Leggendo i giornali degli ultimi giorni, dove campeggia la discussione sui processi a Berlusconi e le diatribe apparenti fra Pd e Pdl, che poi governano insieme nel più completo immobilismo, ho sentito il bisogno di ricominciare a parlare di temi concreti. Parlare di alcune modifiche al nostro sistema di welfare che ci aiuterebbero a migliorare la condizione del paese ad un costo accessibile. Dopo decadi dominate da una concezione particolaristica delle politiche sociali, ha iniziato a farsi strada la discussione su alcune policy universalistiche. A tal proposito due sono le proposte più gettonate: (1) il reddito di cittadinanza e (2) il reddito minimo garantito. Purtroppo queste parole continuano ad essere utilizzate in modo intercambiabile e confuso.
Il reddito di cittadinanza è un sussidio completamente svincolato dal reddito e la ricchezza personale. Tuttavia questa policy è oggi solamente una mera opzione teorica. Essa esiste infatti solamente in due aree del mondo sotto forma di oil dividend (il dividendo del petrolio). In Alaska e Iran una parte dei proventi ottenuti dall’estrazione del petrolio vengono equamente divisi fra la popolazione. Il reddito di cittadinanza è stato proposto sia da economisti liberisti (come Milton Friedmann) sia da marxisti (come Andre’ Gorz) come risposta ‘post-moderna’ alla crescente disoccupazione generata dalla de-industrializzazione dei paesi occidentali.
Il reddito minimo garantito, diversamente da quello di cittadinanza, è una misura più circostanziata, adottata in tutti i paesi dell’Europa Occidentale (ad eccezione di Italia e Grecia). L’introduzione del reddito minimo nel sistema di protezione sociale comporta che nessun cittadino possa scendere al di sotto di un certo livello di reddito stabilito dal legislatore. Lo stato si fa carico di versare un contributo (che può essere maggiorato a seconda del numero di figli e la composizione familiare) a tutti i cittadini che non raggiungono la soglia di reddito stabilita.
Purtroppo nel dibattito pubblico, il reddito di cittadinanza e il reddito minimo garantito vengono quotidianamente confusi. Tuttavia, mentre il reddito di cittadinanza è assolutamente insostenibile finanziariamente nel breve periodo, il reddito minimo garantito seppur di importo basso, potrebbe essere creato immediatamente. La sua introduzione non costituirebbe una rivoluzione nel sistema sociale italiano, ma semplicemente il riconoscimento di un principio minimo in linea con gli altri paesi Europei. Un’armonizzazione di varie misure esistenti in alcune regioni (come la Toscana) a beneficio di tutti i cittadini italiani. Esistono studi in materia che dimostrano come il reddito minimo garantito potrebbe avere effetti molto positivi (a fronte di una spesa abbastanza limitata) nel ridurre i rischi di povertà e rilanciare i consumi.
A tal proposito, è stato stimato che garantire un reddito minimo di 400 euro al mese costerebbe 7,1 miliardi di euro (circa lo 0,5% del prodotto interno lordo) e supporterebbe l’8% delle famiglie italiane. Attualmente solo il 27% delle famiglie al di sotto della soglia di povertà sono supportate dal nostro sistema di welfare, mentre con questa misura, a fronte di un costo non elevatissimo, la percentuale salirebbe al 91% (tuttavia sarebbe necessario introdurre un accurato dispositivo anti-frode vista la percentuale notevole di reddito non dichiarato nel nostro paese).
A questo primo schema andrebbe aggiunto in seguito anche un sussidio universale di disoccupazione accompagnato dalla creazione di politiche attive sul mercato del lavoro (per una trattazione più approfondita di questo aspetto vedi il mio ultimo saggio Chi Troppo, Chi Niente. Queste misure sul mercato del lavoro potrebbero essere tranquillamente finanziate con una tassa di scopo sulle pensione più elevate (ne ho già parlato lungamente in molti altri articoli ed interventi pubblici).
Penso sia importante discutere di questi temi in modo concreto e preciso, abbandonando la demagogia di chi fa promesse impossibili da mantenere, ma combattendo anche contro l’ipocrisia di chi sfrutta la confusione, per affermare che il reddito minimo garantito costerebbe troppo e si configurerebbe solo come assistenzialismo. Non è così ! Come ci spiegheremmo allora che il reddito minimo garantito esiste in paesi molto performanti come la Germania o la Svezia?
Il cambiamento del paese passa da misure realizzabili di redistribuzione. L’istituzione del reddito minimo garantito con la contemporanea riduzione delle laute pensioni attribuite con lo sballato sistema retributivo, assieme alla tassazione della rendita per sgravare dal fisco il lavoro, sono due misure imprescindibili per salvare il paese dal collasso. Il reddito minimo garantito è quindi una politica per ridare dignità ai più demuniti, ma anche un provvedimento economico efficiente per rilanciare i consumi della fascia più debole della popolazione.