La legge vieta che un editore possa chiedere i contributi pubblici per più di una testata giornalistica. Ma Antonio Angelucci, deputato Pdl, questa norma l’avrebbe aggirata con un escamotage: società con sedi all’estero. L’imprenditore, padrone anche di un venticinque cliniche, nell’aprile dell’anno scorso per questo aveva subito una maxi multa dal Consiglio di Stato, 103mila euro, per aver violato l’obbligo di comunicare il controllo delle società editrici dei quotidiani Libero e Il Riformista almeno dal 2006 al 2010. Oggi invece a bussare alla porta dell’imprenditore-deputato è arrivata la Guardia di Finanza con l’ordine di sequestrare beni per un valore di circa 20 milioni di euro riconducibili alla sua famiglia.

Il provvedimento è stato firmato dal giudice per le indagini preliminare di Roma su richiesta del procuratore aggiunto Francesco Caporale e dei pubblici ministeri Corrado Fasanelli e Francesco Dall’Olio. L’affaire da violazione amministrativa si è trasformato in un’indagine penale e Angelucci risponde di falso e truffa aggravata

Le Fiamme Gialle hanno accertato che le due società hanno dichiarato di appartenere ad editori diversi facendo così finire i contributi previsti per legge nelle casse delle società stessi “indebitamente” nel 2006 e nel 2007, mentre i soldi dal 2008 al 2011 sarebbero stati bloccati in seguito all’indagine e alla multa inflitta da Agcom. Assieme ad Angelucci, sono indagati per falso e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche anche i rappresentanti legali delle sue società, Arnaldo Rossi e Roberto Crespi.

Angelucci fa sapere di essere sorpreso per una “inattesa iniziativa giudiziaria”. Il deputato in una nota “esprime la propria sorpresa” in considerazione del “fatto – tempestivamente comunicato alla Procura agente – che sia l’onorevole Angelucci che le due testate giornalistiche hanno impugnato sia innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sia innanzi alla Suprema Corte di Cassazione nonché innanzi al Tribunale Civile di Roma gli accertamenti dell’Agcom dai quali scaturisce l’iniziativa della Procura di Roma”. Angelucci “segnala, peraltro, la intempestività dell’odierno provvedimento, tenuto conto dei numerosi ed avanzati contatti con il Dipartimento dell’Editoria, con la quale era in corso una intensa attività volta alla formalizzazione delle intese per la definizione della controversia, circostanza anch’essa portata tempestivamente all’attenzione degli inquirenti. Come sempre – conclude la nota – l’onorevole Angelucci ripone la piena fiducia nella Magistratura Giudicante e solo in tale sede svolgerà le proprie opportune difese, astenendosi, in questa fase, da ogni ulteriore commento, se non per riconfermare che nessuna attività illecita è stata mai perpetrata”.

L’anno scorso, dopo l’annullamento da parte del Tar, l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato. E la terza sezione dell’organo giurisdizionale, presieduta da Pier Giorgio Lignani, aveva dato ragione all’Agcom e al Dipartimento per l’informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio. Verdetto di secondo grado di una vicenda iniziata nel 2010, quando l’Autorità avviò la verifica sull’esistenza di una situazione di controllo o di collegamento tra le due testate, dopo la pubblicazione di alcuni articoli di stampa, secondo i quali la proprietà e la gestione di entrambe facevano capo proprio ad Angelucci. Il 26 luglio 2010 erano state contestate una serie di violazioni; il 9 febbraio 2011 l’imprenditore era stato sanzionato e si era rivolto al Tar. Ma poi i giudici di secondo grado aveva ribaltato il verdetto di primo grado.

Sono sei i parlamentari coinvolti dal 2003 ad oggi in inchieste su illeciti amministrativi e concorso in truffa per ottenere contributi statali per il proprio giornale. Denis Verdini, Massimo Parisi, Sergio De Gregorio, Giuseppe Ciarrapico, Italo Bocchino e Antonio Angelucci.

Riceviamo e pubblichiamo la seguente precisazione di Italo Bocchino

Gentile Direttore, nell’edizione del 27 giugno 2013 del “Fatto quotidiano” è stato pubblicato l’articolo dal titolo “Editoria: ‘fondi illeciti’, indagato per falso e truffa il Pdl Antonio Angelucci”, in cui si sostiene che “sono sei i parlamentari coinvolti dal 2003 ad oggi in inchieste su illeciti amministrativi e concorso in truffa per ottenere contributi statali per il proprio giornale”, inserendo anche il mio nome. Mentre gli altri cinque politici citati risultano effettivamente coinvolti ed indagati il sottoscritto non è mai stato coinvolto né indagato nei contenziosi che riguardano il quotidiano “Roma”. L’inchiesta penale nonché i contenziosi civili e amministrativi in corso non hanno mai coinvolto la mia persona, alla quale nulla è stato addebitato e nulla può essere addebitato. Se il vostro giornale avesse verificato la notizia, così come sarebbe doveroso per deontologia professionale, avrebbe anche scoperto che il Tribunale del Riesame di Roma ha annullato i sequestri nei confronti degli amministratori del “Roma” – tra i quali non figura il sottoscritto – entrando addirittura nel merito e scrivendo che “il giudizio di insussistenza del reato di truffa può essere già reso in questa sede cautelare venendo a mancare gli elementi costitutivi del reato”. Riservandomi ogni azione giudiziaria a tutela della mia persona chiedo la pubblicazione della presente lettera ai sensi della legge sulla stampa.

Roma, 28 giugno 2013

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

Il Fatto Personale

di Antonio Padellaro 12€ Acquista
Articolo Precedente

Denise Pipitone, assolta la “sorellastra” Jessica: “Non c’entra con il sequestro”

next
Articolo Successivo

Compravendita senatori, De Gregorio chiede di patteggiare un anno e 8 mesi

next