San Foca sembra aver smarrito, oggi, il suo santo. È stordita la marina leccese, sulle cui spiagge dovrebbe approdare il mega gasdotto Tap. Il gelo è calato sulla rovente estate del Salento, dopo l’annuncio della scelta ufficiale del Trans Adriatic Pipeline come infrastruttura nella quale incanalare l’oro azzurro del Medio Oriente.
“Vigileremo perché la voce dei cittadini non sia messa in sordina. È improponibile una scelta unilaterale da parte degli azionisti del consorzio Shah Deniz”. Gli attivisti si battono da anni contro il progetto. Hanno dato impulso ad un’inchiesta della Procura, che indaga, per il momento contro ignoti, per presunti danneggiamenti ai fondali marini durante i sondaggi eseguiti a gennaio. Hanno affinato le competenze, scrutano le mappe, ribattono punto per punto ogni affermazione dei vertici della multinazionale, specie in tema di sicurezza e ricadute occupazionali.
E’ da tempo che a Melendugno, in provincia di Lecce, la geopolitica è entrata nelle case di tutti, nei discorsi fatti al bar, al mercato settimanale. Un braccio di ferro che non si placa. Di mezzo c’è il rischio di mortificare l’unica aspirazione coltivata a lungo da queste parti, la ricchezza che si è scoperto, finalmente, avere un valore: paesaggio e turismo ecosostenibile.“Siamo molto preoccupati. Continueremo ad opporci. Ribadiamo la necessità di una scelta razionale, che tenga conto della vocazione dei territori e del principio di autodeterminazione dei popoli”.
Hanno un nome importante i volontari dissidenti. “No Tap”, richiamo immediato ad un’altra esperienza di lotta, dall’altro capo dell’Italia, quella del rifiuto dell’alta velocità. “Non esiste nessun progetto approvato per l’approdo – ribadiscono – ed è lontano dall’esistere anche un accordo con le comunità e le istituzioni locali”. Si sono opposti con ogni mezzo, politico e amministrativo, i comuni di Melendugno e Vernole. Si è opposta la Regione Puglia, con un parere negativo rilasciato nell’ambito della procedura di Valutazione di impatto ambientale, che, comunque, spetterà al ministero dell’Ambiente concludere. È il respiro di un Salento che vuole farsi sentire e che cerca di farlo battendo le poche strade che gli sono rimaste.
Gli appelli non colti si sono sprecati, diretti anche al ministro leccese Massimo Bray, titolare di Cultura e Turismo. Poi, la chiusura tombale è arrivata con Enrico Letta, durante l’intervista rilasciata a Lilli Gruber, lo scorso 7 giugno. “Una delle cose importanti che abbiamo fatto in questi trentacinque giorni – ha detto il premier – è stata la ratifica dell’accordo con Grecia e Albania per il Trans Adriatic Pipeline, infrastruttura fondamentale, perché noi abbiamo bisogno di diversificare le fonti di accesso all’energia”. Parole che sono sale sulla ferita, perché rifiutano di scrutare con la lente il territorio, perché sembrano ignorare l’eco di un’opposizione tanto ferma.
Era previsto nella zona industriale di Brindisi il primo approdo del mega gasdotto. La presenza di praterie di posidonia oceanica lo ha ricacciato verso sud, sempre più giù, fino a San Basilio, spiaggia dorata abbracciata da pinete. Tap scaglia il dardo sul tallone d’Achille. È quello, infatti, l’unico tratto di costa della Puglia meridionale non vincolato, per quanto di pregio e bellezza mozzafiato, Bandiera Blu e Cinque Vele di Legambiente quest’anno, a un tiro di schioppo dalle Cesine, oasi protetta del Wwf.
Inaccettabile l’approdo lì, almeno agli occhi di chi questo gasdotto assume le sembianze di un elefante in un negozio di cristalli. Si coagula il dissenso. Si rafforza il fronte, al di là della trincea locale. Con i “No Tubo” di Sulmona, ad esempio, contrari al progetto di Snam di un metanodotto via terra da Brindisi a Minerbio. Oppure con i cugini lucani, già sull’attenti per la prospettiva di rendere i pozzi svuotati o in via di esaurimento della Basilicata il nuovo serbatoio della materia prima convogliata da Baku.
È questa, d’altronde, l’ambizione di Roma, rendere l’Italia l’hub del gas per l’Europa, la pancia dell’oro azzurro non russo, il serbatoio da aprire agli altri contrattando sui prezzi, senza avere, ogni inverno, il cappio al collo di Gazprom. Anche a costo di sorvolare sul volere dei territori.
Ambiente & Veleni
Il super gasdotto fa alzare le barricate al Salento. Ed è subito “No Tap”
L'infrastruttura che porterà il carburante azero all'Italia passando per Grecia e Albania dovrebbe approdare su una delle spiagge più pregiate dell'area pugliese. Comunità locali pronte a rafforzare l’opposizione al progetto: “Abbiamo un turismo di qualità da difendere e non ci danno garanzie sulla sicurezza”
San Foca sembra aver smarrito, oggi, il suo santo. È stordita la marina leccese, sulle cui spiagge dovrebbe approdare il mega gasdotto Tap. Il gelo è calato sulla rovente estate del Salento, dopo l’annuncio della scelta ufficiale del Trans Adriatic Pipeline come infrastruttura nella quale incanalare l’oro azzurro del Medio Oriente.
“Vigileremo perché la voce dei cittadini non sia messa in sordina. È improponibile una scelta unilaterale da parte degli azionisti del consorzio Shah Deniz”. Gli attivisti si battono da anni contro il progetto. Hanno dato impulso ad un’inchiesta della Procura, che indaga, per il momento contro ignoti, per presunti danneggiamenti ai fondali marini durante i sondaggi eseguiti a gennaio. Hanno affinato le competenze, scrutano le mappe, ribattono punto per punto ogni affermazione dei vertici della multinazionale, specie in tema di sicurezza e ricadute occupazionali.
E’ da tempo che a Melendugno, in provincia di Lecce, la geopolitica è entrata nelle case di tutti, nei discorsi fatti al bar, al mercato settimanale. Un braccio di ferro che non si placa. Di mezzo c’è il rischio di mortificare l’unica aspirazione coltivata a lungo da queste parti, la ricchezza che si è scoperto, finalmente, avere un valore: paesaggio e turismo ecosostenibile.“Siamo molto preoccupati. Continueremo ad opporci. Ribadiamo la necessità di una scelta razionale, che tenga conto della vocazione dei territori e del principio di autodeterminazione dei popoli”.
Hanno un nome importante i volontari dissidenti. “No Tap”, richiamo immediato ad un’altra esperienza di lotta, dall’altro capo dell’Italia, quella del rifiuto dell’alta velocità. “Non esiste nessun progetto approvato per l’approdo – ribadiscono – ed è lontano dall’esistere anche un accordo con le comunità e le istituzioni locali”. Si sono opposti con ogni mezzo, politico e amministrativo, i comuni di Melendugno e Vernole. Si è opposta la Regione Puglia, con un parere negativo rilasciato nell’ambito della procedura di Valutazione di impatto ambientale, che, comunque, spetterà al ministero dell’Ambiente concludere. È il respiro di un Salento che vuole farsi sentire e che cerca di farlo battendo le poche strade che gli sono rimaste.
Gli appelli non colti si sono sprecati, diretti anche al ministro leccese Massimo Bray, titolare di Cultura e Turismo. Poi, la chiusura tombale è arrivata con Enrico Letta, durante l’intervista rilasciata a Lilli Gruber, lo scorso 7 giugno. “Una delle cose importanti che abbiamo fatto in questi trentacinque giorni – ha detto il premier – è stata la ratifica dell’accordo con Grecia e Albania per il Trans Adriatic Pipeline, infrastruttura fondamentale, perché noi abbiamo bisogno di diversificare le fonti di accesso all’energia”. Parole che sono sale sulla ferita, perché rifiutano di scrutare con la lente il territorio, perché sembrano ignorare l’eco di un’opposizione tanto ferma.
Era previsto nella zona industriale di Brindisi il primo approdo del mega gasdotto. La presenza di praterie di posidonia oceanica lo ha ricacciato verso sud, sempre più giù, fino a San Basilio, spiaggia dorata abbracciata da pinete. Tap scaglia il dardo sul tallone d’Achille. È quello, infatti, l’unico tratto di costa della Puglia meridionale non vincolato, per quanto di pregio e bellezza mozzafiato, Bandiera Blu e Cinque Vele di Legambiente quest’anno, a un tiro di schioppo dalle Cesine, oasi protetta del Wwf.
Inaccettabile l’approdo lì, almeno agli occhi di chi questo gasdotto assume le sembianze di un elefante in un negozio di cristalli. Si coagula il dissenso. Si rafforza il fronte, al di là della trincea locale. Con i “No Tubo” di Sulmona, ad esempio, contrari al progetto di Snam di un metanodotto via terra da Brindisi a Minerbio. Oppure con i cugini lucani, già sull’attenti per la prospettiva di rendere i pozzi svuotati o in via di esaurimento della Basilicata il nuovo serbatoio della materia prima convogliata da Baku.
È questa, d’altronde, l’ambizione di Roma, rendere l’Italia l’hub del gas per l’Europa, la pancia dell’oro azzurro non russo, il serbatoio da aprire agli altri contrattando sui prezzi, senza avere, ogni inverno, il cappio al collo di Gazprom. Anche a costo di sorvolare sul volere dei territori.
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Israele, terremoto allo Shin Bet: Netanyahu silura il capo Bar e denuncia il suo predecessore
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Il presidente del partito israeliano Unità Nazionale, Benny Gantz, definisce il licenziamento, da parte del premier Benjamin Netanyahu, del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, "un colpo diretto alla sicurezza dello Stato e allo smantellamento dell'unità nella società israeliana per ragioni politiche e personali".
Anche il presidente di Yisrael Beytenu, Avigdor Liberman, condanna la decisione, dichiarando che se il Primo Ministro Netanyahu “avesse combattuto Hamas con la stessa determinazione con cui sta combattendo il capo dello Shin Bet, l'ufficio del Procuratore generale e il sistema giudiziario, l'olocausto del 7 ottobre sarebbe stato impedito”.
Mosca, 16 mar. (Adnkronos) - La Russia ha ripetutamente affermato che non dovrebbero esserci “forze di peacekeeping” della Nato in Ucraina. E se l'Alleanza decidesse di aiutare Kiev in questo modo, significherebbe la guerra. Lo ha affermato su X il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato la sua intenzione di licenziare il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, e di averlo "informato che la prossima settimana presenterà una proposta al governo per porre fine al suo mandato".
In una dichiarazione successiva, Netanyahu ha spiegato: “In ogni momento, ma soprattutto durante una guerra esistenziale come quella che stiamo affrontando, deve esserci piena fiducia tra il primo ministro e il capo dello Shin Bet. "Ma sfortunatamente, la situazione è l'opposto: non ho questa fiducia. Nutro una sfiducia continua nel capo dello Shin Bet, una sfiducia che è solo cresciuta nel tempo".
(Adnkronos) - "Il nemico americano ha lanciato un'aggressione palese contro il nostro Paese nelle ultime ore con oltre 47 attacchi aerei", si legge nella dichiarazione. In risposta, "le Forze Armate hanno condotto un'operazione militare specifica prendendo di mira la portaerei americana USS Harry S. Truman e le sue navi da guerra nel Mar Rosso settentrionale con 18 missili balistici e da crociera e un drone".
"Con l'aiuto di Allah Onnipotente", prosegue la dichiarazione, "le forze armate yemenite continueranno a imporre un blocco navale al nemico israeliano e a vietare alle sue navi di entrare nella zona di operazioni dichiarata finché gli aiuti e i beni di prima necessità non saranno consegnati alla Striscia di Gaza".
Sana'a, 16 mar. (Adnkronos) - Gli Houthi hanno risposto ai bombardamenti americani sullo Yemen attaccando la USS Harry S. Truman nel Mar Rosso con missili balistici e un drone. Lo rivendica il portavoce del gruppo yemenita.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - La polizia israeliana ha aperto un'indagine sull'ex capo dell'agenzia di sicurezza Shin Bet, Nadav Argaman, dopo che venerdì il primo ministro Benjamin Netanyahu ha presentato una denuncia.
Il premier israeliano ha accusato Argaman di ricatto e reati legati alla legge che riguarda lo Shin Bet, che proibisce ai dipendenti dell'organizzazione di divulgare informazioni ottenute nell'ambito del loro lavoro.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un abitante di Gaza, che stava "tentando di piazzare ordigni esplosivi" nei pressi del corridoio di Netzarim, è stato ucciso. Lo riferisce l'esercito israeliano.