Centrale di Fukushima Dai Ichi, 13 marzo, ore 4,13 di mattina. Terremoto e tsunami hanno già provocato la prima esplosione, se ne temono altre. Tutti i tentatitivi di ripristinare, in qualsiasi forma, il raffreddamento dei reattori sembrano fallire, uno dopo l’altro. La centrale sembra impazzita, c’è chi già parla di abbandonarla al suo destino, di evacuare. All’improvviso, la voce di Masao Yoshida, direttore della centrale, esce, forte ma rassicurante, dagli altoparlanti.
“Attenzione, appello urgente: chi è venuto oggi al lavoro con la sua macchina è pregato di consegnarne le chiavi all’ufficio personale. Abbiamo bisogno delle vostre batterie per far ripartire il sistema di raffreddamento. In attesa che arrivino quelle nuove, chiedo anche che vengano consegnate tutte le pile, di qualsiasi formato, in vostro possesso. Ci potrebbero servire. E siccome dobbiamo mandare qualcuno a comprarne di nuove in città, chiederei anche di volerci prestare del cash. Al momento, in cassa non ne abbiamo. Grazie per la collaborazione ”.
Siamo in Giappone, terza economia del mondo, e terza “potenza” nucleare, per produzione di energia elettrica, dopo Usa e Francia. Un paese dove non solo i treni, ma anche gli autobus urbani spaccano il minuto e chi arriva tardi ad un appuntamento è considerato, oltre che un maleducato, uno sprovveduto. Eppure, non fosse stato per questo improvviso quanto bizzarro appello di Yoshida, e per altre altre difficili decisioni da lui prese in quelle ore, compresa quella di disubbidire agli ordini dei suoi stessi capi che per timore di “rovinare irrimediabilmente” i reattori gli avevano imposto di sospendere il pompaggio di acqua salata, la catastrofe annunciata di Fukushima avrebbe assunto proporzioni ben maggiori di quelle, già gravissime, sinora note.
Sembra incredibile, ma migliaia di pagine di trascrizioni e testimonianze dirette rese nel corso delle varie audizioni parlamentari, se non hanno ancora provocato l’intervento della magistratura (così, a occhio, sembrerebbe che di elementi di reato ce ne siano abbastanza, a carico dei dirigenti della Tepco, ma nulla trapela dalle procure), hanno sicuramente messo in luce il lato sciatto dell’Impero. Dove l’apocalisse nucleare, potenzialmente innescata sin dal momento in cui è stato deciso di costruire centrali sulle faglie più ballerine del pianeta e di gestirle “al risparmio” tra inchini e mazzette, è stata evitata, oltre che dal caso, grazie a dieci batterie di auto degli operai, messe in serie per raggiungere la potenza di 120 volts e far ripartire in extremis il sistema di depressurizzazione dei reattori consentendo il pompaggio di acqua marina con tubi normali, quelli in dotazione ai comuni pompieri.
Il tutto perché i sistemi di raffreddamento di emergenza erano o saltati o non si riusciva ad avviarli per mancanza di energia, e le mille batterie di “riserva” che la Tepco aveva in fretta e furia ordinato alla Toshiba la sera prima tardavano ad arrivare: la Toshiba non riusciva a ottenere le necessarie autorizzazioni dalla polizia per percorrere l’autostrada, chiusa dal governo subito dopo il terremoto non tanto per i danni subiti, quanto per riservarne l’uso alle operazioni di emrgenza. Evidentemente il rischio di un gigantesco meltdown plenario non era considerate tale. Per non parlare dei manuali di istruzione introvabili, dei rifornimenti di carburante che non arrivavano e, neanche fossimo in Italia, decine di imprenditori, enti e Vip vari che intasavano i centralini per chiedere, o pretendere, l’esenzione dai black out programmati.
Il tutto, sulle spalle del povero Yoshida. Che non era certo uno stinco di santo. A suo tempo, è giusto ricordarlo per evitare affrettate beatificazioni, aveva condiviso (facendone poi pubblica ammenda) con i suoi capi la criminale decisione di non rafforzare le protezioni anti-tsunami, come era stato “suggerito”, ma non imposto, dalla Commissione di Controllo e Sicurezza Nucleare. Insomma, un bello stress. Può non essere stato sufficiente a scatenare il cancro, ma certo non l’ha ostacolato.
E’ vero, al momento non ci sono prove per sostenere che il cancro che nel giro di due anni ha stroncato Masao Yoshida, l’”eroe” di Fukushima – come l’hanno definito la maggior parte dei media internazionali – sia stato causato dalle radiazioni subite durante l’incidente nucleare. Fino a quando non sarà resa nota la cartella, e questo lo potrà fare solo la sua famiglia, che immaginiamo in questi giorni di dolore sottoposta ad enormi pressioni sia da parte dei media che dei dirigenti della Tepco (la società elettrica per cui lavorava e che ieri, pochi minuti dopo la sua morte, si è affrettata ad escludere ogni collegamento) nessuno saprà mai se il povero Yoshida sia morto a causa dell’incidente, o per lo stile di vita al quale sono comunque costretti la maggior parte dei manager giapponesi, tra i quali il tumore all’esofago, per via delle interminabili “bevute” serali e dello spesso pessimo cibo che sono costretti a consumare, è comunque tra i più diffusi.
Forse ha ragione l’ex premier Naoto Kan, che a differenza di quanto scrivono molti media nazionali e internazionali, di Masao Yoshida era amico personale (avevano frequentato la stessa università, l’Istituto Tecnologico di Tokyo e si erano “ritrovati” in assoluta sintonia durante le ore più terribili della crisi) e che ieri sera è stato tra i primi a rendergli omaggio pubblicamente, “Mi inchino davanti a un uomo saggio e coraggioso” ha twittato l’ex premier che i media locali, a suo tempo, avevano indicato, erroneamente, come colui che aveva ordinato di sospendere il disperato, quanto provvidenziale, tentativo di raffreddare i reattori con acqua marina. “Un uomo che ci insegnato che disubbidire agli ordini, a volte, è giusto e necessario”. Parole, queste sì, sacrosante. Sempre, e ovunque, da tener presenti.
Oriente Furioso
Fukushima, “le vostre pile per raffreddare il reattore”. Addio all’eroe Yoshida
Nel momento del disastro nucleare seguito allo tsunami del 2011, il dirigente morto di cancro chiese agli operai anche le batterie delle auto per avviare l'impianto e limitare il disastro. A dispetto dell'efficienza nipponica, i macchinari d'emergenza non funzionavano, i manuali non si trovavano, la polizia bloccava le forniture. Il manager fu provvidenziale. Ora l'azienda smentisce legami tra la malattia e quei tragici momenti. La verità è in una cartella clinica che solo la famiglia può rendere pubblica
Centrale di Fukushima Dai Ichi, 13 marzo, ore 4,13 di mattina. Terremoto e tsunami hanno già provocato la prima esplosione, se ne temono altre. Tutti i tentatitivi di ripristinare, in qualsiasi forma, il raffreddamento dei reattori sembrano fallire, uno dopo l’altro. La centrale sembra impazzita, c’è chi già parla di abbandonarla al suo destino, di evacuare. All’improvviso, la voce di Masao Yoshida, direttore della centrale, esce, forte ma rassicurante, dagli altoparlanti.
“Attenzione, appello urgente: chi è venuto oggi al lavoro con la sua macchina è pregato di consegnarne le chiavi all’ufficio personale. Abbiamo bisogno delle vostre batterie per far ripartire il sistema di raffreddamento. In attesa che arrivino quelle nuove, chiedo anche che vengano consegnate tutte le pile, di qualsiasi formato, in vostro possesso. Ci potrebbero servire. E siccome dobbiamo mandare qualcuno a comprarne di nuove in città, chiederei anche di volerci prestare del cash. Al momento, in cassa non ne abbiamo. Grazie per la collaborazione ”.
Siamo in Giappone, terza economia del mondo, e terza “potenza” nucleare, per produzione di energia elettrica, dopo Usa e Francia. Un paese dove non solo i treni, ma anche gli autobus urbani spaccano il minuto e chi arriva tardi ad un appuntamento è considerato, oltre che un maleducato, uno sprovveduto. Eppure, non fosse stato per questo improvviso quanto bizzarro appello di Yoshida, e per altre altre difficili decisioni da lui prese in quelle ore, compresa quella di disubbidire agli ordini dei suoi stessi capi che per timore di “rovinare irrimediabilmente” i reattori gli avevano imposto di sospendere il pompaggio di acqua salata, la catastrofe annunciata di Fukushima avrebbe assunto proporzioni ben maggiori di quelle, già gravissime, sinora note.
Sembra incredibile, ma migliaia di pagine di trascrizioni e testimonianze dirette rese nel corso delle varie audizioni parlamentari, se non hanno ancora provocato l’intervento della magistratura (così, a occhio, sembrerebbe che di elementi di reato ce ne siano abbastanza, a carico dei dirigenti della Tepco, ma nulla trapela dalle procure), hanno sicuramente messo in luce il lato sciatto dell’Impero. Dove l’apocalisse nucleare, potenzialmente innescata sin dal momento in cui è stato deciso di costruire centrali sulle faglie più ballerine del pianeta e di gestirle “al risparmio” tra inchini e mazzette, è stata evitata, oltre che dal caso, grazie a dieci batterie di auto degli operai, messe in serie per raggiungere la potenza di 120 volts e far ripartire in extremis il sistema di depressurizzazione dei reattori consentendo il pompaggio di acqua marina con tubi normali, quelli in dotazione ai comuni pompieri.
Il tutto perché i sistemi di raffreddamento di emergenza erano o saltati o non si riusciva ad avviarli per mancanza di energia, e le mille batterie di “riserva” che la Tepco aveva in fretta e furia ordinato alla Toshiba la sera prima tardavano ad arrivare: la Toshiba non riusciva a ottenere le necessarie autorizzazioni dalla polizia per percorrere l’autostrada, chiusa dal governo subito dopo il terremoto non tanto per i danni subiti, quanto per riservarne l’uso alle operazioni di emrgenza. Evidentemente il rischio di un gigantesco meltdown plenario non era considerate tale. Per non parlare dei manuali di istruzione introvabili, dei rifornimenti di carburante che non arrivavano e, neanche fossimo in Italia, decine di imprenditori, enti e Vip vari che intasavano i centralini per chiedere, o pretendere, l’esenzione dai black out programmati.
Il tutto, sulle spalle del povero Yoshida. Che non era certo uno stinco di santo. A suo tempo, è giusto ricordarlo per evitare affrettate beatificazioni, aveva condiviso (facendone poi pubblica ammenda) con i suoi capi la criminale decisione di non rafforzare le protezioni anti-tsunami, come era stato “suggerito”, ma non imposto, dalla Commissione di Controllo e Sicurezza Nucleare. Insomma, un bello stress. Può non essere stato sufficiente a scatenare il cancro, ma certo non l’ha ostacolato.
E’ vero, al momento non ci sono prove per sostenere che il cancro che nel giro di due anni ha stroncato Masao Yoshida, l’”eroe” di Fukushima – come l’hanno definito la maggior parte dei media internazionali – sia stato causato dalle radiazioni subite durante l’incidente nucleare. Fino a quando non sarà resa nota la cartella, e questo lo potrà fare solo la sua famiglia, che immaginiamo in questi giorni di dolore sottoposta ad enormi pressioni sia da parte dei media che dei dirigenti della Tepco (la società elettrica per cui lavorava e che ieri, pochi minuti dopo la sua morte, si è affrettata ad escludere ogni collegamento) nessuno saprà mai se il povero Yoshida sia morto a causa dell’incidente, o per lo stile di vita al quale sono comunque costretti la maggior parte dei manager giapponesi, tra i quali il tumore all’esofago, per via delle interminabili “bevute” serali e dello spesso pessimo cibo che sono costretti a consumare, è comunque tra i più diffusi.
Forse ha ragione l’ex premier Naoto Kan, che a differenza di quanto scrivono molti media nazionali e internazionali, di Masao Yoshida era amico personale (avevano frequentato la stessa università, l’Istituto Tecnologico di Tokyo e si erano “ritrovati” in assoluta sintonia durante le ore più terribili della crisi) e che ieri sera è stato tra i primi a rendergli omaggio pubblicamente, “Mi inchino davanti a un uomo saggio e coraggioso” ha twittato l’ex premier che i media locali, a suo tempo, avevano indicato, erroneamente, come colui che aveva ordinato di sospendere il disperato, quanto provvidenziale, tentativo di raffreddare i reattori con acqua marina. “Un uomo che ci insegnato che disubbidire agli ordini, a volte, è giusto e necessario”. Parole, queste sì, sacrosante. Sempre, e ovunque, da tener presenti.
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Russia-Ucraina, la diretta | L’inviato Usa Witkoff a Mosca. Il Cremlino presenta le sue richieste per la pace
Roma, 13 mar (Adnkronos) - "Credo che l'esperienza viva possa essere più forte di qualunque altro elemento: io da giovane sono stata vittima di violenza, ho avuto un fidanzato che non capiva il senso del no". Lo ha detto in aula alla Camera la deputata del M5s Anna Laura Orrico, nel dibattito sulla Pdl sulle intercettazioni e in particolare sull'emendamento sul limite all'uso delle intercettazioni stesse.
"Quando l'ho lasciato ha iniziato a seguirmi sotto casa, si faceva trovare dietro gli angoli del mio quartiere. Venti anni fa non si parlava di violenza contro le donne, non c'era nessun meccanismo di prevenzione nè strumenti per agire -ha proseguito Orrico-. Il mio appello alla Camera è di sostenere questo emendamento, oggi gli strumenti ci sono ma non sono sufficienti. Le intercettazioni sono tra questi strumenti e nessuna donna è tutelata se non è consapevole".
Tel Aviv, 13 mar. (Adnkronos) - "Il rapporto delle Nazioni Unite che afferma che Israele ha compiuto 'atti di genocidio' e ha trasformato la 'violenza sessuale' in un'arma come strategia di guerra non è solo ingannevolmente falso, ma rappresenta anche un nuovo, vergognoso punto basso nella depravazione morale delle Nazioni Unite". Lo ha scritto su X il parlamentare israeliano dell'opposizione Benny Gantz, aggiungendo che il rapporto diffonde "calunnie antisemite e fa il gioco di terroristi assassini".
Washington, 13 mar. (Adnkronos/Afp) - Gli attacchi "sistematici" di Israele alla salute sessuale e riproduttiva a Gaza sono "atti genocidi". Lo ha affermato una commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite. “La Commissione ha scoperto che le autorità israeliane hanno parzialmente distrutto la capacità dei palestinesi di Gaza – come gruppo – di avere figli, attraverso la distruzione sistematica dell’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, che corrisponde a due categorie di atti genocidi”, ha affermato l'Onu in una nota. Israele “respinge categoricamente” queste accuse, ha indicato la sua ambasciata a Ginevra (Svizzera).
Roma,13 mar. (Adnkronos) - Il Commissario Straordinario dell'AdSP Mtcs Pino Musolino ha partecipato al panel organizzato nell'ambito della fiera Letexpo di Alis a Verona sulle tematiche della logistica, dei trasporti e della sostenibilità, dove questa mattina sono intervenuti anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini e il viceministro con delega ai porti Edoardo Rixi.
"Partecipare ad un evento come quello organizzato da Alis e da Guido Grimaldi - ha sottolineato il Commissario Musolino- che è diventato un punto di riferimento della logistica e della sostenibilità in Italia e non solo, per parlare di tematiche della portualità e di un settore così strategico per il nostro paese è sempre molto stimolante".
"Bisogna ragionare- ha concluso Pino Musolino - sui cambiamenti che oggi lo shipping sta affrontando per essere pronti a cogliere le opportunità che il settore marittimo ci sta offrendo, soprattutto nella transizione ecologica e nelle nuove tecnologie, per essere competitivi non solo nei nostri scali italiani ma anche nei porti europei e mondiali".
(Adnkronos) - Acer for Education conferma la sua partecipazione a Fiera Didacta 2025, l'evento di riferimento per l'innovazione nel settore scolastico, che si terrà dal 12 al 14 marzo presso la Fortezza da Basso a Firenze. In questa occasione, Acer presenterà le sue più recenti soluzioni tecnologiche progettate per trasformare la didattica e preparare gli studenti alle professioni del futuro.
“La scuola è al centro di un’importante rivoluzione digitale e richiede tecnologie sempre più all'avanguardia per supportare la didattica. Acer, leader del settore, si impegna costantemente per offrire soluzioni innovative, in grado di soddisfare le esigenze di entrambi docenti e studenti,” afferma Alessandro Barbesta, Head of Sales Commercial & Education, Acer Italia. "Crediamo infatti che la tecnologia sia un alleato indispensabile per l’innovazione didattica e possa supportare appieno i docenti nel creare esperienze di apprendimento coinvolgenti e idonee a preparare gli studenti alle professioni del futuro”.
Durante i tre giorni dell'evento, Acer offrirà agli operatori del mondo scolastico un ricco programma di workshop. Questi incontri, tenuti da esperti del settore, mostreranno in modo pratico e interattivo come le tecnologie digitali possano affiancare efficacemente le modalità didattiche tradizionali. L'obiettivo è fornire al personale scolastico gli strumenti necessari per integrare le nuove tecnologie nei processi educativi, migliorando l'esperienza di apprendimento degli studenti.
Acer collaborerà con partner come Google for Education e Microsoft Education per presentare soluzioni integrate che facilitino l'apprendimento collaborativo e l'accesso alle risorse educative digitali. Saranno inoltre presentati dispositivi progettati per l'ambiente scolastico, caratterizzati da durabilità, sicurezza e facilità d'uso, per supportare al meglio le esigenze delle istituzioni educative.
Antonella Arpa, aka Himorta, nota creator a livello internazionale e con un passato da insegnante, mostrerà in modo pratico come la gamification possa rendere le lezioni più interattive e il videogioco diventare un prezioso strumento per apprendere competenze trasversali, come il team-working e il problem-solving. Verrà analizzata anche l’importanza cruciale delle materie STEM nel mondo di oggi, con un'attenzione particolare allo studio computazionale e alle sue applicazioni pratiche.
Le “Maestre a Cubetti”, spiegheranno come integrare la tecnologia in classe per un apprendimento dinamico e innovativo. Con il supporto dei dispositivi Acer Chromebook Plus e del gioco Minecraft, le insegnanti mostreranno come potenziare la didattica per competenze attraverso il game-based learning, migliorando l’esperienza di apprendimento e guidando i ragazzi nella realizzazione fattiva di progetti concreti.
Fabio De Nunzio, Presidente dell’Associazione Bullismo No Grazie, e Maurizio Siracusa, Ethical Hacker e componente del Direttivo di Bullismo No Grazie, offriranno un’analisi delle implicazioni psicologiche e sociali del fenomeno del bullismo, fornendo indicazioni concrete e strategie efficaci per promuovere un ambiente scolastico più sicuro e inclusivo. Un focus particolare sarà dedicato all'educazione dei ragazzi ad un uso consapevole e sicuro della tecnologia e al coinvolgimento di genitori e docenti in una rete di prevenzione attiva.
Francesco Bocci, psicoterapeuta e fondatore di Video Game Therapy, Marcello Sarini, ricercatore di Informatica al Dipartimento di Psicologia dell'Università Bicocca di Milano, e Elena Del Fante, psicologa digitale e del gaming, assegnista di Ricerca Milano-Bicocca e Founder di Play Better, analizzeranno come il videogioco, oltre ad essere uno strumento di apprendimento, rappresenti anche una grande opportunità per innovare la didattica. Il gioco di gruppo offre, infatti, un grande potenziale per stimolare le soft skill, come il problem solving, che sono fondamentali per il successo degli studenti.
Lo stand Acer sarà al Padiglione Spadolini, piano inferiore, K44.
Roma, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - Il ciclo 'Career connections' di UniMarconi ha visto ieri un appuntamento dedicato a esplorare le opportunità e le strategie professionali di una realtà d’eccellenza: Kpmg. Career connections, organizzato da UniMarconi in collaborazione con aziende leader, è un programma che propone eventi bimestrali dedicati alle tendenze del mercato, alla formazione su competenze specifiche e al networking professionale.
L'evento ha appunto visto come protagonista Kpmg, leader mondiale nella consulenza e nell’analisi forense, per vedere come stia rivoluzionando il modo di affrontare le sfide del mercato del lavoro. Hanno partecipato Tommaso Saso, direttore marketing e relazioni esterne UniMarconi, Daniele Ianniello, associate partner Kpmg forensic services, e Leonardo Primangeli, studente di economia UniMarconi.
"Con il progetto 'Career connections' - ha spiegato Tommaso Saso, direttore marketing e relazioni esterne UniMarconi - l'Università Guglielmo Marconi crea un ponte strategico tra il mondo accademico e il mondo professionale. Una delle missioni della nostra università è dare agli studenti una solida conoscenza tecnica ma anche creare la possibilità di una visione strategica e relazionale".
"Il nostro obiettivo - ha sottolineato Daniele Ianniello, associate partner Kpmg forensic services- è presentare agli studenti i servizi di Kpmg, in particolare il settore del Forensic, una boutique che si occupa di prevenire, identificare e rispondere ai rischi di frode".
"Questi incontri - ha commentato lo studente Leonardo Primangeli, studente di economia UniMarconi - sono fondamentali per lo studente, sono una grande opportunità, perché permettono di entrare in contatto con esperti di una delle big four nel campo della consulenza, un'esperienza che molti di noi considerano un traguardo".
Roma, 12 mar. (Adnkronos) - Aspettare, ponderare. Giorgia Meloni non avrebbe ancora deciso se partecipare o meno alla video-call dei 'volenterosi', convocata per sabato dal Regno Unito. Il primo ministro britannico Keir Starmer ha chiamato di nuovo a raccolta i leader di quei Paesi pronti a fornire il loro supporto per assicurare la pace in Ucraina, dopo un possibile accordo di tregua con la Russia. Ma la partecipazione dell'Italia all'incontro da remoto, si apprende da fonti di governo, non è ancora confermata e la presidente del Consiglio starebbe riflettendo sul da farsi.
Il problema di fondo, viene spiegato, è essenzialmente uno: il governo italiano è fortemente contrario all'invio di truppe al fronte in Ucraina; dunque, se la riunione di Londra rientra nell'ambito di un invio di uomini, "noi non partecipiamo", il refrain che arriva da Palazzo Chigi. Diverso è invece il discorso per quanto riguarda la riunione dei Capi di Stato maggiore europei svoltasi martedì a Parigi con il presidente francese Emmanuel Macron: "In quel caso non eravamo parte del gruppo dei cosiddetti 'volenterosi', siamo andati lì come osservatori". Le diplomazie restano comunque in contatto.
Meloni è al lavoro sul discorso che dovrà pronunciare alle Camere la prossima settimana prima del Consiglio europeo del 20-21 marzo: un passaggio impegnativo, sul quale i partiti della maggioranza sono chiamati a compattarsi dopo aver votato in maniera difforme a Strasburgo. Gli europarlamentari di Fratelli d'Italia hanno dato il loro sì alla risoluzione sul Libro bianco sulla difesa, che sollecita i 27 Paesi dell'Ue ad agire con urgenza per garantire la sicurezza del Continente, accogliendo le conclusioni del Consiglio europeo sul riarmo.
Tuttavia, la delegazione di Fdi si è astenuta sulla risoluzione riguardante l'Ucraina dopo aver richiesto, senza successo, un rinvio del voto. Secondo Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo Ecr, il testo non avrebbe tenuto conto dell'accordo raggiunto a Gedda tra Stati Uniti e Ucraina per un possibile cessate il fuoco, rischiando così di "scatenare l'odio verso Donald Trump e gli Usa, anziché aiutare l'Ucraina".
Il nostro "non è stato un doppio voto", dice all'Adnkronos un membro dell'esecutivo in quota Fratelli d'Italia: "La posizione è chiara: se approvi un testo troppo anti-Usa, come fai poi a farti mediatore con gli Usa?". Sulla stessa risoluzione per l'Ucraina, la Lega ha votato contro mentre Forza Italia si è espressa a favore.
Anche da Palazzo Chigi sottolineano come il testo della risoluzione sull'Ucraina fosse troppo sbilanciato 'contro' gli Stati Uniti: Fratelli d'Italia a Strasburgo - il ragionamento che trapela dai piani alti del governo - ha sempre votato a favore della libertà e della sicurezza dell'Ucraina, ma questa volta il testo della risoluzione "era molto più 'accusatorio' verso l'amministrazione Usa" rispetto ad altre volte. Fratelli d'Italia non avrebbe mai votato contro quella risoluzione: "Ma non potevamo nemmeno votare a favore tout court", spiegano.
Sull'astensione, come confermato poi da Procaccini, ha inciso la notizia arrivata dall'Arabia Saudita ieri sera sulla proposta di un cessate il fuoco di 30 giorni in Ucraina e la ripresa dell'assistenza americana a Kiev: "Non ci stiamo smarcando da nulla, quello di Fratelli d'Italia non era un voto contro l'Ucraina", il concetto che viene ribadito. Il voto a macchia di leopardo del centrodestra, ad ogni modo, non impensierisce Palazzo Chigi: in questo momento - si sottolinea - c'è un problema internazionale ben più ampio e la maggioranza di governo ha dimostrato che nei momenti importanti "è sempre uscita unita e compatta".
Almeno per ora, non sembrerebbe all'orizzonte un vertice con Meloni e gli altri leader della maggioranza, Antonio Tajani e Matteo Salvini (anche se i tre ogni settimana si incontrano per fare il punto della situazione su tutti i dossier). Sempre da palazzo Chigi viene evidenziata la "piena sintonia" tra Meloni e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che rispondendo alla Camera all'interrogazione del Movimento 5 Stelle sul piano di riarmo approvato oggi dall'Unione europea ha ribadito che i finanziamenti per la difesa non andranno a discapito di sanità e servizi pubblici, rimarcando il suo no a spese per il riarmo che rialzino in modo oneroso il debito pubblico con rischi anche per la stabilità della zona euro. (di Antonio Atte)