I legami economici e l’egemonia degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa e del Giappone potrebbero comportare un rilancio del carbone e del gas. Perfino l’alleanza atlantica si sta modulando su un ritorno ai fossili favorevole agli interessi a stelle e strisce. L’espansione degli impianti che estraggono gas da scisto (shale gas), senza che sia stato posto alcun vincolo monetario e freno normativo alla devastazione ambientale, consente alle compagnie americane di vendere localmente a prezzi più bassi rispetto a quelli del gas di importazione. È in atto di conseguenza un crollo della domanda interna di carbone e il contemporaneo tentativo di esportare in Asia e in Europa il combustibile più sporco a prezzi stracciati, per salvare un’industria nazionale da 40 miliardi di dollari.
Il New York Times in prima pagina racconta in questi giorni del conflitto tra le industrie del carbone e gli ambientalisti del Montana e del Wyoming – gli stati più ricchi del combustibile solido responsabile delle massime emissioni di CO2 – e di come solo gli ecologisti rivelino una coscienza planetaria, opponendosi all’esportazione dell’inquinamento in altri paesi e sfatando l’illusione di una riduzione artificiosa del costo dell’energia al prezzo di costi elevati per l’ambiente e la salute.
In effetti, anche dal prestigioso quotidiano emerge come la strategia di Obama crei parecchie delusioni. Stabilizzando per ragioni militari l’invecchiato e poco sicuro parco nucleare, diventando primi produttori di gas e esportatori di carbone e inducendo un “rinascimento dei fossili” in Europa e Giappone, gli Stati Uniti farebbero i prezzi in un settore chiave per la crescita economica nei paesi occidentali, mettendo fuori gioco così la concorrenza sempre più rilevante delle fonti pulite. Obama cioè, starebbe spostando l’asticella della “parity grid” tra rinnovabili e fossili per una pura proiezione di potenza geopolitica e militare Usa anche nel secolo in corso. Si tratta palesemente di una linea che non tiene conto degli allarmi per il cambiamento climatico e dei costi reali per la salute del pianeta.
Carbone e gas hanno una intrinseca debolezza, almeno da quando le emissioni di CO2 sono ritenute responsabili delle ferite registrate nella biosfera. I fossili non hanno solo ricadute sui conti economici-finanziari. Impattano con la coscienza diffusa che non si possa risolvere la crisi finanziaria senza affrontare anche quella ambientale e sociale. La loro diffusione diventa quindi un problema politico e non di sola contabilità e compatibilità finanziaria. In quale punto deflagra l’incongruenza dell’abbandono anche solo temporaneo della crescita della quota di energia da fonti naturali e diffuse? Nella concretezza della realtà territoriale, poiché occorrono enormi infrastrutture da costruire per il trasporto del gas verso le coste atlantiche e più porti terminali di esportazione da allestire nel nord-ovest del Pacifico per caricare le navi carboniere. Occorre cioè passare dal dibattito tra esperti energetici e finanziari alla realizzazione sul territorio, dove sono organizzati gli ambientalisti e più forti, dimostrabili e condivise appaiono le loro ragioni.
La controversia sulle esportazioni di carbone viaggia in parallelo con il dibattito sulla proposta di pipeline Keystone XL destinata a portare il greggio dalle sabbie bituminose canadesi fino alle raffinerie all’estuario del Missisipi. In entrambi i casi – come riporta ancora il New York Times – le comunità locali stanno lottando per non monetizzare il danno ambientale che viene da estrarre e bruciare i combustibili fossili con i benefici economici di un loro maggiore impiego. Un problema analogo si è già posto in alcuni stati del nord del Brasile, attraversati da treni chilometrici adattati al trasporto dei minerali della Vale, la multinazionale mineraria che sta sconvolgendo la foresta del Parà. La novità, anche dal punto di vista mediatico è che viene segnalato non in una zona abitata da tribù sconosciute di indios, ma nello stato di Washington, tra i più industrializzati e evoluti degli States, attraversato dai treni della mitica compagnia Santa Fe.
Mentre i prezzi delle azioni di molte società di carbone stanno precipitando poiché il gas a buon mercato prodotto in nuovi campi di scisto lo ha sostituito in una parte delle centrali americane, il governo americano preme sull’Europa, affinché le esportazioni salvino l’industria del carbone in declino. Si può spiegare anche così l’incredibile decisione del Parlamento Europeo di abbassare il prezzo dei certificati di emissione di CO2 e di non far pagare chi inquina. Lo stesso vale per la sottomissione dei governi Monti e Letta alle direttive delle grandi multinazionali energetiche, fino alla disponibilità di fare dell’Italia “l’hub del gas” per l’Europa.
Torneremo più puntualmente nei prossimi post sul gas da scisto. Per quanto riguarda il carbone è giusta la battaglia per mantenerlo nel terreno. Più disponibilità di carbone sul mercato internazionale significa maggiore lentezza al passaggio a fonti di energia più pulite come il solare e l’eolico. E senza il carbone dagli Stati Uniti a prezzi abbassati, le energie rinnovabili diventerebbero più rapidamente competitive, anche nella stessa Cina.
Mario Agostinelli
Ecologista, politico e sindacalista
Ambiente & Veleni - 18 Giugno 2013
Gas e carbone: geopolitica Usa contro biosfera?
I legami economici e l’egemonia degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa e del Giappone potrebbero comportare un rilancio del carbone e del gas. Perfino l’alleanza atlantica si sta modulando su un ritorno ai fossili favorevole agli interessi a stelle e strisce. L’espansione degli impianti che estraggono gas da scisto (shale gas), senza che sia stato posto alcun vincolo monetario e freno normativo alla devastazione ambientale, consente alle compagnie americane di vendere localmente a prezzi più bassi rispetto a quelli del gas di importazione. È in atto di conseguenza un crollo della domanda interna di carbone e il contemporaneo tentativo di esportare in Asia e in Europa il combustibile più sporco a prezzi stracciati, per salvare un’industria nazionale da 40 miliardi di dollari.
Il New York Times in prima pagina racconta in questi giorni del conflitto tra le industrie del carbone e gli ambientalisti del Montana e del Wyoming – gli stati più ricchi del combustibile solido responsabile delle massime emissioni di CO2 – e di come solo gli ecologisti rivelino una coscienza planetaria, opponendosi all’esportazione dell’inquinamento in altri paesi e sfatando l’illusione di una riduzione artificiosa del costo dell’energia al prezzo di costi elevati per l’ambiente e la salute.
In effetti, anche dal prestigioso quotidiano emerge come la strategia di Obama crei parecchie delusioni. Stabilizzando per ragioni militari l’invecchiato e poco sicuro parco nucleare, diventando primi produttori di gas e esportatori di carbone e inducendo un “rinascimento dei fossili” in Europa e Giappone, gli Stati Uniti farebbero i prezzi in un settore chiave per la crescita economica nei paesi occidentali, mettendo fuori gioco così la concorrenza sempre più rilevante delle fonti pulite. Obama cioè, starebbe spostando l’asticella della “parity grid” tra rinnovabili e fossili per una pura proiezione di potenza geopolitica e militare Usa anche nel secolo in corso. Si tratta palesemente di una linea che non tiene conto degli allarmi per il cambiamento climatico e dei costi reali per la salute del pianeta.
Carbone e gas hanno una intrinseca debolezza, almeno da quando le emissioni di CO2 sono ritenute responsabili delle ferite registrate nella biosfera. I fossili non hanno solo ricadute sui conti economici-finanziari. Impattano con la coscienza diffusa che non si possa risolvere la crisi finanziaria senza affrontare anche quella ambientale e sociale. La loro diffusione diventa quindi un problema politico e non di sola contabilità e compatibilità finanziaria. In quale punto deflagra l’incongruenza dell’abbandono anche solo temporaneo della crescita della quota di energia da fonti naturali e diffuse? Nella concretezza della realtà territoriale, poiché occorrono enormi infrastrutture da costruire per il trasporto del gas verso le coste atlantiche e più porti terminali di esportazione da allestire nel nord-ovest del Pacifico per caricare le navi carboniere. Occorre cioè passare dal dibattito tra esperti energetici e finanziari alla realizzazione sul territorio, dove sono organizzati gli ambientalisti e più forti, dimostrabili e condivise appaiono le loro ragioni.
La controversia sulle esportazioni di carbone viaggia in parallelo con il dibattito sulla proposta di pipeline Keystone XL destinata a portare il greggio dalle sabbie bituminose canadesi fino alle raffinerie all’estuario del Missisipi. In entrambi i casi – come riporta ancora il New York Times – le comunità locali stanno lottando per non monetizzare il danno ambientale che viene da estrarre e bruciare i combustibili fossili con i benefici economici di un loro maggiore impiego. Un problema analogo si è già posto in alcuni stati del nord del Brasile, attraversati da treni chilometrici adattati al trasporto dei minerali della Vale, la multinazionale mineraria che sta sconvolgendo la foresta del Parà. La novità, anche dal punto di vista mediatico è che viene segnalato non in una zona abitata da tribù sconosciute di indios, ma nello stato di Washington, tra i più industrializzati e evoluti degli States, attraversato dai treni della mitica compagnia Santa Fe.
Mentre i prezzi delle azioni di molte società di carbone stanno precipitando poiché il gas a buon mercato prodotto in nuovi campi di scisto lo ha sostituito in una parte delle centrali americane, il governo americano preme sull’Europa, affinché le esportazioni salvino l’industria del carbone in declino. Si può spiegare anche così l’incredibile decisione del Parlamento Europeo di abbassare il prezzo dei certificati di emissione di CO2 e di non far pagare chi inquina. Lo stesso vale per la sottomissione dei governi Monti e Letta alle direttive delle grandi multinazionali energetiche, fino alla disponibilità di fare dell’Italia “l’hub del gas” per l’Europa.
Torneremo più puntualmente nei prossimi post sul gas da scisto. Per quanto riguarda il carbone è giusta la battaglia per mantenerlo nel terreno. Più disponibilità di carbone sul mercato internazionale significa maggiore lentezza al passaggio a fonti di energia più pulite come il solare e l’eolico. E senza il carbone dagli Stati Uniti a prezzi abbassati, le energie rinnovabili diventerebbero più rapidamente competitive, anche nella stessa Cina.
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Roma, 8 gen. (Adnkronos) - "Rinnovo a nome del Partito democratico la richiesta avanzata da mesi che la presidente Meloni venga in aula a dirci esattamente quali sono i termini del negoziato che ha in corso con Elon Musk, di cui crediamo - salvo smentite - che ne abbia parlato anche in questi ultimi giorni. Quali sono i termini di un’interlocuzione confermata sempre di più da voci autorevoli, qual è il costo di questa operazione, quale interesse viene spartito tra l’uomo più ricco del mondo e il nostro Paese". Lo ha detto intervenendo in aula alla Camera la capogruppo del Pd, Chiara Braga.
"Non è sufficiente la smentita - che poi non è una smentita - letta nella velina di palazzo Chigi, quando da giorni sugli organi di stampa, una delle agenzie più accreditate, Bloomberg, e anche da parte di alcuni autorevoli esponenti di governo, come il vicepremier Salvini, vengono rilanciati riferimenti più o meno espliciti a questa contrattazione in corso, e dallo stesso Elon Musk, che usa la sua piattaforma per scambiarsi complimenti e civetterie proprio con Salvini - ha detto ancora la deputata dem -. Vogliamo sapere dalla presidente del Consiglio se è vero che sta impegnando il nostro Paese su una cifra rilevante, di un miliardo e mezzo di euro per questa fornitura, perché noi sappiamo che siete abituati agli sprechi, come gli 800 milioni per i centri di immigrati in Albania, centri completamente vuoti. È inaccettabile che una spesa di questo tipo possa solamente essere pensata senza i necessari passaggi di informazione e di condivisione con il Parlamento, di verifica dell’esistenza di un effettivo interesse nazionale, che non può essere discusso nelle segrete stanze dall’altra parte dell’oceano".
"È quanto più necessario che la presidente Meloni venga a riferire in Aula perché oggi prendiamo atto che c’è una spaccatura all’interno della maggioranza, con l’altro vicepremier di Forza Italia, Tajani, che frena sul progetto. Una spaccatura che mette a serio rischio la credibilità del nostro Paese. Lo ribadiamo ancora una volta: l’Italia non si svende e non lo consentiremo. Non vogliamo che il destino dell’Italia venga messo nelle mani di un privato che non è solo un uomo d’affari ma che ha chiari interessi politici nei confronti del nostro Paese", ha concluso Braga.
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - "Il caso dei lavoratori che alla Scala, al Piccolo Teatro, alla Fiera di Milano lavorano per 5-6 euro all’ora, sanzionato dalla Procura di Milano, dimostra, ancora una volta, che la magistratura è costretta a svolgere un ruolo di supplenza nei confronti di un legislatore indifferente al mancato rispetto dell’articolo 36 della Costituzione, che richiede che le retribuzioni siano proporzionali alla qualità e quantità del lavoro svolto, e sufficienti a garantire un’esistenza libera e dignitosa al lavoratore e alla sua famiglia. La mancata approvazione di un salario minimo legale obbliga il giudice a fare riferimento a parametri esterni, come la soglia di povertà o la Naspi, con il rischio di interpretazioni e applicazioni differenti". Così in una nota Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro nella segreteria nazionale del Partito democratico, e Arturo Scotto, capogruppo dem in commissione Lavoro alla Camera.
"Quanto dobbiamo aspettare ancora - aggiungono - perché anche il nostro Paese si doti di uno strumento legale di garanzia del salario dei lavoratori? Quanto dobbiamo aspettare ancora perché il ricorso ad appalti e subappalti cessi di essere una modalità per andare alla ricerca della compressione dei costi del lavoro creando sempre più diffuse moderne schiavitù? I termini di adozione della direttiva europea sul salario minimo sono scaduti, ma il governo e la maggioranza fanno orecchie da mercante". "Noi ci batteremo invece perché si apra al più presto nuovamente la discussione in Parlamento della legge di iniziativa popolare sul salario minimo che ha raccolto le firme e il consenso di tantissime persone", concludono Guerra e Scotto.
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - Con un sentiment positivo record del 95% gli italiani stanno salutando sui social la liberazione di Cecilia Sala, detenuta in Iran dal 19 dicembre. È quanto emerge da un instant report realizzato in esclusiva per Adnkronos da Vis Factor, società leader a livello nazionale nel posizionamento strategico, attraverso Human, la propria piattaforma di web e social listening sviluppata con algoritmo a base semantica italiana. L’emozione più ricorrente è la gioia (75%).
In particolare la notizia del rilascio, dopo settimane di angoscia e incertezze, è stata accolta come un grande successo diplomatico del governo italiano. Gli utenti sui social media esprimono un sentimento di gratitudine verso il governo, in particolare verso il presidente del Consiglio Giorgia Meloni per l'impegno dimostrato in questo caso difficile, ma anche verso il corpo diplomatico e il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Il ritorno di Cecilia Sala rappresenta un momento di gioia collettiva per un'Italia che si è unita a sostegno della liberazione della giornalista.
Nel 5% di sentiment negativo emergono alcuni segnali di polemica, con critiche sull'operato di una parte dell'opposizione, che si interroga sulle condizioni della liberazione.
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - Secondo quanto si apprende, il ministro della Giustizia Carlo Nordio si trova a Palazzo Chigi. Dopo la liberazione della giornalista Cecilia Sala, in volo verso l'Italia, il Guardasigilli starebbe valutando la situazione di Mohammad Abedini, l'ingegnere iraniano 38enne arrestato all'aeroporto di Malpensa lo scorso 16 dicembre dalla Digos.
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - "Cecilia Sala torna a casa, nell'Italia di Giorgia Meloni, dove nessuno è lasciato solo. In un tempo troppo lungo per la sua sofferenza, ma nel più breve possibile per gli sforzi del governo, si è risolta la prigionia di Sala in Iran. Il nostro Governo dimostra una statura e una credibilità senza precedenti. Mentre c'era chi cercava un protagonismo pure in relazione a questa vicenda, accusando il governo di essere incompetente, il Presidente del Consiglio e il suo esecutivo, con la diplomazia italiana, hanno lavorato nel silenzio e con successo: ne siamo orgogliosi. Ringrazio coloro i quali, dalla nostra diplomazia ai nostri servizi, hanno permesso questa liberazione e auguro a Cecilia Sala una liberazione vera dall'incubo che ha vissuto, riprendendo a fare il suo lavoro". Lo dichiara il vicecapogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera dei deputati, Augusta Montaruli.
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - “Come un’onda contro la violenza sulle donne”. Questo il titolo della campagna nazionale di Rai Radio1 e del Giornale Radio Rai che fa tappa il 16 gennaio, dalle 10 alle 13, nella sala G. Borsellino dell’Istituto Ferraris Pancaldo di Savona. Modera la giornata Elena Paba, inviata del Giornale Radio Rai e Rai radio1 coordinatrice della campagna nazionale itinerante “Come un’onda contro la violenza sulle donne”. Si terranno i saluti di Francesco Pionati, direttore Rai Radio1 e Grr e un messaggio scritto da Papa Francesco dedicato alla campagna.
Sul tema 'il lavoro sul territorio e il contrasto alla violenza' si confronteranno magistratura, forze dell'ordine e sanità: Fiorenza Giorgi, pm presso il Tribunale di Savona fino a giugno 2024, che si è occupata di numerosi casi di violenza contro le donne sul nostro territorio; Giuseppe Mariani, questore di Savona, capitano Walter Crescentini comandante della compagnia dei carabinieri di Albenga; Roberto Carrozzino, direttore del Servizio Dipendenze afferente al Dipartimento salute mentale e dipendenze dell’Asl 2 Savona, che ha redatto il protocollo d’Intesa con il Tribunale di Savona in merito alla legge 168/23 Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica. Si ascolteranno poi le 'testimonianze delle detenute', con Giovanna detenuta a piazza Lanza nel carcere di Catania, Lucia e Catia nel carcere di Secondigliano Napoli. Poi si affronteranno i temi del 'sommerso della violenza e il lavoro sul campo' con i centri antiviolenza e le domande dalla platea ai ragazzi e il linguaggio della violenza nei media/musica.
Infine 'Uno sguardo sul mondo - Andiamo in Afghanistan – Con Amnesty Andiamo in Afghanistan - La storia di Neelai Barek fuggita nel 2021, scappata grazie all’aiuto italiano".
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - "La presenza oggi alla Camera di Stephano e Matteo, vittime dell'agghiacciante aggressione omofoba a Roma la notte di Capodanno, porta con sé l'urgenza di una legge contro la violenza omolesbobitransfobica che vergognosamente non è stata approvata nella scorsa legislatura. La loro testimonianza fa riecheggiare quella vergogna, ma ci sprona affinché al termine di questo periodo buio con questo governo ci sia quel cambio di passo sui diritti di cui questo Paese ha bisogno come l'ossigeno". Così la deputata M5S Gilda Sportiello intervenendo alla conferenza 'La libertà accademica e l'attacco ai queer studies delle università italiane' alla Camera dei deputati.