figli, degli anziani e della casa, e gli uomini invece fatti per il lavoro che produce reddito e la carriera – sono contenuti anche nei libri di testo. Lo dimostrata Irene Biemmi, ricercatrice universitaria, che ha analizzato dieci manuali per le scuole primarie e ha condensato il suo lavoro nel libro “Educazione sessista, stereotipi di genere nei libri delle elementari”.
video di Francesca Martelli
Tiene corsi di educazione al genere partendo dall’analisi dei messaggi che arrivano dai media Lorella Zanardo, autrice de “Il corpo delle donne“, che dai suoi centinaia di interventi con le studentesse e gli studenti ha tratto il libro “Senza chiedere il permesso”. “Negli incontri, che spesso avvengono in scuole difficili, lavoro da sola oppure con un team di esperti di media – spiega Zanardo – Registriamo quotidianamente i programmi che le ragazze e i ragazzi guardano, come ad esempio “Uomini e donne” (trasmissione televisiva in onda su Canale 5 dal lunedì al venerdì alle 14.45, ndr), e poi li analizziamo, senza criticarli ma dando indicazioni su come viene usata la telecamera, come vengono fatte le inquadrature, che rappresentazione viene data degli uomini e delle donne. Quando gli studenti e le studentesse vedono che usiamo un linguaggio a loro familiare, quello delle immagini appunto, si aprono, si mettono in discussione. Ci accorgiamo che sono curiosi, avidi di apprendere nuovi punti di vista, spesso incapaci di esprimere i pensieri che hanno”.
Molti corsi sono stati tenuti in Toscana, dove Zanardo ha realizzato il progetto “Nuovi occhi per i media”, durante il quale ha formato 15 figure in “media education” che a loro volta hanno tenuto lezioni a 16mila studenti in due anni. Anche in Trentino Zanardo e il suo team hanno formato 15 esperti, neolaureati, che insegneranno educazione ai media e al genere in 100 scuole della Regione. “Metà del nostro lavoro è volontario, l’altra metà invece viene finanziata da enti e associazioni. Il problema è che riusciamo a soddisfare soltanto una piccola parte delle richieste”. Zanardo aggiunge poi che ci sarebbe bisogno di corsi di genere che al loro interno si occupino nello specifico di educazione sessuale, vista l’ignoranza persistente che regna tra i giovani nonostante l’invasione di pornografia che arriva anche da Internet. “E questo lo dico da madre di figli che frequentano le scuole a Milano, in cui parlare di questi temi è ancora tabù”.
Proprio di educazione alla sessualità e al genere si occupa l’associazione “L’ombelico” che ha diversi progetti a Milano e a Roma. A Milano “L’ombelico” ha organizzato in più di 60 classi, per un totale di 12 scuole primarie, l’iniziativa “Parole dette e non dette”, per prevenire le violenze sessuali e fornire consapevolezza sul proprio corpo. “Ragioniamo su cosa vuol dire essere maschi e femmine, su come ci rapporta alla sessualità anche in base alle diverse età, su come si crea il rispetto di sé e degli altri”, spiega Stefania Girelli, educatrice e coordinatrice dell’associazione. Un altro progetto, in corso a Roma, dal titolo “E se non fosse la cicogna? Le parole che aiutano grandi, piccoli e piccole a parlare di sessualità” è diretto ai genitori dei bambini che vanno agli asili nido, per aiutarli a combattere gli stereotipi di genere che si propongono, anche a livello inconscio, già dai primi mesi di vita. “Abbiamo deciso di iniziare dai genitori che hanno bimbi così piccoli perché è necessario che sviluppino presto consapevolezza rispetto a certe tematiche. Dagli incontri nelle scuole primarie, infatti, ci siamo accorti che i bambini di 9 e 10 anni sono già a contatto con la pornografia, che fruiscono attraverso siti porno e videogiochi collegati con chat, nell’inconsapevolezza totale delle famiglie”, dice Girelli. “L’ombelico” ha attivato poi il progetto “Io sono speciale”, un corso di educazione alla sessualità, alle scuole Baricco di Torino, Micca di Milano e Rovani di Sesto San Giovanni, in provincia di Milano. L’anno prossimo, invece, partiranno a Milano e Concorezzo, provincia di Monza e Brianza, corsi di formazione per insegnanti e genitori. Nel loro lavoro gli operatori de “L’ombelico” ispiriamo al documentario “Bomba libera tutti”.
E’ promosso dall’Unione donne in Italia (Udi) il progetto attivo da quattro anni a Modena, finanziato con il contributo della Fondazione cassa di risparmio di Modena e tenuto da Serena Ballista e Judith Pinnock, educatrici e autrici dei manuali “Bellezza femminile e verità, modelli e ruoli nella comunicazione sessista” e “A tavola con Platone”. Le scuole coinvolte quest’anno sono Venturi e Selmi di Modena e l’intera scuola media di Nonantola. “Facciamo dei laboratori di quattro incontri, di due ore ciascuno, che hanno come scopo il contrasto alla violenza di genere, che può sfociare, come dimostrano i tristi casi di cronaca riportati dai media, nel femminicidio – spiega Pinnock. – Inoltre ci occupiamo del tema della pubblicità sessista. Da parte delle studentesse e degli studenti, in genere, le reazioni ai nostri interventi didattici sono positive”. Le Udi di tutta Italia, all’interno della campagna “Immagini amiche”, hanno organizzato incontri di confronto in molte altre scuole d’Italia ma quello di Modena resta il solo con valore didattico. “Al Selmi – continua Pinnock – l’anno scolastico 2011/2012 è finito con temi su tracce legate alle tematiche di genere, che poi sono stati regolarmente valutati”.
La Provincia di Milano ha invece avviato il progetto – promosso dalla consigliera di Parità uscente Tatiana Biagioni – “Impari a scuola” che lo scorso anno ha coinvolto gli istituti milanesi Pisacane e Poerio, Beltrami, Molinari, Cfp Terragni. Attraverso tre incontri di due ore ciascuno ha formato gli insegnanti per fare in modo che l’educazione di genere venisse integrata con il resto delle materie come storia, storia dell’arte e italiano. Inoltre in alcune scuole, come al liceo tecnologico Molinari, sono stati creati dei moduli ad hoc per sensibilizzare gli studenti e le studentesse sulle tematiche di genere che hanno portato alla realizzazione di un video in cui, attraverso interviste, si dà uno spaccato di quali sono i ruoli all’interno delle famiglie degli alunni, e di un progetto di toponomastica.
Anche la Provincia di Monza ha aderito al progetto: nella scuola Elisa Sala, dopo il primo anno di sperimentazione, è stato inserito nel piano di studi un modulo permanente dedicato alle questioni di genere. Oltre alla formazione dei docenti, ci sono progetti anche per i genitori. Dopo una resistenza iniziale, sono in molti quelli che hanno partecipato agli incontri, durante i quali è stato proiettato il video “Ma il cielo è sempre più blu”.
Un’altra iniziativa, che deve ancora partire, si chiama “La filosofia è maschia” rivolto alle scuole superiori, ideato da Fiammetta Mariani, specializzanda in filosofia alla Sapienza di Roma, in collaborazione con Lorenzo Gasparrini, dottore di ricerca in Filosofia estetica sempre alla Sapienza. L’obiettivo del progetto è di offrire una “controdidattica” di genere in grado di fornire strumenti critici a ragazzi e ragazze su temi e questioni urgenti. “Il punto di partenza – racconta Mariani – è la decostruzione della didattica filosofica legata al pensiero della tradizione e mai sdoganata da una sostanziale narrazione patriarcale che esclude le donne”. Il progetto ha partecipato al contest di finanziamento dell’Associazione italiana per l’educazione demografica.