Esame di Stato: evidenze statistiche, numeri, convinzioni degli anni passati nulla o quasi possono rispetto all’immobilità di un protocollo (la celebrazione rituale dell’uscita dal sistema scolastico), che si reitera negli anni e che ogni volta ripete se stesso, senza mai voler raccogliere davvero le osservazioni, le critiche, i suggerimenti che provengono da dentro e fuori la scuola. Voglio dire: ci interessa che la scuola licenzi cittadini con un bagaglio affidabile e considerevole di competenze da spendere nella vita e nel lavoro – un bagaglio che poi è e sarà la loro cultura di individui e cittadini – e dunque improntare scuola e consequenziali prove su questo obiettivo? O piuttosto desideriamo che (a prescindere dai risultati) si perpetui l’immobilità della scuola, nonostante i risultati poco incoraggianti e le evidenti criticità?
Non ho trovato particolarmente appassionante la querelle (che ha assunto talvolta il tono della veemente indignazione, persino dello sdegno da parte dei “puristi”) Magris sì-Magris no per quanto riguarda le tracce di Italiano per la prima prova di Esame di Stato, appena celebrate.
La tipologia A, infatti (l’analisi del testo letterario) non prevede la perfetta conoscenza dell’autore del brano, ma competenze di comprensione e analisi e – semmai – una conoscenza approfondita dei processi letterari, sincronici e diacronici, che caratterizzano il contesto in cui l’autore ha prodotto. La scuola non dovrebbe erogare nozioni, ma capacità di comprendere e analizzare un testo; di affinare la consapevolezza letteraria, delle strutture che al fare letteratura presiedono; di fare collegamenti tra uno o più autori di un determinato periodo o di periodi diversi. La scuola dovrebbe licenziare lettori consapevoli (il cui atto di lettura sia applicabile a tempi, autori, circostanze, tipologie testuali differenti), non pedissequi conoscitori di tutti gli autori: in un’equivoca interpretazione della cultura e delle capacità di comprensione ed interpretazione dei testi si continuano a confondere questi e altri piani. Quel brano, casomai, ha tentato leggermente – e sottolineo leggermente – di sanato l’incredibile disparità che l’Esame di Stato configura, in particolare per quanto riguarda la prova di Italiano: tracce identiche per tutti gli indirizzi scolastici.
Il testo di Magris aveva, rispetto ad altri di autori già proposti (Ungaretti, Saba, Montale, Pirandello) l’indubbio vantaggio di non essere di difficile comprensione; e di fare riferimento ad un tema talmente universale (il viaggio) da poter venire incontro a profili d conoscenze estremamente differenti, quali quelli che caratterizzano gli studenti italiani che escono dalla scuola superiore. Avete presente quanto ne sa (ne potrebbe/dovrebbe sapere) di letteratura italiana uno studente del liceo classico rispetto ad uno dell’istituto professionale? Eppure entrambi sono sottoposti alla stessa prova, che prevede anche una tipologia testuale, B, il saggio breve, definita in una delle sue 4 possibilità in ambito artistico letterario. E un tema di storia, alla quale è possibile estendere il discorso fatto per la letteratura italiana. Inoltre gli studenti non liceali non studiano la Filosofia. Ci sono almeno 3 – ma sono realmente di più – delle scelte previste dal Miur che sono pressocché inibite a studenti non liceali. Un’iniquità mai sanata.
Sopravvive l’idea che la Scuola sia il Liceo, ma non è affatto così. Questo fatto deve essere tenuto presente soprattutto considerando che nel corso degli ultimi anni, anche grazie a una politica di marginalizzazione e disinvestimento, gli istituti non liceali (in particolare i professionali), salvo qualche rara eccellenza, sono stati di fatto ghettizzati e accreditati in un ruolo subalterno.
Complessivamente risulta iscritto all’istruzione tecnica e professionale circa un milione e mezzo di sudenti la maggioranza nella scuola secondaria di II grado. Una quantità enorme, che rappresenta la scelta obbligata della parte più debole della nostra società: quella che – dotata di scarse risorse economiche e culturali e spesso in posizione di marginalità (gli istituti professionali sono la meta di una percentuale rilevantissima di diversamente abili e di migranti) – quando sceglie di continuare la scuola si affida a quella considerata più facile, quella professionalizzante, nella quale per vocazione il “sapere” è sostituito dal “saper fare”. A questi studenti – esattamente come a quelli del classico e degli altri licei – in un’ambigua rivisitazione del principio di uguaglianza (che, ad onta di Lorenzo Milani, fa parti uguali tra diversi) viene impartita la stessa prova di Italiano.
L’ipocrisia di fondo – proporre un testo letterario con un corredo di quesiti “tecnici” (dalla metrica, alla retorica, alla contestualizzazione del brano nell’ambito della poetica dello stesso autore o nel raffronto con altri autori, italiani e stranieri) – non è stata del tutto sanata nemmeno quest’anno; ma forse la scelta del testo – almeno dal punto di vista dei prerequisiti – è risultata più diffusamente accessibile, anche per gli studenti non liceali, che, nel loro percorso, studiano molto meno letteratura; che non incontrano la filosofia; che non avvicinano le lingue antiche.
Ci troviamo insomma e ancora una volta davanti a una situazione in cui l’inamovibilità di certi assunti viene proposta come soluzione al problema: sono gli studenti a doversi adeguare al livello delle prove; non i decisori a dover, viceversa, concepire e realizzare strategie e modalità che consentano di saggiare livelli di competenza senza imporre la frustrazione di prove al di là di ciò che la scuola fa e oltre ciò che essa può fare. Prima ancora: è del tutto negata (ferma restando la necessità che gli studenti maturino strategie culturali, attitudine alla ricerca, senso critico, conoscenze e competenze di livello altro) la necessità prioritaria di una revisione della scuola e della didattica – una vera “riforma”, finalmente, dopo tanti interventi chiamati così, ma svincolati da qualsiasi impianto pedagogico ed impatto formativo! – che consenta di rivedere anche strategie di insegnamento e modalità di valutazione, troppo spesso a loro volta velleitarie, inadeguate, anacronistiche.
La seconda tipologia della prova di Italiano continua però a presentare un livello di difficoltà notevolissimo: si propone la trattazione di un argomento in forma di saggio breve o di articolo di giornale, in diversi ambiti (artistico letterario; socio-economico; storico-politico; scientifico tecnologico). Attraverso l’ausilio di documenti allegati alla traccia, lo studente deve produrre un proprio testo autonomo, originale, coerente con la tipologia scelta, rispettandone le regole. Un genere testuale così complesso di per sé richiede competenze di scrittura che – se non vengono praticate, curate, nutrite – rischiano di trasformare la prova in un esercizio di sinossi dei testi proposti. Per non parlare del fatto che sarebbe interessante – a parti invertite – provare noi insegnanti a cimentarci con quelle prove «per vedere» – come cantava Enzo Jannacci – «di nascosto l’effetto che fa».
Oggi terza prova, il cosiddetto “quizzone”, in attesa dell’inizio degli orali. E del ventilato ed inauspicabile inserimento dei test Invalsi anche all’Esame di Stato.
Marina Boscaino
Insegnante
Scuola - 24 Giugno 2013
Maturità 2013: oggi ‘quizzone’ in attesa del cambiamento
Esame di Stato: evidenze statistiche, numeri, convinzioni degli anni passati nulla o quasi possono rispetto all’immobilità di un protocollo (la celebrazione rituale dell’uscita dal sistema scolastico), che si reitera negli anni e che ogni volta ripete se stesso, senza mai voler raccogliere davvero le osservazioni, le critiche, i suggerimenti che provengono da dentro e fuori la scuola. Voglio dire: ci interessa che la scuola licenzi cittadini con un bagaglio affidabile e considerevole di competenze da spendere nella vita e nel lavoro – un bagaglio che poi è e sarà la loro cultura di individui e cittadini – e dunque improntare scuola e consequenziali prove su questo obiettivo? O piuttosto desideriamo che (a prescindere dai risultati) si perpetui l’immobilità della scuola, nonostante i risultati poco incoraggianti e le evidenti criticità?
Non ho trovato particolarmente appassionante la querelle (che ha assunto talvolta il tono della veemente indignazione, persino dello sdegno da parte dei “puristi”) Magris sì-Magris no per quanto riguarda le tracce di Italiano per la prima prova di Esame di Stato, appena celebrate.
La tipologia A, infatti (l’analisi del testo letterario) non prevede la perfetta conoscenza dell’autore del brano, ma competenze di comprensione e analisi e – semmai – una conoscenza approfondita dei processi letterari, sincronici e diacronici, che caratterizzano il contesto in cui l’autore ha prodotto. La scuola non dovrebbe erogare nozioni, ma capacità di comprendere e analizzare un testo; di affinare la consapevolezza letteraria, delle strutture che al fare letteratura presiedono; di fare collegamenti tra uno o più autori di un determinato periodo o di periodi diversi. La scuola dovrebbe licenziare lettori consapevoli (il cui atto di lettura sia applicabile a tempi, autori, circostanze, tipologie testuali differenti), non pedissequi conoscitori di tutti gli autori: in un’equivoca interpretazione della cultura e delle capacità di comprensione ed interpretazione dei testi si continuano a confondere questi e altri piani. Quel brano, casomai, ha tentato leggermente – e sottolineo leggermente – di sanato l’incredibile disparità che l’Esame di Stato configura, in particolare per quanto riguarda la prova di Italiano: tracce identiche per tutti gli indirizzi scolastici.
Il testo di Magris aveva, rispetto ad altri di autori già proposti (Ungaretti, Saba, Montale, Pirandello) l’indubbio vantaggio di non essere di difficile comprensione; e di fare riferimento ad un tema talmente universale (il viaggio) da poter venire incontro a profili d conoscenze estremamente differenti, quali quelli che caratterizzano gli studenti italiani che escono dalla scuola superiore. Avete presente quanto ne sa (ne potrebbe/dovrebbe sapere) di letteratura italiana uno studente del liceo classico rispetto ad uno dell’istituto professionale? Eppure entrambi sono sottoposti alla stessa prova, che prevede anche una tipologia testuale, B, il saggio breve, definita in una delle sue 4 possibilità in ambito artistico letterario. E un tema di storia, alla quale è possibile estendere il discorso fatto per la letteratura italiana. Inoltre gli studenti non liceali non studiano la Filosofia. Ci sono almeno 3 – ma sono realmente di più – delle scelte previste dal Miur che sono pressocché inibite a studenti non liceali. Un’iniquità mai sanata.
Sopravvive l’idea che la Scuola sia il Liceo, ma non è affatto così. Questo fatto deve essere tenuto presente soprattutto considerando che nel corso degli ultimi anni, anche grazie a una politica di marginalizzazione e disinvestimento, gli istituti non liceali (in particolare i professionali), salvo qualche rara eccellenza, sono stati di fatto ghettizzati e accreditati in un ruolo subalterno.
Complessivamente risulta iscritto all’istruzione tecnica e professionale circa un milione e mezzo di sudenti la maggioranza nella scuola secondaria di II grado. Una quantità enorme, che rappresenta la scelta obbligata della parte più debole della nostra società: quella che – dotata di scarse risorse economiche e culturali e spesso in posizione di marginalità (gli istituti professionali sono la meta di una percentuale rilevantissima di diversamente abili e di migranti) – quando sceglie di continuare la scuola si affida a quella considerata più facile, quella professionalizzante, nella quale per vocazione il “sapere” è sostituito dal “saper fare”. A questi studenti – esattamente come a quelli del classico e degli altri licei – in un’ambigua rivisitazione del principio di uguaglianza (che, ad onta di Lorenzo Milani, fa parti uguali tra diversi) viene impartita la stessa prova di Italiano.
L’ipocrisia di fondo – proporre un testo letterario con un corredo di quesiti “tecnici” (dalla metrica, alla retorica, alla contestualizzazione del brano nell’ambito della poetica dello stesso autore o nel raffronto con altri autori, italiani e stranieri) – non è stata del tutto sanata nemmeno quest’anno; ma forse la scelta del testo – almeno dal punto di vista dei prerequisiti – è risultata più diffusamente accessibile, anche per gli studenti non liceali, che, nel loro percorso, studiano molto meno letteratura; che non incontrano la filosofia; che non avvicinano le lingue antiche.
Ci troviamo insomma e ancora una volta davanti a una situazione in cui l’inamovibilità di certi assunti viene proposta come soluzione al problema: sono gli studenti a doversi adeguare al livello delle prove; non i decisori a dover, viceversa, concepire e realizzare strategie e modalità che consentano di saggiare livelli di competenza senza imporre la frustrazione di prove al di là di ciò che la scuola fa e oltre ciò che essa può fare. Prima ancora: è del tutto negata (ferma restando la necessità che gli studenti maturino strategie culturali, attitudine alla ricerca, senso critico, conoscenze e competenze di livello altro) la necessità prioritaria di una revisione della scuola e della didattica – una vera “riforma”, finalmente, dopo tanti interventi chiamati così, ma svincolati da qualsiasi impianto pedagogico ed impatto formativo! – che consenta di rivedere anche strategie di insegnamento e modalità di valutazione, troppo spesso a loro volta velleitarie, inadeguate, anacronistiche.
La seconda tipologia della prova di Italiano continua però a presentare un livello di difficoltà notevolissimo: si propone la trattazione di un argomento in forma di saggio breve o di articolo di giornale, in diversi ambiti (artistico letterario; socio-economico; storico-politico; scientifico tecnologico). Attraverso l’ausilio di documenti allegati alla traccia, lo studente deve produrre un proprio testo autonomo, originale, coerente con la tipologia scelta, rispettandone le regole. Un genere testuale così complesso di per sé richiede competenze di scrittura che – se non vengono praticate, curate, nutrite – rischiano di trasformare la prova in un esercizio di sinossi dei testi proposti. Per non parlare del fatto che sarebbe interessante – a parti invertite – provare noi insegnanti a cimentarci con quelle prove «per vedere» – come cantava Enzo Jannacci – «di nascosto l’effetto che fa».
Oggi terza prova, il cosiddetto “quizzone”, in attesa dell’inizio degli orali. E del ventilato ed inauspicabile inserimento dei test Invalsi anche all’Esame di Stato.
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.