Chiagne. E forse fotte. È svanito il sorriso dal volto di Fabrizio Miccoli. E svanita la felicità impressa nelle bobine della Dia, mentre scorazza sul suo Suv in compagnia di Mauro Lauricella, figlio di Antonino, “u scintilluni”, il boss mafioso della Kalsa arrestato l’anno scorso. “Quel fango di Falcone, quel fango di Falcone” canticchiano i due. Momenti di ilarità. Svaniti nel giro di qualche ora, per fare spazio a maldestri tentativi di pianto. “Non sono mafioso, non mi piacciono le cose che fa la mafia” tentenna l’ormai ex capitano del Palermo calcio, provando a bloccarsi di tanto in tanto come se fosse sul punto di scoppiare in lacrime. Le lacrime però, nell’incontro fissato con i giornalisti, non arrivano. Almeno all’inizio. “Oggi è il suo compleanno e non è un buon momento” gli fa da assist man Francesco Caliandro, suo procuratore e avvocato.
L’ultimo dribbling nel capoluogo palermitano Miccoli lo ha messo in onda ieri, fuori dai campi da calcio, quando è riuscito a sgusciare dai cronisti che lo aspettavano in procura, andandosi a sedere di fronte all’aggiunto Leonardo Agueci per l’interrogatorio di rito. A proteggerlo dalle incursioni dei giornalisti, una decina di carabinieri che hanno piantonato i corridoi al secondo piano del palazzo di giustizia di Palermo: una task force mai vista neanche quando ad essere interrogato era l’ex ministro Calogero Mannino.
Il fantasista rosanero aveva però sottovalutato i tempi dell’interrogatorio in procura, fissando la conferenza stampa con i giornalisti già nello stesso pomeriggio. La giustizia però non subisce il fascino del fuoriclasse salentino e i pm non hanno gradito quella conferenza stampa fissata solo poche ore prima l’audizione in procura. E infatti il procuratore del calciatore è stato costretto a posticiparla, dopo che il suo assistito è stato torchiato per quattro ore dai magistrati che lo indagano per estorsione e accesso abusivo a sistema informatico. Il Romario del Salento avrebbe incaricato l’amico Mauro Lauricella di recuperare alcune somme di denaro dovute. Recuperando quei crediti Lauricella non avrebbe utilizzato metodi propriamente garbati con i debitori. Una storia imbarazzante resa ancor più delicata dal fatto che Miccoli avrebbe anche prestato a Lauricella junior alcune schede telefoniche taroccate, intestate ad altre persone, proprio durante la lunga latitanza del boss della Kalsa. È durante quest’indagine che il fantasista viene “beccato” mentre offende a più riprese il magistrato Giovanni Falcone.
“Io spero solo che la città un domani voglia perdonarmi” si è augurato il calciatore incontrando i cronisti. Un monologo di scuse balbettate, arrivate proprio nello stesso giorno in cui alcuni tifosi hanno depositato una maglia del Palermo sotto l’albero Falcone. Lo stesso posto in cui la premiata coppia Miccoli – Lauricella dava appuntamento ad un amico “Ci vediamo dove c’è l’albero di quel fango di Falcone” insistevano i due, mentre le microspie degli inquirenti registravano.
“Io ho cercato solo di comportarmi da persona normale, frequentando tutti senza chiedermi prima le origini delle persone” ha detto il calciatore cercando di spiegare l’origine dei suoi rapporti pericolosi. Parole di rito. Perché alle domande specifiche dei cronisti non è arrivata invece nessuna risposta. Lauricella junior, il cognato del boss Gianni Nicchi, Nicola Milano, Francesco Guttadauro, ovvero il nipote del latitante Matteo Messina Denaro: non sono un po’ troppe le amicizie vicine al mondo di Cosa Nostra su cui può disporre Miccoli? “Non possiamo rispondere, è una notizia che fa parte dell’indagine” è il solerte intervento dell’avvocato Caliandro. Miccoli non spiega nel dettaglio neanche il senso delle sue frasi, che non costituiscono reato penale, ma che hanno suscitato le sdegno di tanti: dai tifosi, alla città di Palermo, fino alla Figc che ha aperto un’inchiesta parallela a quella della procura. “Quelle cose su Falcone non le pensavo” si è limitato a dire il fantasista. E quella frase rivolta a Guttadauro Junior, il nipote di Messina Denaro, avvertito da Miccoli al telefono di non andare allo stadio, perché c’erano “gli sbirri nuovi”? “Non possiamo rispondere, fa parte dell’indagine” ha intonato nuovamente Caliandro.
Chi frequenta il campo sa che possono entrare a vedere all’allenamento solo le persone conosciute dalle forze dell’ordine: siccome erano cambiate intendevo questo. Ma tu non frequenti il campo, non ti ho mai visto” ha detto invece Miccoli rivolto al cronista. Quindi, archiviato malamente il clamoroso infortunio multiplo nei pressi della piovra (mentre le indagini della procura continuano), è il momento di celebrare l’addio al Palermo e a Palermo del calciatore salentino. Il ricordo più bello di questi sei anni? “La partita contro la Sampdoria, quando sfiorammo la Champions League” ha raccontato il calciatore. E questa volta le lacrime, quelle vere, arrivano. Ironia della sorte, quella partita contro la Sampdoria che Miccoli annovera tra i magic moments palermitani, è la stessa alla quale, secondo il collaboratore di giustizia Manuel Pasta, sarebbe stato presente Matteo Messina Denaro in persona, ben mimetizzato in tribuna. Gli infortuni, anche quelli fortuiti, per l’ormai ex numero dieci rosanero, continuano.
@pipitone87