Dopo Bologna, l’Italia. A 30 giorni esatti dal referendum sui finanziamenti pubblici alle scuole d’infanzia paritarie private, consultazione che ha decretato la vittoria dell’opzione ‘A’, quella che vorrebbe abrogare la convenzione cittadina e destinare tutti le risorse pubbliche disponibili agli istituti comunali, Articolo 33, comitato promotore della chiamata al voto, festeggia il ‘mesiversario’ facendo il punto della situazione. E tracciando gli obiettivi che i referendari si prefiggono per “cambiare una situazione che prosegue da 20 anni”: ottenere, prima di tutto, “l’abrogazione della convenzione”, riconsegnando alla scuola pubblica quel milione di euro oggi erogato agli istituti paritari privati, per la maggior parte confessionali, e poi esportare il modello Bologna in tutte le città italiane. Alcune delle quali “sono già al lavoro per organizzare un proprio referendum: da Bari a Milano, da Bergamo a Modena, a Brescia, a Roma”.

“Auspichiamo che il modello che, come cittadini, abbiamo creato qui a Bologna sia applicato in altre città – spiegano i referendari – perché in un momento così difficile per la scuola, fatto di tagli, carenze di personale e difficoltà oggettive legate a un quadro normativo del tutto sfavorevole, non possiamo permetterci che le risorse siano distratte verso altre realtà che non siano quelle comunali, pubbliche. La scelta deve quantomeno spettare ai cittadini”.

Cittadini come i 50.515 che il 26 maggio scorso sotto le due Torri hanno barrato l’opzione ‘A’, chiedendo al Comune di Bologna di cancellare la convenzione che attualmente devolve soldi pubblici a istituti privati, “cittadini che vogliono tutelare l’infanzia dei bambini, e cioè la scuola” e che “vogliono sostenere tutte quelle famiglie che vorrebbero iscrivere i propri figli agli asili e alle materne, ma che per via dei posti limitati finiscono o in lista d’attesa, o sono costretti a scegliere il privato, trovandosi a dover sostenere costi molti alti”.

A Bologna sull’esito del referendum, e quindi sulla convenzione tuttora in vigore, si parlerà il 29 luglio prossimo in Consiglio Comunale. Una discussione che probabilmente avrà toni accesi se si pensa che a maggio, proprio sulla consultazione, la maggioranza si era spaccata a metà : Sinistra Ecologia e Libertà con il Movimento 5 Stelle e Articolo 33, da un lato, il Pd dall’altro, schierato con il Pdl, la Curia, Confindustria “e con tutti gli apparati dell’estabilishment cittadino”, per usare le parole del direttore di MicroMega, Paolo Flores D’Arcais. Per questo, in vista “di quell’importante appuntamento”, Articolo 33, esattamente un mese dopo la chiamata alle urne, ha lanciato una campagna denominata ‘Post it’. Una serie di iniziative volte “a ricordare, prima di tutto al sindaco Virginio Merola, impegnato a sostenere l’opzione B e a salvare la convenzione, cos’hanno decretato con il proprio voto i cittadini”, la prima un flash mob di ‘post it umani’.

Lo statuto – spiegano i referendari – dice che entro 60 giorni dalla consultazione il consiglio comunale deve deliberare, speriamo che nel farlo si tenga conto della volontà popolare. Noi siamo qui per ricordare l’esito della consultazione a chi siede sulle poltrone di Palazzo D’Accursio e abbiamo scelto questa campagna proprio perché i post it servono a rammentare ciò che rischiamo di dimenticare”.

“L’estate fa sudare, non dimenticare”, “il 26 maggio la città ha scelto la scuola pubblica” sono solo alcuni degli slogan scritti sui cartelli indossati dai ‘post it umani’ che hanno affollato il cortile del palazzo comunale il giorno del ‘mesiversario’ del referendum, proprio in contemporanea alla giornata conclusiva dell’istruttoria pubblica sulla scuola dell’infanzia organizzata dal Comune di Bologna. In contemporanea Massimo Bugani, consigliere comunale del Movimento 5 Stelle, ha lanciato un’idea che piace molto ai referendari.

“Tutti hanno mentito sapendo di mentire nel dire che senza quel milione alle private 1700 bambini sarebbero rimasti fuori dalle scuole dell’infanzia – spiega Bugani – quelle risorse coprono circa 350 – 400 posti che possono essere resi disponibili nelle scuole comunali semplicemente ridestinando al pubblico il denaro che la convenzione oggi eroga al privato. A quel punto resterebbero ‘fuori’ circa 150 bambini, che per il momento dovrebbero ricorrere ancora alle paritarie: per loro però potrebbe contribuire la Curia, si tratterebbe di un investimento di circa 200.000 euro l’anno. Certo, con tutti i vantaggi di cui gode, con tutti gli sgravi fiscali che le sono riconosciuti potrebbe valutare un impegno simile”.

“Non pretendiamo che un sistema in vigore da vent’anni sia smantellato in pochi giorni – precisano i referendari – ma dal Comune ci aspettiamo almeno un primo passo: che la convenzione sia ridotta. Noi, comunque, non ci arrenderemo, e se non saremo ascoltati allora il sindaco per primo dovrà rispondere davanti ai cittadini per non aver rispettato la volontà popolare”.

 

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