Crisi del mondo del lavoro e boom di social network. Due fattori che, negli anni della convergenza, possono produrre effetti indesiderati. Così ai tempi dei social e della diffusione massima di smartphone e tablet capita sempre di più che si possa essere assunti (quando questo avviene, pratica sempre meno diffusa) da come ci si posiziona in rete, da come si dialoga o da quello che si scrive, da chi si frequenta – amicizie o follow che siano – dai contenuti che si condividono.
Una recente indagine condotta dalla piattaforma digitale americana Rappler ha registrato come il 75% delle aziende utilizzi Facebook e Twitter per raccogliere informazioni sui candidati da valutare. C’è di più: un 70% di imprese ha cambiato valutazione dopo aver monitorato la presenza social del potenziale lavoratore da assumere e addirittura il 91% delle quattro maggiori agenzie di headhunting al mondo si presentano con un ritratto “social” del candidato che si va a valutare. Ma si arriva sempre più spesso a situazione che oltrepassano il consentito: in alcune aziende americane (ma la pratica si sta diffondendo anche nell’Europa continentale) il datore di lavoro richiede per l’assunzione la possibilità di accedere ai profili del lavoratore, in una acclarata violazione di privacy (ne ha parlato Ivana Pais, tra le altre cose autrice de “La rete che lavora” per Egea, al Wwworkers Camp di Bologna).
In termini tecnici negli ambienti digitali la chiamano “web reputation”, e sembra possa condizionare (e non poco) il mondo del lavoro. Qualche tempo fa il Wall Street Journal ha postato un pezzo sui consigli per cercare un lavoro anche grazie a Twitter. Tra i primi “tip” per i candidati c’è quello di seguire quelle compagnie nelle quali si vorrebbe andare a lavorare, e addirittura i manager e top-manager che le amministrano. Poi, altro consiglio del Wsj, è quello di retwittare messaggi da parte di quelle stesse aziende e addirittura spingersi a creare un breve curriculum vitae, una mini-presentazione in 140 caratteri, ovvero in un tweet, sul modello del cv americano detto résume.
In questo blog da un paio d’anni raccontiamo i wwworkers e il mondo del lavoro in rete, ma devo constatare non senza qualche preoccupazione che una modalità di esposizione in rete sta monopolizzando di fatto scelte anche aziendali. Sarà una moda passeggera, sarà l’effetto di una bulimica propensione alla conversazione sociale, o sarà che la congiuntura economica ha acuito i rapporti di forza tra chi è dentro e chi è fuori un’impresa, fatto sta che l’ambiente digitale sta mostrando alcuni aspetti tutti da gestire. La migliore risposta è la conoscenza degli strumenti.
Giampaolo Colletti
Giornalista e ideatore di Wwworkers.it
Lavoro & Precari - 28 Giugno 2013
Dimmi come twitti e ti dirò se ti assumo
Crisi del mondo del lavoro e boom di social network. Due fattori che, negli anni della convergenza, possono produrre effetti indesiderati. Così ai tempi dei social e della diffusione massima di smartphone e tablet capita sempre di più che si possa essere assunti (quando questo avviene, pratica sempre meno diffusa) da come ci si posiziona in rete, da come si dialoga o da quello che si scrive, da chi si frequenta – amicizie o follow che siano – dai contenuti che si condividono.
Una recente indagine condotta dalla piattaforma digitale americana Rappler ha registrato come il 75% delle aziende utilizzi Facebook e Twitter per raccogliere informazioni sui candidati da valutare. C’è di più: un 70% di imprese ha cambiato valutazione dopo aver monitorato la presenza social del potenziale lavoratore da assumere e addirittura il 91% delle quattro maggiori agenzie di headhunting al mondo si presentano con un ritratto “social” del candidato che si va a valutare. Ma si arriva sempre più spesso a situazione che oltrepassano il consentito: in alcune aziende americane (ma la pratica si sta diffondendo anche nell’Europa continentale) il datore di lavoro richiede per l’assunzione la possibilità di accedere ai profili del lavoratore, in una acclarata violazione di privacy (ne ha parlato Ivana Pais, tra le altre cose autrice de “La rete che lavora” per Egea, al Wwworkers Camp di Bologna).
In termini tecnici negli ambienti digitali la chiamano “web reputation”, e sembra possa condizionare (e non poco) il mondo del lavoro. Qualche tempo fa il Wall Street Journal ha postato un pezzo sui consigli per cercare un lavoro anche grazie a Twitter. Tra i primi “tip” per i candidati c’è quello di seguire quelle compagnie nelle quali si vorrebbe andare a lavorare, e addirittura i manager e top-manager che le amministrano. Poi, altro consiglio del Wsj, è quello di retwittare messaggi da parte di quelle stesse aziende e addirittura spingersi a creare un breve curriculum vitae, una mini-presentazione in 140 caratteri, ovvero in un tweet, sul modello del cv americano detto résume.
In questo blog da un paio d’anni raccontiamo i wwworkers e il mondo del lavoro in rete, ma devo constatare non senza qualche preoccupazione che una modalità di esposizione in rete sta monopolizzando di fatto scelte anche aziendali. Sarà una moda passeggera, sarà l’effetto di una bulimica propensione alla conversazione sociale, o sarà che la congiuntura economica ha acuito i rapporti di forza tra chi è dentro e chi è fuori un’impresa, fatto sta che l’ambiente digitale sta mostrando alcuni aspetti tutti da gestire. La migliore risposta è la conoscenza degli strumenti.
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Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l’interesse europeo, all’interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche una attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai paesi fondatori dell’Europa, per collocare l’Italia sulla frontiera più avanzata dell’integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un’iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autoderminazione, l’ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Il piano ReArmEU, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
"La difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Sostenere una risposta europea ed unitaria alle politiche dei dazi dell’amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di bilateralizzare la risoluzione del conflitto commerciale, e che ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle Big Tech, rilanciando anche l’iniziativa multilaterale per l’introduzione della Global Minimum Tax". E' quanto chiede il Pd al governo nella risoluzione sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo, nella risoluzione presentata sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni, di "collocare l’Italia da protagonista nella costruzione di una vera difesa comune europea e non di un riarmo degli eserciti nazionali privo di coordinamento, esprimendo la chiara volontà politica di andare avanti nel percorso di realizzazione di un’unione della difesa, anche partendo da forme di cooperazione rafforzata o integrazione differenziata tra Stati membri".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Promuovere, nell’attuazione del Libro bianco sulla difesa europea, tutti gli strumenti che puntano a una governance democratica chiara del settore, agli investimenti comuni necessari per realizzare l’autonomia strategica e colmare i deficit alla sicurezza europea, al coordinamento e all’integrazione della capacità industriali europee e dei comandi militari, all’interoperabilità dei sistemi di difesa verso un esercito comune europeo". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.