Alla fine la ruspa si è accesa e ha iniziato ad abbattere la palazzina Rai di Budrio, quella voluta da Guglielmo Marconi, inaugurata nel 1936 quando lo scienziato era ancora in vita. Pochi colpi ben assestati, un po’ di polvere spazzata via dal vento e uno dei centri trasmittenti della radiotelevisione italiana, nato su impulso di uno degli inventori della radiotelegrafia e a lui dedicato fin dalla posa della prima pietra, è sparito dal panorama pianeggiante della campagna alle porte di Bologna. “Questo centro è noto in tutto il mondo come Radio Marconi, l’unica Radio Marconi. Ora invece chi arriverà qui troverà un centro commerciale”, spiega sconsolato Elio Antonucci, colui che più si è opposto all’abbattimento.
Tutto comincia almeno 10 anni fa quando l’amministrazione di Budrio inizia a progettare una grande area produttiva e commerciale proprio su quegli ampi terreni dove dal 1936 prima l’Eiar poi la Rai hanno trasmesso per Bologna e l’Emilia Romagna. Interessatissimi alla possibilità di costruire si erano mostrati due colossi industriali della zona: uno è il produttore di patatine Pizzoli, che vorrebbe costruire un nuovo stabilimento in sostituzione di quello presente all’interno di Budrio; l’altro è il gruppo Maccaferri di Bologna che invece progetta un centro commerciale da 27 mila metri quadri. Nel 2010 l’accordo sembra raggiungere una quadra. Il Comune di Bologna, proprietario dell’area fin dal 1934 e allora guidato dal commissario straordinario Anna Maria Cancellieri, approva la delocalizzazione delle antenne Rai e la dismissione del centro. Il Comune di Budrio e la Provincia, entrambi roccaforti Pd, stappano lo champagne: “Il piano territoriale di coordinamento provinciale è uno strumento flessibile che tiene conto dei cambiamenti della società e delle esigenze del territorio”, commenta il vicepresidente della Provincia Giacomo Venturi.
Passano i mesi e pian piano il centro gestito da RaiWay a Budrio viene spento. L’ultima antenna, dopo 76 anni viene messa fuori servizio all’inizio del 2012. Ma a maggio arrivano le elezioni comunali e il ciclone Beppe Grillo rischia di rovinare i piani dell’amministrazione Pd. Il candidato Giulio Pierini infatti vince solo al ballottaggio contro Antonio Giacon del Movimento 5 stelle. Per poco anche Budrio non fa il ribaltone. “Noi siamo proprio contrari a quel centro commerciale che potrebbe mettere in ginocchio i commercianti del paese”, spiegano oggi Giacon e il consigliere Maurizio Mazzanti della lista Noi per Budrio.
Il 2 agosto 2012 per il nuovo sindaco Pierini e per il vicepresidente Venturi arriva una doccia fredda. La Direzione provinciale per i Beni culturali, su proposta di alcuni radioamatori, inizia a valutare la possibilità di porre un vincolo sulla palazzina. L’edificio infatti, pur profondamente mutato rispetto all’originale (oltre alla demolizione del portale razionalista, le finiture, i bancali, le scale interne le tinteggiature esterne non sono le stesse), è indubitabilmente quello del 1936, alla cui inaugurazione Marconi non poté andare perché già gravemente malato.
Il 23 aprile 2013 però la Direzione Beni culturali emette la sua sentenza di morte: “La palazzina non raggiunge la qualità architettonica necessaria alla dichiarazione di interesse storico artistico, rivelando piuttosto un valore di edificio storico testimoniale”. Dopo la grande paura gli amministratori Pd esultano: “Ha sortito i suoi effetti la pressante richiesta del sindaco di Budrio, Giulio Pierini, del vicepresidente della Provincia, Giacomo Venturi e dell’assessore regionale Alfredo Peri verso la Direzione regionale per i beni culturali”, scrive una nota della Provincia.
Nel frattempo però la Pizzoli, quella delle patate, annuncia che forse delocalizzerà da un’altra parte, non più in quei terreni. E nemmeno il supermarket è certo che si costruirà. “Ora dicono che se salta il centro commerciale e anche lo stabilimento di Pizzoli la colpa è delle opposizioni che hanno bloccato l’iter con la richiesta del vincolo alla Soprintendenza”, spiegano Giacon e Mazzanti. In realtà sembra che a scoraggiare i costruttori, più che la palazzina Marconi, siano state la crisi economica e la notizia che forse il Passante nord, una nuova autostrada alle porte di Bologna, passerà più lontano e non avrà più il suo svincolo proprio lì a Budrio.
Di certo però per la palazzina non c’è più niente da fare. “Eppure persino la piccola emittente Radio Budrio si era detta disponibile a prendere la palazzina per farci i suoi studi e gestire eventualmente un museo della radio”, spiega Elio Antonucci. “L’area in questione è privata, dunque non c’è più nessun tipo di collegamento col comune di Budrio. Non mi risultano proposte concrete a livello economico e culturale di gestione della palazzina”, ribatte il sindaco. “Si era raggiunto un accordo coi radioamatori per salvare le strumentazioni (ora conservate in un altro capannone, ndr). Avremmo potuto pensare anche a un laboratorio o un museo dentro il centro commerciale. Tutto però è precipitato perché la battaglia di alcuni radioamatori era quella di vincolare la palazzina”, conclude Pierini.
Ora però, ammette il primo cittadino di Budrio, “il centro commerciale si farà solo se ci sarà veramente la volontà di farlo”. E se non si fa, la palazzina sarà stata abbattuta per niente.