“La prima volta che ho visto l’Inghilterra pensavo che la cicogna si fosse sbagliata e mi avesse lasciata per strada a Roma, senza farmi arrivare alla mia vera destinazione finale, Londra”. Vent’anni dopo Mariarita Bovi, 45 anni, ha cambiato radicalmente idea e, anche se vive e lavora ancora nella Capitale britannica, dice di sentirsi sempre più italiana.
Per maturare questa consapevolezza ha dovuto trascorrere vent’anni all’estero, tra la Spagna, l’Inghilterra e la Svezia. La prima esperienza fuori dall’Italia è stata a Londra, prima di laurearsi: tre mesi di soggiorno per un corso d’inglese che sono diventati otto anni con un lavoro affermato di consulente informatica e una società tutta sua.
“Con una laurea in architettura e storia dell’arte mi sono ritrovata a fare l’informatico. Una cosa che in Italia non sarebbe mai successa. Qui non conta cosa hai studiato, ma quello che sai fare. In Italia persino chi ha una laurea importante è sottoutilizzato”. Uno scampolo di nostalgia la riporta in Italia per due anni, ma non è una buona idea. “A Londra avevo la mia scrivania, il mio telefono, ogni strumento a disposizione. A Roma lavoravo in un open space su una striscia di scrivania da dividere con altre venti persone. Però mi divertivo, avevo il calore del sud e un’umanità che in Inghilterra non conoscevo. Mi sono chiesta, perché non posso avere entrambi, un ambiente caldo, familiare e delle strutture efficienti?”
La risposta la trova in Spagna ad Alicante, nell’ufficio di un’agenzia della Commissione europea. “Lavoravo in una stanza super attrezzata con metà delle finestre che guardavano il mare. C’era solo una strada a separarmi dalla spiaggia. E poi c’era questa spontaneità delle persone che mi venivano a suonare sotto casa a chiedermi: che fai, scendi? Tutte cose che a Londra erano impensabili. Mi piaceva degli spagnoli la capacità di pensare sempre positivo, una leggerezza che gli impediva di immaginare cose spiacevoli. Gli italiani sono più drammatici, ma anche più profondi”.
Dopo quattro anni ad Alicante si sposta a Stoccolma, insieme al marito svedese, ma anche quello non è il posto ideale in cui vivere. “In Svezia se andavo all’ufficio postale da sola ero trattata in modo molto freddo, se ci andavo con mio marito erano tutti molto gentili. Mi sentivo continuamente un’immigrata. È strano perché sono cresciuta con il mito dei paesi nordici, di luoghi dove tutto funziona, ma quando sono andata a viverci ho scoperto che non è proprio così”.
La tappa successiva è di nuovo Londra, il posto in cui restare, per adesso, ma non per sempre. “Sogno una casa in Sicilia, in un posto caldo, dove tutti si impicciano dei fatti tuoi e ti guardano quando cammini per strada. So che a Londra avrò sempre un posto, ma non vedo qui la mia vecchiaia”. A fare la differenza, dopo tanti anni trascorsi all’estero, è la sensazione di aver consolidato un senso di appartenenza al Paese in cui è nata e alla sua cultura. “I manager migliori che ho avuto sono stati inglesi, ma i miei migliori amici sono tutti Italiani. Gli inglesi, come anche gli svedesi, hanno uno spiccato individualismo, che è una radicalizzazione del loro senso d’indipendenza. Loro sono abituati a non appoggiarsi a nessuno, a noi non ci spaventa avere bisogno degli altri, forse perché non abbiamo scelta. Se io italiano perdo il lavoro chiedo soldi ad un amico, in Svezia li chiedo allo Stato. La conseguenza è che noi viene spontaneo dividere e condividere. Per molti anni ho cercato di mettere la mia cultura e le mie tradizioni da parte, ma mi sono resa conto che i miei valori sono importanti, non è che gli altri sono sempre meglio. Noi dobbiamo imparare tanto da loro, ma anche loro da noi”.
Cervelli in fuga
Londra, Alicante e Stoccolma e ritorno. Ma la vecchiaia? “La vedo in Sicilia”
Mariarita Bovi ha girato tre paesi in 20 anni: Regno Unito, Spagna e Svezia. Alla fine è tornata nella Capitale britannica, il luogo da cui era partita ancora prima di laurearsi per tre mesi di soggiorno diventati otto anni con un lavoro affermato di consulente informatica e una società tutta sua. "Il mio futuro però lo immagino di nuovo in Italia"
“La prima volta che ho visto l’Inghilterra pensavo che la cicogna si fosse sbagliata e mi avesse lasciata per strada a Roma, senza farmi arrivare alla mia vera destinazione finale, Londra”. Vent’anni dopo Mariarita Bovi, 45 anni, ha cambiato radicalmente idea e, anche se vive e lavora ancora nella Capitale britannica, dice di sentirsi sempre più italiana.
Per maturare questa consapevolezza ha dovuto trascorrere vent’anni all’estero, tra la Spagna, l’Inghilterra e la Svezia. La prima esperienza fuori dall’Italia è stata a Londra, prima di laurearsi: tre mesi di soggiorno per un corso d’inglese che sono diventati otto anni con un lavoro affermato di consulente informatica e una società tutta sua.
La risposta la trova in Spagna ad Alicante, nell’ufficio di un’agenzia della Commissione europea. “Lavoravo in una stanza super attrezzata con metà delle finestre che guardavano il mare. C’era solo una strada a separarmi dalla spiaggia. E poi c’era questa spontaneità delle persone che mi venivano a suonare sotto casa a chiedermi: che fai, scendi? Tutte cose che a Londra erano impensabili. Mi piaceva degli spagnoli la capacità di pensare sempre positivo, una leggerezza che gli impediva di immaginare cose spiacevoli. Gli italiani sono più drammatici, ma anche più profondi”.
Dopo quattro anni ad Alicante si sposta a Stoccolma, insieme al marito svedese, ma anche quello non è il posto ideale in cui vivere. “In Svezia se andavo all’ufficio postale da sola ero trattata in modo molto freddo, se ci andavo con mio marito erano tutti molto gentili. Mi sentivo continuamente un’immigrata. È strano perché sono cresciuta con il mito dei paesi nordici, di luoghi dove tutto funziona, ma quando sono andata a viverci ho scoperto che non è proprio così”.
La tappa successiva è di nuovo Londra, il posto in cui restare, per adesso, ma non per sempre. “Sogno una casa in Sicilia, in un posto caldo, dove tutti si impicciano dei fatti tuoi e ti guardano quando cammini per strada. So che a Londra avrò sempre un posto, ma non vedo qui la mia vecchiaia”. A fare la differenza, dopo tanti anni trascorsi all’estero, è la sensazione di aver consolidato un senso di appartenenza al Paese in cui è nata e alla sua cultura. “I manager migliori che ho avuto sono stati inglesi, ma i miei migliori amici sono tutti Italiani. Gli inglesi, come anche gli svedesi, hanno uno spiccato individualismo, che è una radicalizzazione del loro senso d’indipendenza. Loro sono abituati a non appoggiarsi a nessuno, a noi non ci spaventa avere bisogno degli altri, forse perché non abbiamo scelta. Se io italiano perdo il lavoro chiedo soldi ad un amico, in Svezia li chiedo allo Stato. La conseguenza è che noi viene spontaneo dividere e condividere. Per molti anni ho cercato di mettere la mia cultura e le mie tradizioni da parte, ma mi sono resa conto che i miei valori sono importanti, non è che gli altri sono sempre meglio. Noi dobbiamo imparare tanto da loro, ma anche loro da noi”.
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Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".